A Alle Fonti del Pop - nascita della musica pop

Alle Fonti del Pop - nascita della musica pop

Al giorno d’oggi, a volte impropriamente, sovente si parla di musica pop: il termine pop nacque negli anni sessanta del secolo scorso, e stava a indicare le correnti artistiche innovative dell’epoca che avevano una matrice popolare. Da qui il termine pop art. Ecco perché, ancora oggi, si usa frequentemente il termine pop, quasi stia a significare che tuttora le arti pop di quegli anni continuano ad essere attive e presenti. Certo, il termine è talmente intimamente legato alla parola popolare, che nella pratica, tutt’oggi, lo si continua a usare anche in maniera forzata; tanto che la sua accezione, col passare dei decenni, ha sicuramente subito mutamenti: le star di musica leggera, o di musica rock, sono indubbiamente molto popolari, ecco perché oggi si tende a dimenticarsi un po’ dell’etimologia del termine.

Sarebbe un peccato, però, da parte nostra, non ricordare le reali circostanze e i motivi che favorirono la nascita delle vere e proprie Arti Pop. Diciamo subito che la musica pop degli anni '60 - '70 era, sì, una musica popolare, ma una musica che, nel corso di una quindicina d’anni (dagli inizi dei sessanta fino alla metà dei settanta), andò progressivamente evolvendosi, non solo nell’ambito degli influssi etnici da cui derivava (come vedremo più avanti, gli influssi erano determinati dalle interazioni sia da parte degli ascoltatori che da parte degli artisti: giovani che viaggiavano da una parte all’altra del mondo con una sola chitarra in spalla e con tante idee di rinnovamento e di pace e tanti buoni propositi in testa), ma si trattava, a tutti gli effetti, anche di un’evoluzione tecnica di composizione e di esecuzione musicale, visto che il giovane hippy era per lo più un giovane adulto che voleva inserirsi, a ragion veduta, in una società nel pieno fermento del consolidamento economico e politico di un dopoguerra ormai lontano, in una società conscia di aver superato gli ostacoli maggiori con l’ausilio delle tecnologie industriali; e questa presa di coscienza, soprattutto da parte dei giovani statunitensi, era dovuta a vere e proprie necessità, piuttosto che a scelte di opinione. Immaginate di essere ventenni, o anche più giovani (per molti lettori sarà cosa facile, visto che lo saranno, bene:) e di venire svegliati, un bel mattino, da una missiva che vi annuncia il vostro imminente obbligo di partire, previa breve preparazione, alla volta del Vietnam; il ché sarebbe già sufficientemente traumatico, anche senza aggiungere che in Vietnam bisogna andarci per combattere, per fare la guerra, per uccidere nostri simili, proprio a casa loro, proprio nei luoghi dove essi hanno sempre abitato, in nome di un ideale, peraltro, non del tutto chiaro (né successivamente chiarito).

Ecco, questo è quanto poteva prospettarsi ai ragazzi americani in quegli anni. Tante cose sono cambiate, ovviamente, da allora: oggi si tende invece a favorire sempre di più il volontariato, nell’ambito delle guerre, cercando di limitare ed eliminare definitivamente il servizio di leva anche in periodi di pace. Lo scenario, quindi, è mutato in maniera rilevante, grazie anche a quelle prime proteste, nate dai giovani sostenitori della pace. Questi, tra i principali motivi che favorirono le sperimentazioni nella cerchia di tutte le forme artistiche pop: ecco perché la presa di coscienza ed il cammino evolutivo, soprattutto nelle tecniche musicali (anche perché la musica, in breve, divenne essa stessa, grazie all’evolversi dei mass media, un grande mezzo di comunicazione di massa). Si incominciarono ad allestire giganteschi concerti in luoghi dove i giovani ascoltatori, per diverse giornate, vivevano all’addiaccio e potevano fruire di quella musica che da tante parti del mondo attingeva i più svariati stilemi. Si ricorda il famoso festival di Woodstock, dove una folla di cinquecentomila giovani, nell’agosto del 1969, accorse ad un raduno felicemente organizzato, al quale parteciparono le più note rockstar dell’epoca, per vivere all'aperto tre giorni di musica e di pace.

Diversi musicisti, allora semisconosciuti, debbono a questa manifestazione la popolarità che conobbero in seguito. Da parte del giovane ascoltatore americano, quindi, c’era la volontà di cercare significato nel testo di una canzone che non evadesse la contingenza di una realtà oggettivamente problematica, e dove l’unica via d’uscita era vista nel prendere le distanze da quell’ordinamento civile così tendente all’ordine in madre patria, ma così pieno di contraddizioni e comunque conduttore di una politica estera, quantomeno dal punto di vista umano, dalle caratteristiche almeno discutibili.

