Arctic Monkeys @ Rock in Roma (10/07/13)
La giornata di Mercoledì 10 Luglio offre allIppodromo delle Capannelle il manifesto di esaltazione totale della britishness di stampo indie del nuovo millennio: oltre agli Arctic Monkeys (se ancora si vuole etichettarli con tale genere), troviamo anche Vaccines e Miles Kanes. Il pubblico risponde numeroso allevento (circa 5.000 presenti), con unetà media ovviamente non superiore ai venti anni, e in ogni dove si è circondati da ragazzine con maglia della band, converse e immancabili Wayfarer.
Il cielo nuvoloso di Roma accompagna il caldo afoso, i grossi nuvoloni sopra le nostre teste non promettono per niente bene, e in molti ne approfittano per prendere posto in tribuna, al contrario dei fedelissimi che sfidano le eventuali intemperie annunciate dal meteo(che fortunatamente non arriveranno, tranne una breve e leggera pioggia).
Le esibizioni di Miles Kane e dei Vaccines infiammano un pubblico energico che conosce a memoria ogni singola canzone degli artisti, saltando e pogando su pezzi come Come Closer e Wracking Bar (Ra Ra Ra), riuscendo a rendere lattesa della band principale meno snervante e più divertente. Indipendentemente dal giudizio sui due opening act (negativo da parte mia soprattutto sui Vaccines, che se davvero sono the next best thing cè ben poco da sperare, con lennesimo trito e ritrito prodotto del filone musicale anni 2000, di preciso stampo strokesiano), un plauso va fatto allorganizzazione da parte del Rock in Roma per aver pianificato una giornata adatta per un certo tipo di target, senza mandare sconosciuti e sfortunati gruppi di apertura a prendere insulti e fischi dal pubblico.
Intorno alle ventidue la band di Sheffield fa la sua entrata in scena, sullo sfondo di una scenografia per niente imponente e pretenziosa, con due semplici A e M giganti, illuminate ad intermittenza da luci arancioni.
Lentrata non è di quelle al fulmicotone: Do I Wanna Know?, recentemente pubblicata sul canale Youtube del gruppo, non ha quella prorompenza devastante (al contrario della successiva Brianstorm e di When the sun goes down) per incendiare gli animi, ma grazie al semplice ed orecchiabile riff di chitarra riesce ugualmente a coinvolgere i presenti.
La scaletta è di quelle in stile karaoke, nessuno spazio per eventuali chicche, ma solo tanti grandi successi: Teddy Picker, Fake Tales of San Francisco, I Bet You Look On The Dancefloor, Fluorescent Adolescent, sono un crescendo di urla e salti per tutti i presenti. Eppure cè qualcosa che manca, e che risalta allorecchio: rispetto alle esibizioni di qualche tempo fa, la band appare ingessata, stanca e a tratti annoiata nel suonare, tra un Turner in versione superstar colto da deliri di onnipotenza con pose da copertina a strapazzare gli ormoni delle fanciulle nelle prime file, e una mancanza di meticolosità tecnica e ricerca della perfezione sonora nellesecuzione dei brani che in passato era marchio di fabbrica del gruppo. Aggiungiamo dei fastidiosi problemi tecnici con laudio, e il gioco è fatto.
Anche il rapporto con il pubblico appare cambiato: nonostante anche in passato il nostro Alex non abbia mai brillato troppo per coinvolgimento con gli spettatori, ormai si limita a ripetitivi Put your hands up.
Una bella sorpresa dello show sono i due pezzi in chiave semi acustica come Cornerstone e Mardy Bum, che regalano i momenti più alti della serata.
La chiusura è affidata a 505, che vede Miles Kane, da sempre particolare amico di Alex (andate a sbirciare qualche foto su Google Immagini), alla chitarra.
In definitiva parliamo di uno show senza particolari pecche, ma che alluscita dallIppodromo lascia un evidente vuoto emotivo senza precedenti, con limmagine di una band che in poco tempo ha cambiato drasticamente i propri connotati musicali ed estetici, lasciando lamara certezza - almeno per chi scrive - di aver assistito a qualcosa che in futuro non varrà molto la pena di ricordare.
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