A Calexico - Report Live

Calexico - Report Live

24-01-2009 – Teatro Colosseo - Torino

La sempre ottima e ricercata panoramica offerta dall’Associazione Culturale Musica 90 per la rassegna “Dalle Nuove Musiche al Suono Mondiale” (giunta alla 19° edizione), ha puntato quest'anno sul ritorno in Italia, a pochi mesi dal tutto esaurito di Milano, dei Calexico.

Scelta quanto mai aderente all'intento della rassegna, che è principalmente quello di proporre quanto di meglio ci sia in circolazione per quanto riguarda la musica di confine, “in bilico fra tradizione ed innovazione, che conduce ad abbracciare in un unico sguardo ideale il mondo della musica contemporanea”. Situazione ideale appunto per i Calexico, band che i confini, reali e immaginari, li cavalca da sempre.

Ottimo il concerto fin dall'apertura, offerta dal bravo madrileno Depedro, che prima da solo con la chitarra acustica, e poi accompagnato di volta in volta da membri diversi dei Calexico, ha intrattenuto il pubblico per circa trenta minuti, toccando l'apice con una splendida versione de “La Llorona”, un brano che in sé racchiude 500 anni di storia dei popoli latino americani. Nata come leggenda popolare ha subìto le classiche trasformazioni della cultura popolare di ogni latitudine, cambiando pelle e adattandosi ai tempi, arrivando infine a diventare un canto anti militarista, e accompagnando le lotte studentesche (“Llorona del estudiante”).

Applausi meritati per Depedro, che accompagnerà i Calexico per tutto il concerto, facendosi valere anche come chitarrista.

I tempi sono cambiati dal tour precedente, quando Burns (voce e chitarra), con spilla della pace sulla giacca, chiedeva scusa per i danni fatti dal suo paese in giro per il mondo, ma la coscienza civica di questa band resta intatta, a partire dal brano “Victor Jara's Hands”.

E i Calexico confermano in pieno le attese, ormai “di casa” in Europa. Lo stesso Burns ironizza durante il concerto sulla domanda di un giornalista sui motivi del loro grande successo in Europa, che li ha portati ad essere più famosi nel vecchio continente che a casa loro, non sapendosene spiegare il motivo, se non con il fatto che la loro è “no border music”, e la band stessa, tra spagnoli e tedeschi, ormai è per metà europea.

Musica che in realtà il confine lo conosce molto bene, soprattutto quello tra California e Messico, immortalato nel brano “Frontera”. Da lì arrivano i brani più coinvolgenti e apprezzati dal pubblico, dalla bella “Inspiracion” con le trombe tipicamente mexican, a “El Gatillo / Trigger”, uno degli apici della serata, insieme a “Minas de Cobre” dove ancora una volta le due trombe trascinano gli spettatori ad accompagnare la musica.

Non mancano però rock furiosi, blues e brani lenti (“Red Blooms”), accompagnati da una band di validissimi musicisti: John Convertino, co-leader, cuore ritmico e pulsante della band, e Paul Niehaus alla pedal steel, strumento di cui fa un uso sapiente, discreto, senza inutili virtuosismi, ma dando quel tocco american / mexican che ha fatto la fortuna di questa musica.

Stavolta manca l'amico Capossela a chiudere il concerto con i soliti due brani cantati insieme, ma Torino si merita comunque una ulteriore uscita sul palco dopo il primo encore, con altre due esecuzioni.

Si chiude la serata con Burns e Depedro allo stand del merchandise a vendere e autografare i loro cde scambiare opinioni con il pubblico, come agli inizi di carriera, con la semplicità e umiltà che troppo spesso manca nel mondo della musica, soprattutto in Italia.

C Commenti

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fabfabfab alle 1:28 del 26 gennaio 2009 ha scritto:

Questa cosa dei concerti a teatro fatico a capirla. Non che io ami andare ai concerti per stare in piedi quattro ore filate con la giacca addosso, a sudare come una bestia e cercare centinaia di soluzioni diverse per far riposare prima il ginocchio destro, poi il ginocchio sinistro, poi la caviglia destra, poi la caviglia sinistra … Se il nostro organismo fosse funzionale per questo tipo di riposo muscolare selettivo, saremmo cavalli. E non lo siamo. Ma non siamo neanche gatti domestici, quindi il dover stare con le gambe rattrappite e il corpo compresso in una poltroncina minuscola è doloroso almeno quanto la forzata standing ovation di quattro ore di cui si è detto in precedenza.

Eppure il pubblico torinese ha apprezzato. Numeroso e, grazie anche alla location, decisamente trasversale: giovani universitari che sorseggiavano vino rosso in bicchieri di plastica trasparente, stimati (o magari disprezzati, chi lo sa) professionisti impegnati in chiacchiere cordiali, famiglie con figli al seguito, signore attempate in abiti eleganti ed altre meno attempate e meno eleganti, in pieno trend “freak-chic”.

Sono d’accordo con Giorgio sulla novità Depedro e sul divertente esito della serata. A parte i classici (“Crystal frontier” e “The Ride Part II” su tutte), hanno ben figurato anche alcuni estratti dell’ultimo album (“Victor Jara’s Hands”, “Red Blooms”) e le solite genne (“In the reins” – tratta dall’album in collaborazione con Iron & Wine, e “Alon again or” – cover dei Love). Solo che ad un certo punto, verso la fine, sembrava di essere in un Villaggio Valtur, con le donne che accennavano passi di bachata, e gli uomini che ondeggiavano stile Subsonica (difficile spiegarne i sintomi, ma a Torino è ormai una malattia genetica).