Di più: il giovane ascoltatore e sostenitore del pop pretendeva, anno dopo anno, di vedere e toccare con mano l’evoluzione tecnica dei musicisti ai quali prestava fede e che non voleva più, a differenza degli anni cinquanta, come portatori di allegria e spensieratezza. Quindi, ricerca di affermazione dell’ascoltatore attraverso un portavoce di emozioni: il cantante o lo strumentista che, sempre più frequentemente, eseguiva il suo a solo, vera e propria improvvisazione all’insegna del qui e ora, modo di espressione storicamente tipico delle improvvisazioni jazzistiche. Certo, a differenza del jazz, il rock di quegli anni (che costituiva la materia del giovane americano sopra la quale plasmare stilemi caratteristici di altri generi) poteva essere interpretato da musicisti non così preparati tecnicamente, ma che, durante il lungo cammino evolutivo, li avrebbe portati a migliorare notevolmente le loro attitudini sonore ed artistiche.

Dunque, a differenza dei decenni precedenti, la funzione stessa degli strumenti musicali e il loro significato, nell’ambito della musica popolare occidentale, smisero di assumere la veste di mera caratteristica di accompagnamento, mentre prendeva corpo una consapevolezza d’esser tutti protagonisti: tutti gli appartenenti al gruppo musicale rispecchiavano, in piccolo, ma dal grande palco, un po’ quello che era il grande gruppo che ne costituiva il seguito, ovvero quelle folle oceaniche che si riunivano in cortei per dimostrare il loro dissenso. C’è da dire che la convinzione era tanta, grazie anche all’uso di droghe più o meno leggere; ma con il tempo, a distanza di dieci - quindici anni, inizierà a manifestarsi un malessere tipico di ferite esistenziali mai definitivamente cicatrizzate, dovute, probabilmente, all’eccessiva pressione cui il giovane hippy era sottoposto nel suo quotidiano e longevo vivere controcorrente, e che si evidenzierà con la progressiva incapacità di rapportarsi e confrontarsi con il sorgere di nuove tendenze e culture musicali di natura differente, quantomeno negli intenti: le tendenze punk.

Attorno ai primi anni '70, quando già alcune battaglie ideologiche erano state vinte, quando anche si intravedeva il raggiungimento di altri traguardi, sia pur nelle difficoltà superate di volta in volta, non senza sacrifici di percorso, la musica pop giunse a livelli tecnici di esecuzione, ma soprattutto di composizione, che probabilmente mai prima si erano visti raggiungere nell’ambito delle culture popolari occidentali: in breve, le arti pop si accostarono alle arti classiche e portarono influssi anche in queste. Nella musica contemporanea si sperimentava l’elettronica nell’identica maniera con cui venivano usati sintetizzatori analogici - creatori di suoni e rumori in grado di riprodurre ogni situazione - anche in ambito pop. La musica pop, dunque, approda nella musica colta contemporanea. Ancora oggi viene difficile trovare una rigida collocazione del compositore Stockhausen, ad esempio, nell’ambito della musica elettronica e sperimentale. Frank Zappa, dopo decenni di "gavetta” nella sfera delle tecniche del jazz rock, tra genio, sregolatezza e provocazione, arriverà, negli anni ottanta, ad essere unanimamente riconosciuto compositore contemporaneo, grazie a sue opere che saranno non solo puntualmente eseguite dalla London Synphony Orchestra diretta da Kent Nagano, ma anche dirette dal celebre compositore contemporaneo Pierre Boulez. Dicevamo di come la musica pop sia un genere che nasce da situazioni sperimentali, nonché dall’unione/fusione di stilemi di vario tipo, parallelamente alle arti visive , al progressivo diffondersi del teatro dell’assurdo, alla letteratura della beat generation degli anni cinquanta e della neoavanguardia .

In America, negli anni sessanta, avviene, peraltro, la fusione storica di due generi musicali precedentemente dominio di differenti razze conviventi (la nera e la bianca): il Blues ed il Country. Bob Dylan fu uno degli artefici di questa unione ideologica, e uno dei capisaldi promotori, assieme alla sua fiamma Joan Baez, della protesta pacifista. Un momento storico in cui Blues e Country si affiancano per scavalcare il Rock & Roll di Elvis Presley, assimilandone le radici rhythm & blues e usandole come mezzo di espressione per rappresentare un certo grado di aggressività latente nel giovane di quegli anni, accompagnato da testi con notevoli affinità alla poesia della neoavanguardia. In molti casi sono testi duri, di denuncia e di condanna di una cultura, quella occidentale, che non vedeva di buon occhio ogni tentativo pacifista di colmare lacune nei rapporti internazionali tra diverse culture. In altri casi sono racconti che mostrano e narrano l’orgogliosa sofferenza e l’avventura di un mondo nuovo e giovane all’insegna del peace and love. Larghe vedute troveremo nei modi di pensare del giovane americano, che lo porteranno, oltre che a fraternizzare con il compagno nero e ad unirsi in una lotta ricondotta in un’unica direzione contro l’imponente Establishment industriale degli U.S.A., anche ad avvicinarsi alle varie tradizioni e filosofie orientali (soprattutto al Buddismo Zen), viste come vere e proprie fonti alternative a quelle generatrici della civiltà dei consumi e del plusvalore.

Per approfondire: http://www.storiadellamusica.it

C Commenti

C'è un commento. Partecipa anche tu alla discussione!
Effettua l'accesso o registrati per commentare.

Calisto alle 1:27 del 8 agosto 2013 ha scritto:

Gran bell'articolo! Bravo!