A Intervista a Simona Gretchen

Intervista a Simona Gretchen

Il piccolo MateriaOff di Parma, locale d’altri tempi e d’altri luoghi, fatto di libri, divani, lampade, dischi e arte contemporanea, è il teatro dell’intimo live acustico di due quarti degli Io?Drama e della giovane talentuosa promessa Simona Gretchen, cantautrice che meno di un anno addietro impressionò gli addetti ai lavori con il portentoso esordio Gretchen Pensa Troppo Forte, candidato al prossimo Premio Fuori dal Mucchio come miglior opera prima al MEI di Faenza. L’atmosfera invita alla conversazione, e così la chiaccherata post-concerto che segue con miss Darchini si rivela densa di spunti di interesse trasversali.

 Ciao Gretchen. Ci dici quando nasce questo “cognome d’arte”, e in quali circostanze?

Nasce nel settembre 2008, quando ho cominciato a cantare in pubblico le mie primissime canzoni. Ero appena uscita da una band (in cui suonavo il basso) cui ero molto legata affettivamente ma con cui da qualche tempo non condividevo più il percorso artistico. Era la prima volta che scrivevo e cantavo, e la prima volta che un progetto era davvero nelle mie mani, da cima a fondo. Gretchen, personaggio del Faust, in quel periodo mi ossessionava per ragioni biografiche. Quando mi tornò alla mente Gretchen am Spinnrade, struggente lied di Schubert con testo lirico di Goethe, capii che Gretchen doveva esser in qualche modo parte del nome del progetto. 

 Una domanda inflazionatissima che mi tocca farti ugualmente: cosa comporta il fatto che Gretchen pensi “troppo” forte?

Comporta un'esplosione. O meglio un'implosione. Che è stata quel disco. Comporta molte altre cose che a volte mi rendono le giornate elettrizzanti e più spesso infernali. Ma ciò interessa meno ai tuoi lettori. Di certo Gretchen non è finzione. E' più viva che mai. Ogni giorno la conosco un po' meglio; le devo molto. Non che ci si annoiasse, ma ha reso tutto molto più interessante di prima.

 Da dove nasce la rabbia che incanali nelle tue canzoni? Dall’osservazione della realtà o dalla tua personale coscienza? Quanta politica c’è nei tuoi testi? A tal proposito, restando circoscritti alla tua urgenza di comunicare, reputi la tua dimensione ideale lo studio o il palco?

La rabbia è un modo come tanti di filtrare la realtà. Ci sono momenti in cui è lecita. Nella maggior parte dei casi è da rifuggire. Quando ho scritto O nostre pelli, il primo brano che ha visto la luce, ero satura, più che di rabbia, di senso di fine, di baratro. Lo spazio per l'ironia c'era ma era una fessura sottile. Era più sarcasmo che altro, insomma. La rassegnazione aveva vinto e mi aveva cerebralmente fatto fuori. Ma quel che non sappiamo è che a volte la nostra mente ha più d'una vita a disposizione. I miei testi sono pieni di politica. Ancor più di teorie e di sistemi. Sono stata scambiata per filo-nazistaanarco-insurrezionalista e persino per sentimentale. E non so quale delle tre cose sia meno vera, a posteriori. Quanto alla mia urgenza di comunicare, non ne ho alcuna: la scrittura è un lusso che ci si prende, un vizio, forse; puoi scegliere di cominciare e un giorno puoi scegliere di smettere; ma è sempre una scelta. Lo studio e il palco sono complementari, per me come per altri artisti che ho conosciuto. Si può essere creativi in entrambi gli ambiti, ma in maniera assolutamente diversa.

 Com’è il tuo pubblico? Hai avuto a che fare durante il tour con stanze deserte o posti inverosimilmente squallidi?

Ovviamente sì. A volte conosci il posto in cui stai andando a suonare, altre affatto; dunque è un rischio che si corre. Quanto al pubblico in sala, ho visto un po' di tutto: dalle 400 alle 20 persone. Son tanti i fattori che determinano la buona riuscita di una serata in un club.

 La tua non è (ancora) un’audience vastissima, ma nell’ambiente indie italiano sei conosciuta e osannata. Quando hai preso coscienza di questa nuova dimensione, e come ti ci trovi? È più eccitante, o più impegnativo?

Non so quanto esattamente io sia conosciuta o osannata. So che spesso mi sorprendo positivamente di attenzioni che non mi aspetto da persone da cui non ne aspetto. Di certo l'ambiente di cui tu mi parli è esattamente quello nel quale aspiro ad ottenere attenzioni positive. Non posso dire che i risultati raggiunti non siano estremamamente appaganti. Come non posso dire questo non sia stato un anno impegnativo, d'altra parte. L'indie italiano è vasto e variegato, trovare in esso la propria strada e il proprio ruolo senza essere la brutta copia di qualcun'altro/qualcos'altro è un ottimo e stimolante obiettivo da perseguire.

 Hai conosciuto, in questo scorcio iniziale di carriera, diverse personalità della scena indipendente italiana. Chi di loro ti ha sorpreso positivamente, e perché?

