A Band of Gypsys - Una controrecensione

Band of Gypsys - Una controrecensione

“La Band of Gypsys era un forte sodalizio creatosi fra tre fratelli.”   [Buddy Miles]

È difficile trovare un’affermazione migliore di quella del leggendario batterista Buddy Miles per riassumere in una sola frase ciò che è stata la Band of Gypsys, ovvero l’ultimo capitolo, al di fuori dell’Experience, della breve ma straordinaria carriera di Jimi Hendrix.

Oltre alla componente musicale in se, caratterizzata sia dalle ormai ben note sovrannaturali capacità di composizione e di esecuzione di Hendrix, sia dal possente supporto della sezione ritmica composta da Billy Cox al basso e Buddy Miles alla batteria, la formazione, nata subito dopo il successo planetario di Jimi ottenuto a Woodstock nell’estate del 1969, contiene tutti gli elementi necessari per creare quell’alone mitico, e al tempo stesso mistico, che permette a eventi del genere, protagonisti inclusi, di trasformarsi in leggenda.

Il 1969 rappresentò una vera svolta nella carriera di Hendrix. All’epoca, il successo della Jimi Hendrix Experience era ormai all’apice: dopo lo shock e gli stravolgimenti musicali e culturali provocati dai primi due LP del trio Hendrix-Mitchell-Redding (Are you experienced? e Axis: Bold as Love), il 1968 vede la comparsa di Electric Ladyland, che sarà anche l’ultimo LP di Hendrix registrato in studio. L’album dimostra un netto cambio di rotta sia musicalmente sia dal punto di vista della gestazione delle sedute di registrazione.

Il nuovo album presenta delle architetture perfettamente in linea con lo stile acido e visionario di Hendrix, intervallando tracce di cesura a lunghissime jam sessions caratterizzate da enormi spazi strumentali, secondo modalità prettamente psichedeliche. Inoltre, la produzione dell’album vide l’abbandono da parte di colui che scoprì e lanciò Hendrix, il suo manager Chas Chandler, il quale trovandosi in disaccordo con il chitarrista a causa delle lunghissime ed estenuanti sessions decise di abbandonare il progetto.

Iniziano proprio durante questo periodo le numerose collaborazioni di Hendrix con altri musicisti che comparvero in alcune incisioni dell’album. Fra questi troviamo il tastierista Al Kooper, Jack Casady (bassista dei Jefferson Airplane e dei Traffic) e Buddy Miles, grande amico di Hendrix. La folla di musicisti, amici e curiosi che affollarono le sessions dell’album tenutesi ai TTG Studios di Los Angeles non fecero che ostacolare e ritardare il processo creativo della band, oltre a dar vita ai primi screzi all’interno del trio, soprattutto fra Jimi Hendrix e Noel Redding.

Estenuato dal faticoso tour intrapreso dall’Experience nella prima metà del 1969, stanco degli scarsi progressi ottenuti dal trio nel tentativo di dar vita ad un quarto album, e sempre più irritato dal rapporto con Hendrix, Noel Redding lascia l’Experience pochi giorni dopo l’esibizione della band al Denver Pop Festival, tenutasi il 29 giugno 1969.

Con l’abbandono del bassista, Hendrix espresse la determinazione di realizzare un concetto nuovo che aveva in mente: Jimi voleva mettere in piedi un gruppo con una sezione di percussioni e una seconda chitarra per rafforzare e diversificare il sound. Fu durante questo periodo di crisi che entra in scena il bassista Billy Cox, amico di Hendrix fin dai tempi della leva (1961-1962), quando suonavano in giro per i locali del Chitlin’s Circuit passando da una formazione all’altra. Cox si unì quindi alla band composta da Hendrix, Mitch Mitchell alla batteria, Larry Lee alla chitarra ritmica (fermamente richiesto da Jimi), e a Jerry Velez e Juma Sultan alle percussioni. I Gypsy Sun and Rainbows si presentarono sul palco di Woodstock il 18 agosto 1969, dando vita a più di due ore di musica che consegnarono definitivamente Jimi Hendrix alla storia.

