A Cosmic sound, trent'anni di visioni

Cosmic sound, trent'anni di visioni

Estate 1979 - estate 2009. Trent’anni e sembra ieri. Cosmic. Una delle discoteche più importanti del panorama italiano a cavallo tra Settanta e Ottanta. Più di una semplice discoteca in realtà, se ancora oggi si parla di “Cosmic sound” per descrivere il suono che si respirava lì dentro. Lo stesso dicasi per quel genere definito (sicuramente in modo quantomeno improprio) come “Afro”. Ma l’importanza di quel locale non si può limitare alla musica, ne travalica largamente i confini. Perché il Cosmic divenne un simbolo.

Almeno in quella regione indefinita che sta tra Veneto, Lombardia ed Emilia. Una cometa infuocata sul Garda – il locale si trovava a Lazise, Verona – che forse oggi ai più non dice niente, ma che per molti rimane ricordo indelebile. Il 1978 del rapimento Moro, dei tre papi, dei più di duemila attentati era appena passato, ma i giovani volevano ancora divertirsi. A suon di musica. Come al di là dell’oceano e anche meglio. Basti pensare che alcuni di quei “metti dischi” oggi vengono osannati all’estero – dall’Inghilterra al Giappone, in America – come veri e propri pionieri di un suono e di un modo di fare musica avveniristico, visionario, che ha influenzato tutto quello che è arrivato dopo, dalla House alla New Wave, alla Afro. Pura archeologia dance. Un nuovo sound, un nuovo modo di intendere i locali, non più balere, ma disco. Il Cosmic ci mise poco tempo a diventare simbolo.

Un po’ come la Baia degli Angeli a Gabice, ma in modo diverso. L’inaugurazione nella primavera del ’79 fu un successo inaspettato. La disco fu presa letteralmente d’assalto. La serata d’inaugurazione venne ripetuta quattro volte per far entrare tutti i tremila ragazzi che si erano presentati ai cancelli il primo giorno (il locale invece poteva ospitarne al massimo settecento, ottocento). Veronesi, mantovani, bresciani, ma nel parcheggio si potevano notare anche macchine targate Firenze, Milano, Austria e Germania. Un punto di riferimento per un’intera generazione. Un locale dove veniva proposta una musica e soprattutto un modo di far musica assolutamente nuovo e originale. Un suono creato da Daniele Baldelli, che dalla sua consolle a forma di casco poteva passare da un pezzo sperimentale di Klaus Schulze, ai ritmi africani di Fela Kuti, per arrivare alle movenze robotiche di I Zimbra dei Talking Heads, che si trasformavano in un funkettone. Un mix di puro istinto e di voglia di conoscere. Passione. Abbiamo cercato Baldelli per fargli ricordare quei tempi. Lontani solo se ci si mette a contare gli anni, perché per la memoria è come se tutto questo fosse successo ieri.

Vi stavate rendendo conto che quel locale sarebbe diventato un simbolo? Che il suono che proponevi sarebbe poi diventato un vero marchio di fabbrica?

A dir la verità io non mi stavo rendendo conto di nulla. Facevo solo quello che mi piaceva. All’inizio quando iniziai a fare il disc jockey nel 1969 (a quei tempi non si chiamavano ancora dj ndr) non pensavo neanche che questo sarebbe potuto diventare il mio lavoro. Invece con il 2009 insieme al trentennale del Cosmic festeggio anche i 40 anni dall’inizio della mia carriera e vengo chiamato per fare serate in giro per l’Europa e per il mondo.

E le altre persone, lo staff, il proprietario, loro cosa pensavano? Penso che lo stesso riguardasse anche tutti gli altri. Facevamo quello che ci piaceva senza particolari aspettative di diventare per forza

un punto di riferimento. Noi lo facevamo per passione, come possono farlo degli amici che hanno degli interessi in comune. Si era formato un gruppo il cui legante principale era l’amore per la musica e per quello che stavamo facendo. Prima di tutto ci divertivamo.

Quando arrivasti nel Veronese eri già un nome conosciuto nell’ambiente delle discoteche.

Si, avevo iniziato al Tabù di Cattolica, paese dove sono cresciuto e dove abito ancora ora. Poi nell’ottobre del 1977 iniziai a suonare alla Baia degli Angeli a Gabice, dove il mio contratto

sarebbe scaduto alla fine di  agosto del’78. I proprietari del Cosmic avevano girato un po’ sia in Italia che all’estero per trovare qualcosa di nuovo dal punto di vista musicale e sentirono parlare bene di me. L’estate successiva mi trasferì sul Garda per suonare al Cosmic.

Abitavi sul Garda quindi? Si mi ero preso una casa a Torri del Benaco, dove sono andato a stare con la mia ragazza che ora è diventata mia moglie. Una delle cose che avevo chiesto ai proprietari del locale era infatti

quella di far lavorare anche la mia ragazza, che venne così presa come cassiera, lavoro che aveva già fatto sulla Riviera romagnola.

