A Live - Concerto-Racconto nella Basilica di San Vittore al Corpo

Live - Concerto-Racconto nella Basilica di San Vittore al Corpo

A neanche una settimana di distanza dall’entusiasmante concerto-compleanno al Palalido, Vinicio replica nella sua Milano, ad offrire però uno spettacolo completamente diverso, intitolato “Non c’è disaccordo nel cielo” e inserito nell’iniziativa chiamata “La musica nei cieli”. Inizialmente, il luogo dovrebbe essere la Certosa di Garegnano, sempre a Milano, ma viene spostato nella Basilica di San Vittore al Corpo, altrettanto splendida chiesa a pochi passi da Sant’Ambrogio e nella stessa piazza del Museo della Scienza e della Tecnica. Il motivo di questa scelta è ovviamente la capienza: tante le persone previste, anche perché il concerto è gratis. E infatti, ben presto si forma una fila molto folta, che anarchicamente avanzava. Nell’attesa, le cose più interessanti sono due artisti che prenderanno parte allo spettacolo fuori della chiesa e ascoltare una ragazza che racconta di come un barista l’ha rimproverata, accusando di empietà lei, Vinicio e tutti quelli che sono venuti a vederlo. Una volta entrati, si è potuto ammirare l’interno di San Vittore al Corpo, ringraziando Vinicio e gli altri organizzatori della kermesse, per il fatto di dare la possibilità di visitare un luogo così, forse poco valorizzato. Le porte continuano ad aprirsi, facendo traboccare dentro gente. Alcuni non sembrano avere una conoscenza così approfondita dell’artista.

Quasi puntuale, lo spettacolo inizia. Vinicio appare sull’altare, vestito in modo elegante, con un cilindro. Presenta la spettacolo: Non c’è disaccordo nel cielo-Offertorio natalizio per strumenti inconsistenti. E insoliti. I principali, sono il cristallarmonio, fatto con calici di cristallo e addirittura vietato in secoli passati, perché si credeva portasse alla pazzia, e l’immancabile theremin, che sta diventando uno degli elementi caratterizzanti della produzione caposselliana. Immancabile anche Glauco Zuppiroli, che suona un semplice contrabbasso, definito da Vinicio “la vanga”, di fronte alla spiritualità degli altri strumenti. Il pezzo di apertura è “Erbarme Dich”, cantato in tedesco, definita da Vinicio“la lingua più vicina al Cielo in questo pontificato”. Segue la tragica, poetica e lugubre “Santissima dei Naufragati”. Dopodiché, inizia la parte forte della serata, cioè il racconto intitolato “I Cerini di Santo Nicola”. Vinicio lo aveva già fatto nel Natale del 2000, alla Stazione Centrale per i barboni ed era stato proposto anche dalla radio. In breve, si tratta della storia di alcuni barboni ed emarginati che la notte di Natale, notte di festa, ma anche di “fantasmi e di solitudine”, si trovano e spinti dal calore e della luce dei cerini di una scatola trovata per terra (i cerini di San Nicola, appunto), cominciano a raccontarsi esperienze incredibili. Il racconto è simile a quello del 2000, con alcune varianti. Cambiano anche alcune canzoni, che questa volta vengono eseguite per intero. Lo spettacolo prevede una parti narrate seguite da un pezzo che ne è l’espressione in forma di canzone. Unica un po’ tirata dentro è “Dove siamo rimasti a terra Nutless”, in cui il nostro si autocensura. Per il resto, pesca molto da Canzoni a manovella, album in cui regnano proprio gli strumenti insoliti, antichi e non più al centro dell’attenzione. Come narratore, incanta, anche perché è bravissimo a cambiare la voce a seconda del personaggio intepretato.

Canta, suona, narra e ulula. Il pubblico si scalda e nella chiesa c’è un grande entusiasmo. Le luci, viola, verdi e blu offrono il proprio contributo alla serata. Ancora il mago Wonder, come al Palalido, ancora “Campanel campanel”. Altra cover: “Christmas song”. Verso la fine, Vinicio chiede al pubblico di schioccare le dita (lo fa in quasi tutti i concerti): il suono che ne esce riproduce quello della pioggia. E’ un sottofondo perfetto per l’ondeggiante “Nella pioggia” (di solito, lo fa per “La pioggia di novembre”), che si conclude con un ombrello nero aperto pieno d’acqua. Chiude naturalmente con “Ovunque proteggi”. Meglio, vorrebbe chiudere, ma il calore del pubblico lo richiama sull’altare/palco, dove esegue “Resto qua”. Poi, ricevuta l’ultima dose della giusta ovazione, riapre l’ombrello nero e va dietro l’altare.

Per approfondire: http://www.storiadellamusica.it

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