A Indie Mon Amour Festival @ Agropoli

Indie Mon Amour Festival @ Agropoli

Un mastodontico corpo fatto di mille braccia e mille gambe con una curiosità perennemente giovane e spiritata, ecco cos’è stato l’Indie Mon Amour festival 2010. La location, diversa rispetto alle edizioni precedenti, era già nota per ospitare la sede del Cantiere Sonoro, l’associazione attiva da oltre sette anni, dispensatrice di musica indie a ingresso gratuito.

Sapere che di lì a qualche mese avrebbero demolito l’intera area mi ha stritolato il cuore, ma visto che non sarebbe servito cospargersi il capo di cenere e percuotersi il petto sulla catastrofe imminente, prima che cominciassero i Maybe I’m, mi sono diretta nella sala espositiva. La struttura che ospitava le mostre era imponente.  Un progetto di trent’anni fa voleva che fosse destinato alla mattanza di poveri animali.

All’ingresso, due mostre fotografiche, le Foto Filastrocche di Vincenzo Iroutua e Fall Apart / frame from the wood di Federica Di Lorenzo, offrivano il loro personalissimo benvenuto. La prima mi ha fornito un suggestivo esempio di sincretismo, dove immagini visive e linguaggio si influenzano a vicenda, celando nella loro trama non una sola possibilità di interpretazione; la seconda, confinata in una sorta di anticamera oscura, prevedeva l’allestimento di tre light box illuminati che avviluppavano lo spettatore in una dimensione sensoriale, catturando i colori e l’eterogeneità della natura. Entrando nella sala principale, un misto di stencil, adesivi, e interventi diretti sui pannelli che dichiarano tutt’altro che improvvisazione,mi urlava in faccia l’identità artistica degli Indi(e)geni Colletive.

Sono uscita dalla sala con le narici pregne di colla e vernice, attirata all’esterno dalla voce roca e persuasiva di Ferdinando Farro, cantante dei Maybe I’m. Un garage blues di impatto autentico, cadenzato dai tecnicismi del violino che si innestano alla trama dei brani, talora rafforzandoli, talora conferendogli leggerezza. We must stop you, il brano che ha dato il titolo al disco prodotto dalla Jestrai records, Pail full of water, Behind you there is… sono assaggi della scaletta che i Maybe I’m hanno proposto al pubblico dell’Indie Mon Amour.

Il tempo perso a fare la fila per una birra è stato l’equivalente di quello che ha impiegato il service a disporre sul palco gli strumenti dei Criminal Jokers. Osservando rullante, timpano e piatto, la prima cosa che mi è venuta in mente è stata l’insofferenza, durante le interviste, che tutti e tre i componenti del gruppo mostrano con evidenza di fronte alle domande che riguardano questa dannata batteria incompleta: insomma l’innovazione artistica dei Criminal Jokers ridotta al cantante che suona in piedi pezzi di batteria? Ma sappiamo tutti che non è solo questo, perché il trio pisano, prodotto da Appino, ha davvero qualcosa in più che non si traduce nella convulsione di un ventenne accanito sul rullante, tantomeno nella voce facsimile di Brian Molko.

Faccio un giro per gli stand, contratto con una ragazza sul prezzo di un vinile e, intanto, sale sul palco The Zen Circus, preceduto da una base controversa, l’inno di Mameli. Aprono il concerto con Gente di merda e sfoderano i brani di Andate tutti a fanculo uno dopo l’altro, lanciando sul pubblico taniche di sarcasmo infiammabile e assolutamente condividibile. Il pubblico esplode di piacere sulle note di Figlio di puttana, e altri successi di Villa Inferno, come Punk Lullabay e Vent’anni, al che mi ritrovo anch’io parte di un coro, dove centinaia di corde vocali più o meno stonate si frangono, tutte impazienti di vibrare la parola successiva. La fine del concerto è decretata da un’interruzione brusca della luce dovuta a un problema tecnico che per fortuna si risolve dopo pochi istanti in cui Andrea Appino accenna sulla chitarra le note di Canzone di Natale, deliziando solo chi ha saputo guadagnarsi uno spazio sotto il palco. La luce ritorna e i Zen completano la scaletta.

L’Indie Mon Amour finisce di stordire l’avversario a colpi di dj set fino alle cinque del mattino.

Ora ci attende una pausa che dura un anno e una demolizione.

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