A Libreria - Figli dei fiori, figli di Satana di Ezio Guaitamacchi

Libreria - Figli dei fiori, figli di Satana di Ezio Guaitamacchi

Figli dei fiori, figli di Satana è un libro dedicato tutto al 1969, e in particolare a quattro eventi che hanno determinato quell’anno, che assume per l’autore un’importanza ben maggiore del ’68: la morte di Brian Jones, l’epopea di Woodstock, il “caso” di Charles Manson e il successo di Easy Rider. La prima domanda che sorge spontanea è: perché? Perché scrivere un libro sul 1969 concentrandosi su quattro temi banali e scontati, oltre che triti e ritriti? Perché fare uscire un libro del genere a quarant’anni esatti di distanza dagli eventi? Perchè affrontare ancora una volta un periodo storico ormai logoro, a rischio di passare passatisti e sterilmente nostalgici?

A queste domande purtroppo non c’è una risposta fissa ma una serie di affermazioni possibili: gli anni ’60 tirano sempre e come afferma l’autore del libro in giro ci sono ancora molti giovani che si avvicinano con entusiasmo a quell’età con rimpianto per non averla vissuta. Altra risposta evidente sta nella sopravvivenza di una enorme fetta di pubblico oggi sessantenne che quegli eventi li ha vissuti in prima persona (beh più o meno, parlando degli italiani) e che quindi non mancherà di comprare il libro per tornare a respirare un po’ della gloriosa aria di quei giorni (e per rinfrescare le memorie più ammuffite l’autore non manca di inserire 2-3 pagine di eventi fondamentali dell’anno in questione, spaziando artificialmente da Neil Armstrong alla morte di Kerouac).

Infine c’è il motivo principale: Enzo Guaitamacchi. Cinquantadue anni suonati, fondatore dell’ultra-passatista mensile musicale specializzato JAM, nonché direttore artistico di eventi internazionali come Just like a woman. Praticamente un barone dell’editoria musicale, simbolo di una tendenza storicamente tipica dell’Italia: quella di essere sempre e comunque accademici e passatisti. Il paradosso è che un’opera del genere potrà addirittura apparire moderna per la maggior parte della gente che non è ancora venuta a conoscenza di rivoluzioni musicali come quelle dei Velvet Underground o della New Wave (cioè a occhio e croce nove su dieci). L’Italia musicale che si crede “colta” è rimasta agli anni ’70, al massimo al ’77, e Guaitamacchi ne è un emblema evidente, nonostante si azzardi a tentare improbabili paralleli tra Charles Manson e “l’epigono” Marilyn Manson.

Mi spiace inveire tanto contro questo Guaitamacchi. Io non lo conosco, non ce l’ho con lui, assolutamente. Tra l’altro il libro è scritto pure bene, ben dettagliato e circostanziato, a tratti proprio godibile per aneddotica e curiosità. Certo talvolta si raschia un po’ troppo il fondo del barile, come quando si arriva ad elencare dettagliatamente filmografie e bibliografie sui quattro temi in questione, oppure quando si aggiunge l’immancabile capitolo con la discografia consigliata con i “35 album epocali del 1969” (perché 35 poi? Perché non 20? O 30? O 50? E soprattutto con quali criteri la fai, permettendoti pure di lasciar fuori un disco come l’esordio degli Stooges?).

Ad ogni modo stiracchiamenti a parte il libro scorre bene. Non è la forma il problema, per carità, è proprio la scelta dell’argomento in sé che turba il sottoscritto, apparendo l’ennesimo libro carino e ben fatto ma totalmente estraneo a quello che vorrei. E quello che vorrei è che anche qua nello Stivale ammuffito si facessero libri di spessore e di ampia visione, magari andando a spulciare la scena new wave-punk italiana, quella sotterranea che oggi sta emergendo con raccolte come Silence over Florence, 1977-87 proiettili, Punk Italian Waves, o l’ormai famigerato The Great Complotto Pordenone.

Oppure un bel libro che racconti gli avvenimenti di costume del 2008, tò. Un libro che osi, che azzardi! Basta con gli anni ’60! Basta con i revival di Woodstock del ’94 e del ’99. Basta con i complotti e le storielle sulle morti più assurde delle rockstar ventisettenni. E basta pure con questi fottutissimi hippy. Abbiamo le palle troppo girate per apprezzare i fricchettoni ormai. Abbiamo bisogno di una cultura per l’oggi! Non dell’ennesimo sguardo facilone rivolto all’altroieri!

C Commenti

Non c'è ancora nessun commento. Scrivi tu il primo!
Effettua l'accesso o registrati per commentare.