A Live - Giardini di Mirò - (Milano, 16 febbraio 2007)

Live - Giardini di Mirò - (Milano, 16 febbraio 2007)

Quattro ore di viaggio per giungere nella solare Milano (ringraziando le ferrovie dello stato che mi hanno concesso la fortuna di fermarmi a meditare un’ora nella ridente Chivasso) e cena saltata per arrivare al Rainbow in perfetto orario alle nove e mezza, ora di inizio. Ci sono i Giardini di Mirò e il prezzo è decisamente basso. Essendo rimasto folgorato da Dividing Opinions (già inserito definitivamente senza tanti problemi di metodo nella conclusiva top ten che stilerò per il 2007), avendo anche apprezzato i precedenti album e avendo infine anche trovato compagnia gradita al seguito non mi rimanevano motivi validi per rinunciare alla trasferta.

Entro nel locale e si comincia a chiacchierare amabilmente con vecchi compagni di concerti; qualcuno è già ubriaco, qualcuno già euforico, qualcun altro si lamenta per il prezzo della birra troppo alto. Quello che sorprende di più però è la quantità di gente che ha affollato il locale. Francamente non mi sarei mai aspettato un quasi pieno per i Giardini di Mirò.

Ad ogni modo ci si avvicina alle dieci e da adorabili cialtroni ci si chiede che fine abbia fatto tale Bob Corn l’apripista che nessuno sembra conoscere e sul cui nome volano battute poco dignitose (al limite se fa schifo gli buttiamo pop corn…). Non fai a tempo a riprenderti dalle convulse risate che arrivano dei ragazzi sul palco e ci si accorge che non è il gruppo di tale Bob Corn ma sono direttamente i Giardini di Mirò. Visibilmente addolorati dall’assenza dell’artista-spalla gli rilasciamo comunque tutti un grosso applauso quando Jukka Reverberi spiega che per qualche motivo arcano che non ricordo (è stato male forse? Boh.) non è potuto venire.

Dopo due secondi la band di Cavriago inizia a suonare e i divanetti grigio-perla si svuotano istantaneamente riversando sotto al palco la mole considerevole di pubblico.

Prime considerazioni: questo look indie ha un po’ rotto.

Il bassista mostra in continuazione il culo e non è una cosa bellissima da vedere almeno per il sottoscritto ma vabbè, sarà che è timido, sarà che ha particolare feeling col batterista.

Più probabile la prima però dato che proprio quest’ultimo sembra visibilmente soprappeso.

Nonostante le cattive impressioni iniziali si nota subito che in realtà Francesco Donadello picchia di brutto alla drum (e sinceramente ascoltando il disco uno non se l’aspettava).

Si nota però quasi subito come i cantanti siano entrambi un po’ giù di voce. Sarà che siamo a Milano ancora in pieno inverno, sarà che l’acustica del Rainbow non è granchè (cosa peraltro non lontana da verità), sarà che i ragazzi sono molto emozionati di fronte a sì vasta platea (come confesseranno alla fine prima di uscire di scena), saranno tutte queste cose, fatto sta che quando arriva la splendida Broken By si rimane un po’ delusi per l’inadeguatezza mostrata dall’ugola di Jukka Riverberi nel momento clou del pezzo. Problemi ancora più grossi li mostra però l’altro cantante Corrado Nuccini che di fatto stecca buona parte del concerto.

A parte queste manchevolezze più o meno grandi bisogna però ammettere che lo spettacolo complessivo offerto dai Giardini di Mirò è più che soddisfacente. Dopo tre ottimi pezzi dell’ultimo album come Dividing Opinions, Embers e Cold Perfection si gode in un viaggio fatto di passaggi shoegaze, ricordi delicati di post rock e spasmi chitarristici più interamente noise in cui il gruppo ripercorre alla grande il proprio passato musicale mostrando di trovarsi a suo agio sia suonando in maniera romantica e ipnotica creando atmosfere eteree sia nella furia emotiva del momento ricordando i migliori Marlene Kuntz. Uno scatenato Reverberi si scatena sul palco, danza, si agita, si esibisce in plastiche pose con la chitarra e in certi frangenti si esibisce anche come batterista aggiunto ad accompagnare l’ottimo Francesco Donadello. Una nota di merito va data anche al fratello di Jukka: Emanuele Reverberi che suonando con uguale passione e maestria violino e tromba aggiunge al suono un tocco di classe.

I momenti migliori del concerto sono verso la fine quando il gruppo si lancia in strepitose jam unicamente strumentali in cui il cosiddetto post rock si confonde, si strania e si dilata fino a toccare vertici di pura e semplice psichedelica.

Peccato solo che proprio sul più bello il gruppo se ne vada, dopo solo un’oretta di esibizione. Breve ma intenso direbbe il saggio nonnino. Il sottoscritto invece qualche critica in più la espone liberamente.

La serata al Rainbow viene chiusa cordialmente da quattro grossi armadi di colore che sbattono la gente a pedate fuori dal locale. Il tempo di scambiarsi due impressioni fumando una sigaretta e poi tutti a casa. Con in testa i deliri sonici di A new start…Buon segno.

Per approfondire: http://www.storiadellamusica.it

C Commenti

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carroarmadillo alle 11:09 del 8 agosto 2007 ha scritto:

Evviva!

Sono grandiosi, a me piacciono molto. Gran bella figura quando hanno aperto il concerto dei Mogwai lo scorso anno a Ostia Antica.