Dig, we'd like to get something straight. We got tired of the Experience... It was blowin' our minds. So we decided to change the whole thing around, and call it Gypsy Sun and Rainbows. Or short, it's nothin' but a Band of Gypsys."   [Jimi Hendrix, 18 agosto 1969]

Il dopo Woodstock segnò la fine della formazione “allargata” che non riuscì a trovare una ben precisa direzione da seguire in studio. Il nuovo manager di Jimi, Michael Jeffery, non fu mai del tutto entusiasta della nuova strada intrapresa dal chitarrista, e i rapporti fra il management e i membri del gruppo andavano deteriorandosi.  Larry Lee e Jerry Velez furono i primi a lasciare il gruppo per seguire altre possibilità.

Anche le condizioni di Hendrix diventavano sempre più precarie: Jimi sentiva aumentare le pressioni intorno a lui e inoltre non riusciva a realizzare il suono e gli sviluppi che si era atteso dal gruppo allargato.

Dopo altri tentativi durante alcune registrazioni al Record Plant di New York, anche l’amico Billy Cox si vide costretto a lasciare il gruppo per tornare a Nashville. La fine della band arrivò a settembre, quando vista l’incapacità di portare a termine le registrazioni intraprese in precedenza, anche Mitch Mitchell abbandona il gruppo e decide di tornare Inghilterra.

A quel punto Jimi, esaurito e depresso, chiuse i battenti per ritirarsi nel suo appartamento e annegare in un mare di dubbi e ansie. Oltre ai problemi legati alla creatività musicale, Hendrix quell'anno dovette far fronte ad una serie di controversie legali con le case discografiche PPX e Capitol. Il chitarrista si trovò a dover sbrogliare alcuni problemi connessi alla risoluzione del contratto sottoscritto a favore di Ed Chalpin nel 1965: la controversia venne risolta amichevolmente, con la disponibilità del chitarrista a registrare un LP sotto il suo regime di produzione.

Jimi doveva al più presto fornire a queste case discografiche delle registrazioni da pubblicare. E proprio in queste circostanze vennero in suo aiuto Billy Cox e Buddy Miles. In ottobre, nacque quel power-trio, come venne definito, che prese il nome di Band of Gypsys.

Buddy ed io prendemmo la stessa identica decisione: aiutare il nostro amico. Così diventammo la Band of Gypsys.”   [Billy Cox]

Nei mesi successivi, il nuovo trio si trasferirà ai Juggy Sound Studio e ai Record Plant di New York per assemblare materiale vecchio e nuovo, nel tentativo di produrre un album.

L’obiettivo centrale del progetto era di preparare alcuni brani nuovi o ancora in fase di scrittura, il tutto mirato non a ricreare il sound dell’Experience, bensì a dar vita ad un’impostazione decisamente più “black” e più in spirito da jam session. Da ottobre a dicembre la band non organizzò alcun concerto, intenta a preparare del buon materiale da proporre per un grande ritorno sulle scene.

La Band of Gypsys nacque nell’ufficio di Alan Douglas, con Bill Graham che ci aveva organizzato le serate al Fillmore East. Io e Jimi eravamo andati a chiedergli se ce le avrebbe fatte fare e lui non riusciva a crederci.”   [Buddy Miles]

L’occasione per il debutto della nuova dirompente formazione arrivò proprio a cavallo fra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70. Quasi a voler simboleggiare il punto di transizione fra la fantastica decade che ha regalato alla musica e alla storia nuovi miti, nuovi generi, nuovi stili e nuovi immaginari collettivi, e la successiva decade dove tutti quegli esperimenti, quelle emozioni ed esperienze, quelle follie divengono mature e aprono la strada a nuove concezioni musicali, la Band of Gypsys debutta in pubblico con ben 4 show (tutti sold-out) svoltisi fra la sera del 31 dicembre 1969 e il 1 gennaio 1970 al leggendario Fillmore East di New York.

Jimi e compagni non si lasceranno sfuggire l’irrepetibile evento in una serata così importante e nell’unico locale al mondo dove l’intera musica degli anni ’60 ha avuto la possibilità di mostrarsi al pubblico americano.

The Fillmore is proud to welcome back some old friends  with a brand new name… a Band of Gypsys

[Bill Graham, 31 dicembre 1969]

I festeggiamenti della vigilia iniziarono con un giovane complesso gospel, le Voci dell’East Harlem. Dopodiché, il trio, annunciato con orgoglio dal grande Bill Graham, infiammò letteralmente il Fillmore con una performance scintillante di 75 minuti.

