A Della necessità della sporcizia - Tre accordi e un po' di fango: quasi meglio di Bach

Della necessità della sporcizia - Tre accordi e un po' di fango: quasi meglio di Bach

Bob Dylan, in effetti, non c’entra nulla. È un’icona, una faccia da maglietta. Una foto da ritagliare e appendere vicino allo specchio del bagno. Bob-dito-in-bocca è il testimonial della Seconda Lezioncina di Musica. La settimana scorsa abbiamo parlato delle note, abbiamo detto che non sono 7 ma 12, e che i tasti neri del pianoforte hanno due nomi diversi a seconda di come li guardi: la puntata è finita su www.storiadellamusica.it, e ha già ricevuto un paio di commenti. Ma il web è volatile come il polline dei fiori. Però mantengo la promessa: avevo detto che avrei continuato solo su incoraggiamento, e mi hanno incoraggiato. Questa è la seconda lezioncina, non va da nessuna parte ma ci va fischiettando. Laggiù c’è la mail, fatevi sentire.

When I was just a baby, my mother told me.... Fai il bravo, non giocare con le pistole, pulisciti la bocca, non innamorarti di una sciacquetta, sappi che da qualche parte ci sarà sempre qualcuno che vuole ascoltare una canzone. A cosa servono le canzoni? A questo punto di solito si cita Adorno, “niente più canzonette dopo Auschwitz”, e l’orchestra che continua a suonare sul Titanic che s’inabissa nel blu dipinto di blu. Il discorso che facciamo è più terra terra (meno acqua acqua): ci si creda o no, la musica ci salva ancora la vita.

Basta suonarla come si deve, e questo non significa necessariamente essere bravi. Significa essere sporchi. Quando ero piccolo, mia madre mi disse è una locuzione ricorrente nel blues delle origini, quello del Delta. Il Delta è una foce, cioè terra mescolata ad acqua. Delta è pure la differenza, se ti ricordi qualcosa di matematica: la differenza, ce lo insegna la filosofia, è quella che tiene in moto tutto. Capisco che prima faceva caldo e adesso fa freddo perché posso fare il confronto, è evidente. Uguale: due note musicali messe una vicina all’altra sono separate da una differenza, ed è quella che crea l’armonia. Una volta Miles Davis disse: la musica è quella cosa che sta tra una nota e l’altra. Parlava dei silenzi, delle pause. Ma l’Elogio del Silenzio lo facciamo un’altra volta: oggi suoniamo.

Insomma: terra, acqua, note e differenze. Siamo pronti per la seconda lezione. Con la terra e con l’acqua ci sporchiamo le mani di fango, ma non ci sentiamo Dio. Le mani sporche stanno lì attaccate alla fine delle braccia, e possono essere pure una metafora: la sporcizia serve solo per ricordarci che il musicante è un po’ carpentiere, si taglia le unghie solo perché se no gli danno fastidio quando striscia le dita sul manico. La pelle di seta delle donnine di Silvestro Lega che suonano il pianoforte vicino alla finestra, tutte concentrate anche quando c’è da cantare uno stornello, è muta come un posacenere: quello non è suonare, è dattilografare. Il sesso è una cosa sporca solo quando è fatto bene (questo è Woody Allen): anche la musica, quando è fatta bene, se è sporca, è pure meglio. Prendi Bach, un’intelligenza compositiva cristallina assurta a simbolo stesso del genio formale: il Clavicembalo Ben Temperato è pu-li-tis-si-mo, Gould lo suonava senza appoggiare i piedi sui pedali, elencava le note di Preludi e Fughe con degli staccati-ghigliottina. Rigoroso. Glaciale. Perfetto.

Però, mannaggia a lui, canticchiava: lo sanno tutti, Glenn Gould e Keith Jarrett sono i due musicisti più mugolanti che si siano, ascolti i loro dischi e ti viene da chiederti chi è il tizio che gode al microfono mentre il pianista suona. È per questo che il Clavicembalo suonato da Gould è perfetto: perché è sporco. La maniacalità sartoriale di punti e contrappunti scorre bianca come un centrino di pizzo, potrebbe essere la suoneria di un cellulare o uno Steinway Grancoda, l’effetto sarebbe lo stesso: musica bella com’è bello il Teorema di Pitagora, che cosa vuoi dirgli al Teorema di Pitagora, è lì, è bello, è una toppa per tutte le chiavi, intoccabile. Insuonabile. Invece il blues, che è fatto con il fango, è bello perché è stupido: sono sempre gli stessi tre accordi che ci dettò una notte il Satanasso. Charlie Parker ha provato a complicare il Teorema con le sue cervellotiche sostituzioni, ma i Parker changes sono roba da jazzisti troppo seri. Noi siamo sporchi, e a noi ci piace il blues. Questa è la seconda lezione: prima di parlare di musica, sporcati la bocca.

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Marco_Biasio alle 22:03 del 20 ottobre 2008 ha scritto:

Mi sto appassionando...

PierPaolo alle 9:51 del 21 ottobre 2008 ha scritto:

Si

REBBY alle 10:09 del 21 ottobre 2008 ha scritto:

La mia bocca è sporca!