R Recensione

7/10

Yo Yo Mundi

Munfrà

Il nuovo disco dei piemontesi Yo Yo Mundi, decimo della loro carriera, esce il 21 marzo, primo giorno di primavera, uno dei giorni fondamentali per la vita contadina e popolare, giorno che rappresenta il risveglio della terra, il rifiorire degli alberi, la rinascita. Il disco nasce da quattro anni  di studio e ricerca nella cultura popolare del Monferrato, le sue storie, le sue leggende, i suoi abitanti, i suoi dialetti. Una vera e propria immersione nella storia e cultura del Monferrato.

In questo viaggio la band di Acqui Terme ha incontrato alcuni dei più importanti esponenti della musica tradizionale (gli ospiti sono ben 39) che hanno unito i loro strumenti a quelli degli Yo Yo Mundi. La musica selvatica della band (così la definì Paolo Conte, che in questa occasione ha scritto una splendida introduzione al cd) si unisce a musiche popolari di provenienze diverse, creando un suono che si adatta perfettamente alle storie raccontate nel disco.

Il disco si apre con il brano manifesto, quello che lo intitola, Munfrà. Un brano strumentale, con cornamuse, tin whistle, fisarmonica, violino e la ghironda di Sergio Berardo dei Lou Dalfin, Un intro che potrebbe ricordare quasi gli irlandesi Moving Hearts. C’è in effetti molta Irlanda in questo disco, soprattutto nei brani strumentali, come in Dùma ch’andùma (ospite Steve Wickham a duettare con la fisarmonica di Fabio Martino) o in Arcanssél,  un brano che si dispiega tra valzer di paese e suoni irlandesi, con il virtuoso dell’arpa celtica Vincenzo Zitello, fiati e cornamuse.

Ma la ricerca nei suoni e nelle storie del Monferrato ha portato gli Yo Yo Mundi a comporre alcuni dei brani più belli del loro repertorio. Tra questi, spicca Tè Chi T’éi? Cantato in italiano e arabo, racconta l’incontro di due persone che dialogano (il Monferrato è stato storicamente un luogo di passaggio e integrazione), e dialogando si conoscono e si scoprono uguali. Piemonte e Medio Oriente, culture che si incontrano (e non si scontrano) che si contaminano. Un testo splendido e profondo, uno dei vertici del disco.

Altro vertice del disco, sia per la musica che per il lirismo e la visione poetica del testo, è La Ballata del Tempo del Sogno (ospite alla voce Eugenio Finardi), in cui si racconta la nascita del Monferrato così come riportata dalla leggenda medievale di Aleramo e Alasia.

Ancora un grande testo, quello de Il grande libro dell’ombra. Cantato in italiano, è il brano più cantautorale del disco, dalla grande atmosfera, suoni irlandesi (ancora in primo piano cornamuse e tin whistle) e un testo splendido.

Nel Monferrato degli Yo Yo Mundi troviamo anche Luigi Tenco, monferrino di nascita e genovese di adozione, di quella Genova la cui aria di mare arriva fin qui (il vento del Monferrato, imbastardito da un soffio di mare). A lui è dedicata Na Béla Còrba ed Nìule, dove la fisarmonica incontra la ghironda (ancora Sergio Berardo) e il Piemonte si unisce all’Irlanda (qui il riferimento poterbbero essere i Waterboys).

Molto interessante anche Rabdomantiko (cantata in dialetto), la storia di un rabdomante romantico con cui gli Yo Yo Mundi rimarcano la loro attenzione per l’attualità, parlando della lotta contro la privatizzazione dell’acqua (l’acqua è di tutti, è figlia della vita, madre della terra).

Esperimento riuscito quello di Carvé 1928, dove la band acquese musica un testo dialettale anonimo del secolo scorso in cui si racconta del carnevale del 1928. Qui gli Yo Yo Mundi si inventano una musica evocativa, in cui i suoni delle orchestre di paese si mischiano tra loro, in un viaggio che va dal Piemonte al Messico dei mariachi. Ancora dialetto, e ancora l’aria della festa di paese, ritroviamo in Sstéila, con la sua atmosfera di festa che mette allegria fin dal primo ascolto, e in Léngua ed Ssu (la lingua di sole che precede l’arrivo della primavera) dove troviamo ospiti i maestri della Banda Osiris, per un grande valzer festaiolo di paese.

Infine gli gli Yo Yo Mundi si concedono il lusso di auto citarsi in Rataràura (da dove arriva questa musica selvaggia? È Yo Yo Mundi che sta arrivando) ricordando quella Andeira dei loro esordi in cui c’èra già l’intuizione di riappropriarsi della propria tradizione.

Tra castelli rovesciati e carnevali di paese, leggende medievali e artisti circensi, rabdomanti romantici e viandanti arabi, vigneti in collina e odore di mare, gli Yo Yo Mundi raccolgono quattro anni di lavoro e ricerche sul campo in questi sedici brani pieni dei sapori, odori, panorami e suoni del Monferrato, pronti a contaminarsi per tenere viva una cultura, senza paura di continuare a innovare la loro musica, in cui rock, folk, canzone d’autore e suoni del mondo sono ormai intrecciati al punto di creare un suono unico.

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Teo 7/10

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