“Il pubblico non sapeva davvero cosa aspettarsi da noi, ma dal momento in cui suonammo la prima nota, rimasero incantati”   [Billy Cox]

A mezzanotte, il nuovo decennio venne annunciato attraverso il brano “Auld Lang Syne” che rimbombava nell’intero auditorium, ripreso subito dopo da Jimi secondo la sua maniera classica che ha reso famosa la sua interpretazione dell’inno americano a Woodstock e di quello inglese alla Royal Albert Hall nel febbraio 1969.

Su Manhattan era appena comparsa l’alba quando la band lasciò il locale nelle prime ore del mattino del primo gennaio 1970, dopo aver regalato soltanto un accenno di quello che verrà considerato uno degli eventi live più famosi e trascinanti della storia. Jimi, Buddy e Billy infatti tornarono al Fillmore la sera stessa per gli altri due entusiasmanti show.

La Band of Gypsys lasciò definitivamente il Fillmore fiduciosa di aver ridato vigore alle potenzialità di Hendrix e soprattutto di aver dato credito e valore alla sua “nuova” musica.

Dopo i concerti del Fillmore, Jimi era del tutto risollevato. Sentimmo che l’intera situazione era andata a buon fine e che tutti e tre avevamo davvero dato il massimo, sia tecnicamente che emotivamente.”   [Billy Cox]

Ancora una volta, l’elemento essenziale del nuovo trio di Hendrix divenne l’improvvisazione, anche in questo caso traendo ispirazione dai grandi “modelli” quali il leggendario trio di Buddy Guy, e soprattutto l’impostazione da jam band adottata da un’altra magica triade, i Cream. Ma la vera differenza fra l’Experience e la Band of Gypsys va ricercata nella struttura ritmica.

Buddy Miles assunse la funzione di “cronometro” del gruppo serrando il ritmo attraverso il suo possente drumming, nel quale accentua al massimo il lavoro sul rullante e sui tom, tanto da guadagnarsi il soprannome di “William the Conqueror” (Guglielmo il conquistatore) datogli dal suo collega Mitch Mitchell, il quale adottò nell’Experience un’impostazione decisamente più jazzistica e meno tumultuosa.

Sopra l’inarrestabile tappeto ritmico creato da Miles, Hendrix e Cox poterono sbizzarrirsi con i riff di chitarra e basso eseguiti all’unisono, caratteristica ricorrente in quasi tutte le performance del gruppo. Jimi, inoltre, introdusse una sua nuova caratteristica: specialmente in brani quali “Who knows”, “Power of soul” e “Machine gun”, richiamava l’attenzione di Billy e Buddy con un semplice movimento della testa o sollevando il manico della chitarra per effettuare improvvisi cambi di tempo o di tonalità. Una nota di merito va alla straziante “Machine gun”, nella quale Jimi esprime tutto il suo dissenso contro la guerra del Vietnam attraverso 12 minuti di riff percussivi e distorti e uso del feedback che simulano boati di aerei ed elicotteri da combattimento, esplosioni di bombe e mitragliatrici (da qui il titolo del brano) in quella che è considerata una delle migliori performance di chitarra elettrica mai registrate dal chitarrista.

Nei 4 show della band vediamo alternarsi brani nuovi, interamente arrangiati ed eseguiti in studio dal trio con alcuni capisaldi della produzione Experience come “Stone free”, “Voodoo child” e “Wild thing”. Jimi era consapevole di poter contare su un sostanzioso seguito dell’Experience al Fillmore, dove aveva già suonato in precedenza, e proprio questa sicurezza gli permise di riproporre alcuni classici come quelli citati sopra, filtrandoli attraverso il nuovo stile della band: grazie al forte sostegno ritmico di Cox e MIles, Jimi si lanciò in nuovi territori sonori, facendo “ululare” la sua fedelissima Stratocaster attraverso feedback e suoni distorti mai ascoltati prima.

Jimi usò tutti gli effetti del suo repertorio: il Fuzz Face (pedale per il controllo dei toni), il Wah-wah, l’Uni-Vibe e l’Octavia, ed era davvero incredibile… c’erano spettatori che rimasero a bocca aperta. Durante gli show, a volte rimanevo fermo suonando e guardandolo, e mi immedesimavo nel pubblico. Era davvero ispirato.”   [Billy Cox]

Nei concerti trovarono spazio anche alcuni brani di Buddy Miles, come “We gotta live together” e “Changes”, nei quali il batterista mette in mostra le sue superbe qualità di cantante funky-soul, urlando e picchiando sul rullante nei momenti di massima intensità dei brani. Uno spettacolo unico nel suo genere.