Ti contattarono direttamente i proprietari quindi? Si, mi dissero che avrebbero aperto un locale con determinate caratteristiche e l’idea mi prese fin da subito

Come andò la serata d’apertura? A dir la verità non fu una sola serata d’apertura, ma furono quattro. Nel senso che la prima sera, che era un giovedì, arrivarono più di tremila persone e il locale non poteva ospitarne più di settecento, ottocento. Così fu deciso di fare delle serate di apertura anche nei giorni successivi. E fu un pienone anche il venerdì, il sabato e la domenica.

Un bel successo sin da subito quindi. Si, avevamo fatto una pubblicità un po’ selvaggia. Manifesti attaccati un po’ ovunque in giro per la zona. Mai però ci saremmo aspettati un successo del genere.

Tu come la vivesti, quella serata d’inizio? Ricordo che ero molto teso, ma questo mi capitava e mi capita ancora oggi molto spesso.C’è sempre un po’ di tensione quando si va in un nuovo a suonare, perché c’è

sempre un’aspettativa da parte della gente e questo mi piace moltissimo. In quel caso però, si cominciava anche una nuova avventura in un locale appena aperto e in una zona dove mi ero

appena trasferito. Ero un po’ preoccupato, perché ci possono essere sempre casini, ma tutto filò liscio e fu una serata fantastica.

Avevi una consolle del tutto particolare all’interno del locale. Si, la postazione si trovava dentro un enorme casco. L’unico problema era che trovandosi sullo stesso piano della pista da ballo a volte succedeva che qualcuno si appoggiava al banco facendomi saltare i dischi. La cosa ovviamente mi faceva incazzare non poco, ma poi anche questo problema fu risolto.

Per approfondire non c’è di meglio del libro curato personalmente da Daniele Baldelli “Cosmic Sound. The Original Cosmic Dee-Jay” uscito per i tipi di Mediane nel 2007. Edizione italiana e inglese con due Cd audio. Il primo una selezione di pezzi classici di quel suono, il secondo un mix dello stesso Dj.

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REBBY alle 16:44 del 26 ottobre 2009 ha scritto:

Bell'articolo, bella intervista. Ci sono andato anch'io al Cosmic quell'estate e negli anni successivi. D'altra parte abito vicino. Non

amavo particolarmente le discoteche, ma capitava,

trascinato dagli amici, di andarci. Era una

discoteca "diversa", proponeva anche lei della

"musica di merda" (eheh), ma anche dei pezzi

della madonna, magari ritoccati (non sempre bene).

Locale sopra la media indubbiamente. Era piena di

scoppiati, dapprima per lo più baiosi poi di tutti

i tipi.

bestropicalia, autore, alle 22:31 del 27 ottobre 2009 ha scritto:

Grazie del commento Rebby! Sono contento che l'articolo ti sia piaciuto, soprattutto visto che in quel locale tu ci sei stato veramente!

Per motivi anagrafici io di sicuro non potevo esserci, ma dai (molti) racconti che ho sentito il Cosmic doveva essere davvero un posto unico, difficilmente paragonabile a quelle che oggi siamo abituati a definire come discoteche, ovvero il mare magnum della commerciale. Poi che per tutte le serate dei 5 anni che rimase aperto la musica non fosse sempre al top ci sta anche: forse non lo era neanche al Paradise Garage o al Cbgb's per dire. E' un dato di fatto però che all'interno di quelle mura nacque un modo di far musica totalmente nuovo e a parte le definizioni o i generi (cosmic sound, afro, ...) penso che la passione per la musica fosse vera.

jhonkongosvr alle 12:30 del 31 agosto 2016 ha scritto:

Bella intervista. Il Cosmic non c'è più ma rimane un simbolo indelebile. Per me è come un diamante: per sempre. Mi sarebbe piaciuto dire che è attuale, ma purtroppo non è così. In nessuno dei più rinomati e sopravvalutati club che ho visto in giro per il mondo ho più ritrovato la carica di sana e istintiva innovatività che aveva il Cosmic.Ciò che creava la magia tuttora ampiamente e giustamente riconosciuta al Cosmic era la sintonia assoluta tra DJs e pubblico: i primi erano lì per divertirsi e per stupire (e cazzo se ci riuscivano!), i secondi per ballare ed essere stupiti.... era bellissimo, nel pubblico l'attesa era spasmodica ma allo stesso tempo resa tranquilla e rilassata dalla sicurezza di poter godere di un prodotto musicale nuovissimo e di altissima qualità. Ma avete visto ancora un club dove un'ora prima che iniziasse la musica tutti (e dico proprio tutti!!!) erano già in pista ad aspettare l'intro del DJ? Come dice Baldelli nell'intervista, forse nessuno di noi in quei momenti avvertiva il privilegio di assistere a qualcosa di storico (musicalmente parlando) ma di sicuro tutti sentivamo di essere protagonisti di qualcosa di MAGICO! Anch'io come tanti mi sono reso conto solo nell'età della ragione di quale e quanta ricerca ci fosse nel lavoro di quel DJ. Quindi ora che ragiono mi viene un urlo dall'anima e dal cuore: Daniele Baldelli Patrimonio dell'Umanità! Grazie di tutte le emozioni e buona vita a te