A Intervista ai Madrugada

Intervista ai Madrugada

I Madrugada tornano sulla scena dopo tre anni di assenza con un album, omonimo, dal retrogusto malinconico e intenso, con parole che trasudano passione e lacrime country. Uno spleen per nulla rassegnato.

Il dolore causato dalla tragica scomparsa del chitarrista Robert Buras, la loro vita che cambia e il futuro incerto della band non spegne quel fuoco creativo che in passato è stato capace di produrre canzoni come “Majesty” e “Stories from the streets”.

L’album sembra raffigurare l’immagine di una notte di ritorno a casa, in macchina, su una highway deserta che lentamente si popola di fantasmi, strane creature e pensieri ad alta voce.

Il tono profondo di Sivert, che continua ad influenzare cantanti indie incapaci di raggiungere la sua potenza espressiva, col passare degli anni acquista ancora più fascino e dà brividi in pezzi come la ballata western “What’s on your mind”, che sembra tanto ricordarci i Tindersticks, e “The hour of the wolf”, che suona impavida come “Satisfaction” degli Stones.

Dopo aver fatto i miei complimenti al bassista, Frode Jacobsen, per l’ultimo lavoro gli chiedo di parlarmi del loro tour.

“Adesso siamo ad Oslo. Abbiamo tenuto dei concerti fantastici, la maggior parte sold out, anche in Germania e in Grecia, con un’ottima risposta da parte del pubblico. Cercheremo di venire in Italia anche perché siamo stanchi di girare solo nel nord Europa. Siamo stati molto impegnati in diversi progetti durante questi tre anni puntando su nazioni più vicine geograficamente alla Norvegia.”

Vi siete dedicati anche a progetti solisti, come ad esempio Sivert – il cantante del gruppo- in “exiles”?

“Si. Robert stava collaborando con i “My midnight creeps” prima di morire. Sono quattordici anni che suoniamo insieme e per noi è molto importante lavorare a questi progetti in modo da produrre qualcosa di diverso rispetto alla musica dei Madrugada.”

Allora passiamo alla musica del gruppo: perché il vostro album porta lo stesso nome della band? È il vostro capolavoro?

(dopo qualche secondo di riflessione) “Si, siamo davvero contenti di questo album e durante la lavorazione abbiamo passato dei momenti magici. L’abbiamo registrato in un’unica sessione ed è la prima volta che realizziamo un intero album live in studio. La musica è nata spontaneamente, l’abbiamo semplicemente catturata e resterà come un documento indelebile di quel momento, dei sentimenti che abbiamo provato suonandola insieme.”

L’anno scorso la vostra vita è cambiata radicalmente a causa di un evento tragico: la morte di un membro del gruppo. Nonostante il fatto che Robert fosse morto prima della terminazione dell’album avete deciso di finire il lavoro poiché la sua parte di chitarra era già stata incisa. Cosa avete provato tornando in studio?

“Per dirla in parole povere eravamo tutti contenti del risultato della sessione, con la chitarra di Robert che continuava a suonare anche oltre la sua morte. Poi mancava davvero poco alla chiusura dell’album quando è successa la tragedia. Siamo stati sciocchi a non voler registrare nulla insieme durante gli ultimi tre anni… Abbiamo provato a registrare canzoni nuove senza il suo apporto ma poi le abbiamo scartate perché per noi la cosa più importante era finirlo insieme, è questo che lo rende speciale.”

Tiene viva la memoria di un grande amico.

“Si, esatto, è come se fosse un testamento. Anche per questo motivo è il nostro album migliore. E mentre lo registravamo sentivamo che stava nascendo qualcosa di importante a livello personale e musicale. In più è il sesto album e si migliora di volta in volta, si acquisisce esperienza e maturità.”

Così la morte di Robert significa la fine del gruppo oppure i Madrugada hanno ancora qualcosa da dire al mondo?

“Non lo so. Per noi la cosa più importante è stata finire quest’album e fare il tour. Le persone coinvolte sono i migliori amici di Robert, privatamente e professionalmente, come ad esempio Alex ( Kloster- Jensen dei Midnight Creeps .ndr) con cui ha lavorato per il suo progetto solista. Ci siamo riuniti tutti e ognuno ha contribuito a questo album con affetto, tutti lo amavano. Siamo molto orgogliosi di quello che abbiamo fatto ma non sappiamo se continueremo con la band. Sicuramente suoneremo fino al prossimo Natale. ”

Tornando a parlare dell’album. Dal punto di vista dei generi musicali “Madrugada” è un disco che mescola note meno indie e più folk, tendente al blues malinconico. Perché è diverso dagli altri? Cosa ha fatto la differenza che ha reso possibile questo cambiamento?

“È una naturale evoluzione. Le influenze restano le stesse del primo album ma si va avanti e si sperimenta. La cosa più importante che abbiamo capito è la difficoltà di trovare un accordo per la scelta delle canzoni da inserire nell’ album. Ci sono sempre un paio di canzoni che non piacciono a tutti i componenti. In questo disco ne avremmo inserite trenta e non nove se avessimo assecondato i gusti di ognuno. Ma i pezzi scelti piacciono molto a tutti noi, penso si possa percepire ascoltandole, soprattutto “look away lucifer”.

A proposito di questa canzone, perché avete deciso di parlare a Satana in un testo del genere? L’avete scritta per parlare alla parte più oscura di voi stessi oppure è un semplice omaggio al blues che, come saprete, è la musica del diavolo?

“È una canzone folk psichedelica. Abbiamo provato a suonarla in dieci modi diversi. Si ispira al blues e parla di un fantasma, di una storia antica narrata dai cantastorie. Amiamo le cose tradizionali e abbiamo cercato di mescolare vari elementi per comporre un classico. Ma in realtà non è importante il suo significato perché può essere interpretato in mille modi diversi. Siamo orgogliosi di questa canzone perché erano anni che avremmo voluto scriverla.

Questo pezzo continua a tenere alto il nome dei Madrugada in Norvegia. Come ci si sente ad essere il maggior gruppo nel vostro paese di origine, dopo tre grammys nel 2006 e il record di vendite di “live at tralfamadore” (il live più venduto in Norvegia)?

“Quell’album fu registrato in una settimana, mixato in due giorni. Altre volte capita di stare in studio rinchiusi per tre mesi senza raggiungere questo risultato. La Norvegia ci adora e ogni volta che torniamo a casa ci dà il benvenuto. Abbiamo un grande seguito anche in Germania e in Olanda. Ma essere stimati in patria è una grande soddisfazione.”

Il nome del gruppo ha a che fare col vostro paese d’origine? È stranamente in spagnolo!

“Significa “blue hour” (cioè le ore che racchiudono sia la luce del giorno che quella della notte). Il concetto richiama la nostra canzone “the hour of the woolf”. Stavamo seduti a pensare ad un nome decente per realizzare il primo album “industrial silence” che ha ambientazioni alla David Lynch. Quindi le ore di crepuscolo avevano a che fare con la nostra musica, a quei tempi. Ma spesso il nome di una band viene scelto a caso, per coincidenza. Spero che la gente non se ne accorga!”

C Commenti

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GiudiceWoodcock alle 16:27 del 29 agosto 2008 ha scritto:

brava!

manco lo sapevo che era uscito un nuovo disco.

e li seguo fin dagli esordi... abbandonati dopo la morte del chitarrista non credevo potessero terminare il disco.