Due settimane dopo lo spettacolo, Hendrix si riunì con il tecnico del suono Eddie Kramer per assemblare le registrazioni dei concerti e dare finalmente alla Capitol l’album con il quale avrebbe risolto i suoi fastidi legali. Venne così pubblicato l’album live Band of Gypsys nel marzo 1970, nel quale Jimi inserì “Who knows” e “Machine gun” tratti dal terzo show e “Changes”, “Power of soul”, “Message to love” and “We gotta live together” tratti dal quarto show.  Sfortunatamente, alcuni problemi tecnici durante la registrazione in presa diretta al Fillmore resero inutilizzabili alcune strabilianti performance della band durante i primi due show.

Nel 1999, l’Experience Hendrix pubblicò il postumo doppio album Hendrix - Live at the Fillmore East, nel quale venne inserita l’intera scaletta eseguita dalla band durante i 4 show, regalando ai fan di Jimi un resoconto nettamente più completo di quello straordinario evento musicale. Poco dopo venne pubblicato anche un dvd-documentario intitolato Hendrix - Band of Gypsys, con alcuni splendidi filmati del concerto, storia della band e interviste ai protagonisti Buddy Miles e Billy Cox, agli altri due membri dell’Experience, Noel Redding e Mitch Mitchell, e ad altri artisti, produttori discografici e amici di Jimi Hendrix.

Il futuro della Band of Gypsys venne compromesso il 28 gennaio 1970. Durante un concerto al Madison Square Garden, dopo due sole, faticate canzoni Hendrix aveva abbandonato il palco. Il crollo pubblico di Jimi fece infuriare il suo manager, Michael Jeffery, che licenziò su due piedi Buddy Miles nel camerino.

Quello che accadde fu molto imbarazzante. Io e Buddy arrivammo al Madison e ci dirigemmo nei camerini dove trovammo Jimi, che non stava per niente bene. Sapevamo che era necessario annullare il concerto, perché qualcuno voleva farci fare una pessima figura in pubblico.”   [Billy Cox]

Si parlò di un complotto per far uscire di scena la Band of Gypsys, e in particolare i due compagni di Hendrix, con i quali il management non aveva mai stretto ottimi rapporti. La sola verità fu che il gruppo venne sciolto, con grande delusione da parte di tutti i membri, Jimi incluso. Successivamente alla pubblicazione dell’album, il management spinse Hendrix a rimettere assieme l’Experience per ripristinare l’immagine pubblica che stava crollando di fronte alla disdetta del Madison Square Garden; bisognava inoltre tornare a registrare e pubblicare nuovo materiale per non rischiare la bancarotta con il progetto degli Electric Lady Studios, ovvero gli studi dove Jimi Hendrix avrebbe potuto continuare a scrivere e produrre la sua musica. Purtroppo, ne potrà beneficiare soltanto per poco tempo, visto che morì il 18 settembre 1970, pochi mesi dopo l’inaugurazione dei locali.

L’eredità della Band of Gypsys sopravvive grazie a queste registrazioni e grazie ai rari filmati del Fillmore East. Oggi, soltanto Billy Cox è ancora in vita, ed è fra l’altro l’ultimo compagno di Jimi rimasto, dato che Noel Redding, Mitch Mitchell e Buddy Miles sono scomparsi recentemente. Le loro figure rievocano quelle degli straordinari musicisti che hanno accompagnato verso il successo quello che Rolling Stone Magazine considera come “il più grande chitarrista di tutti i tempi”.

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Marco_Biasio alle 21:05 del 16 ottobre 2009 ha scritto:

Bravo Antonino! Ottima controrecensione/monografia.

PetoMan 2.0 evolution alle 15:01 del 15 maggio 2010 ha scritto:

Oh, ma che bello questo scritto e che minuziosa ricostruzione storica, complimenti. Jimi con la band of gypsys stava bene perchè era sua intenzione distaccarsi dal rock pischedelico degli esordi e riavvicinarsi alle origini della sua musica, il blues e il funky. Poi avrebbe voluto non cantare più, ma solo suonare, quindi uno come Buddy Miles era perfetto. Inoltre avrebbe voluto alargare la band, perchè il power trio cominciava a stargli un po' stretto. Peccato non abbia avuto la possibità di realizzare i suoi progetti.

ozzy(d) alle 15:40 del 15 maggio 2010 ha scritto:

vero, grandissimo disco e grande analisi di petoman, ormai un punto di forza imprescindibile di SDM!