Il Teatro degli Orrori e Zen Circus, per restare fra i nomi più noti. Per lo spirito con cui affrontano almeno tre cose: il palco, il loro ruolo/impatto sul pubblico e la loro carriera. Per quanto lo facciano in maniera e con attitudini molto diverse, giustamente. Sono tutte persone che non fingono, non recitano una parte. Che ci sono e non ci fanno, come si dice, che vivono l'attività live in maniera viscerale e che solo secondariamente si curano dell'eventuale risposta: prima viene l'onestà intellettuale. Poi Bologna Violenta, un mix di humour nero, shock sonoro e spirito anarcoide tanto sistematico (bervismo) quanto abbastanza autoironico da non rischiar mai di prendersi troppo sul serio. Ma ci sono tanti, tanti progetti che meriterebbero d'esser citati. Sul serio.

 Com’è nata la collaborazione con Nicola ‘Bologna Violenta’ Manzan? Sulla scena attuale, italiana o straniera, c’è qualche band che credi vada necessariamente ascoltata?

Sono una sua fan da un po'. Lo seguivo, per quanto potevo, dal vivo, quando collaborava con Baustelle, Alessandro Grazian e portava (come ora) in giro il suo progetto solista, Bologna Violenta. L'ho conosciuto e gli ho chiesto una collaborazione, che ha con mio stupore e piacere accettato. Anche ora ogni volta che posso vado ai suoi concerti (che si tratti del suo tour o di quello del Teatro degli Orrori); nel tempo siamo diventati amici. E devo dire che conoscerlo di persona non ha fatto altro che rendermi una fan più convinta di prima, e più felice del fatto che abbia partecipato alle registrazioni di Gretchen pensa troppo forte. Da ascoltare... gli Spiritual Front, dal vivo, soprattutto. Poi le realtà ben note che ho già citato. Tanto per far pubblicità a qualcuno che conosco personalmente e che sta dalle mie parti, vi consiglio di non perdere le prossime uscite discografiche di Zeus! (Luca Cavina, dei Calibro35, e Paolo Mongardi, batterista de Il Genio ed ex Jennifer Gentle) e Junkfood.

 Quali sono state le tue ispirazioni più fervide? C’è un disco, una persona, una sensazione in particolare che ti ha fatto decidere: “si, io farò la musicista”?

Non l'ho mai pensato. L'ho fatto e basta. Non so neppure se è quello che voglio fare e/o per quanto e in che modo. Ora è quello che faccio ed è quello che voglio fare, e solo questo conta, penso: cercare di farlo con un minimo di cognizione di causa e di onestà intellettuale, appunto. Quella di cui parlavo prima.

 Leggi o hai letto in passato qualche rivista musicale? Cosa pensi delle webzine e che peso reputi possano avere nell’orientare le scelte musicali in ambito nazionale o internazionale del pubblico?

Leggo Il Mucchio e Rumore quasi sempre. Spesso BlowUp. Parlare di webzine è parlare di tutto e di nulla. Bisognerebbe analizzare caso per caso. Mi pare ci sia molto di rilevante e utile per chi si interessa di musica, ma una mole ancora più imponente di materiale che non andrebbe neanche preso in considerazione. Bisogna distinguere ciò che aiuta e stimola la formazione critica di un pubblico pensante e ciò che aggiunge solo confusione alla confusione. Non secondariamente, suggerisco sempre, sulle riviste come in rete, di guardare alla firma, e non solo al contenitore. Cosa, oggi ancor più di qualche tempo fa, fondamentale.

 Cosa consiglieresti a un ventenne che oggi decide di fare il musicista?

Che domanda difficile. Di certo gli direi di farlo solo se ci crede profondamente. Gli direi che se lo sta facendo per fama o per soldi farebbe prima a scegliersi un'altra strada. Gli direi che si muoverà in un ambiente che spesso riserva sorprese splendide e forse anche più spesso attacchi e calunnie; che, in breve, non è una buona via per ingenui, deboli, permalosi e simili. Ma che se è quello che vuole fare sono la prima a dargli tutte le dritte che vuole!

 Quali sono i progetti attuali e futuri di Simona Gretchen? E quelli di Simona Darchini?

Pubblicherò un sette pollici con un brano inedito e la cover di Venus In Furs, riarrangiata da me e Lorenzo Montanà. Non so ancora esattamente quando, ma la prossima uscita a nome Gretchen sarà questa. Paolo Mongardi ha registrato le parti di batteria del mio nuovo pezzo; posso solo dire che è stato semplicemente esaltante vederlo all'opera. Sto lavorando con Duilio Scalici, poi. Ha già diretto un video-clip per me e credo la nostra collaborazione sia tutto meno che conclusa. E' giovanissimo e geniale, spero di conoscerlo di persona al prossimo Mei. I miei produttori continuano a essere Lorenzo Montanà e Gianluca Lo Presti, e continuo felicemente a lavorare con la loro Disco Dada Records. I progetti di Simona Darchini sono riprendere l'università (lo sto facendo, credetemi) e cercare di tenermi con le unghie e con i denti la piccola tana che ho a Faenza, dove convivo con un'amica. Il resto è il caos indecifrabile. E ha ben poco di progettuale.

 Per concludere, c’è una domanda che avresti voluto ti facessi ma non ti ho fatto?

In realtà no, non ci pensavo. Piuttosto ce n'era una decina che temevo mi facessi. Invece sei stato bravissimo (sto scherzando, ovviamente). Grazie per l'intervista, una delle più carine che mi è capitato di rilasciare.

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bargeld, autore, alle 11:57 del 26 ottobre 2010 ha scritto:

Per la cronaca, mi fa piacere precisare che Gretchen Pensa Troppo Forte ha vinto il premio Fuori Dal Mucchio come miglior esordio al MEI 2010. Rinnovo i complimenti a Simona.