A Local Natives @ Estragon, Bologna (09/11/2013)

Local Natives @ Estragon, Bologna (09/11/2013)

C’è conforto, entrando nel locale, perché fuori, a Bologna, è finalmente arrivato il primo freddo. O forse sono solo le mie ossa ad amplificare percezioni – nel ricordo – perché qui, verso l’Estragon, camminai tenendo per mano la mia compagna di allora, nella neve e inverni fa, per un concerto che non ebbe mai luogo, date le incredibili condizioni del tempo.

È un fatto misterioso, ma i concerti sanno sempre di buono: lo avverto anche ora, sorseggiando una birra, muovendo i primi passi nell’ampio spazio mezzo vuoto. Probabilmente mi inganno, ancora una volta, e la mente accentua odori, fragranze, nella speranza e nell’attesa che la musica incominci, e agiti la pelle.

Non c’è il pienone, ma è un pubblico attento e assai partecipe, che a parte sporadiche eccezioni va dai venti ai trent’anni: molto giovane, dunque, come i Cluod Control figli di Australia che salgono sul palco alle 21:45. La breve Scream Rave è un potente biglietto da visita e fuga i dubbi di chi poco li conosce: la pasta di questi ragazzi è pregiata per maturità e qualità di suono, tutti fattori palesati a sorpresa nel recente, interessantissimo Dream Cave.

Seguono Dojo rising e la meravigliosa The Smoke The Feeling. Heidi Lenffer, nel suo solito maglioncino largo, ringrazia con un italiano incerto, leggendo da un foglio e suscitando l’esaltazione del pubblico. Altri due brani del primo disco (è un sogno ad occhi aperti There’s Nothing In The Water We Can’t Fight); poi Promises, il finale amabile di Scar, rinfrescata dal vivo. Appena mezz’ora esatta in tutto, trascinante e pregna di sorrisi.

I naturali cambi di assetto portano sul palco i Local Natives alle 22.50. L’atmosfera è calda fin da subito con la grinta di Breakers, inondata da percussioni penetranti. Impossibile star fermi mentre suonano praticamente l’intero Hummingbird, tra i migliori prodotti di questo 2013. Spiccano Wooly Mamooth per il ritmo travolgente, You and I per la batteria di Matt Frazier, incollato al suo golf turchese nonostante l'alta temperatura. Vibrante è Colombia, cantata con ardore, sfumata nella porpora delle luci, che subito dopo dipingono i cinque ragazzi di Los Angeles di un blu cobalto, nella distensiva Heavy Feet.

Costante è il connubio delle voci (Kelcey Ayer, che indossa una t-shirt con la scritta italiana “Io sono luce”, e Taylor Rice), nel rendere eclettico e diverso ogni singolo brano. Del passato Gorilla Minor rispolverano la parte iniziale (quella in verità migliore), in una continua dimostrazione di pathos e disciplina, senza note fuori posto, ed anzi sorprendendo soprattutto per l’alchimia delle chitarre. I Local Natives sorridono, affermano di essere a Bologna per la prima volta. Emozionano con Bowery, e sembra di essere a Manhattan. Rifiatano dietro le quinte per un paio di minuti, e rientrano per una sola canzone: Sun Hands è un congedo incredibile, spumeggiante, dilatato quasi fino ai 10 minuti, impetuoso negli assoli. 

La mezzanotte è passata da pochi minuti, lanciano il plettro nella folla e salutano. Se una pecca può essere rivelata, essa è forse la durata leggera e corta del concerto (neanche un’ora e mezza). Ma questi "nativi locali", oggi, sono quanto di meglio l’indie-rock planetario possa offrire. E sono stati minuti così forti e così intensi che fuori, adesso, pare che non sia poi tanto freddo. 

C Commenti

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hiperwlt alle 17:39 del 11 novembre 2013 ha scritto:

Bel report Jacopo, intimo e insieme lucido nell'analisi. Vero quel che dici in ultimo sui Local Natives: "hummingbird" è tra le vette di quest'anno, poco da aggiungere. E fa piacere sapere che siano in grado di proporlo a dovere anche sul palco.

salvatore alle 21:36 del 11 novembre 2013 ha scritto:

Bel report sui Local Natives (devo confessare che il cd è un po' sceso nei miei apprezzamenti, ma ricordo che partiva altissimo)! E, collegandomi a quanto detto da Jacopo e da Mauro, pur su piani diversi, anche "The Smoke, The Feeling" è tra le vette - considerando i singoli brani - di quest'anno. Senza dubbi, per quanto mi riguarda! A proposito, tra un po' faccio un salto su quella recensione... Concertone, questo. Quindi, invidia

Jacopo Santoro, autore, alle 21:41 del 11 novembre 2013 ha scritto:

Concordo: annovero certamente "The Smoke, The Feeling" tra i pezzi dell'anno. Instancabile.

Sor90 alle 21:46 del 11 novembre 2013 ha scritto:

E' uno di quei pezzi eterei che hanno trovato il giro giusto e potrebbero continuare all'infinito senza stancare (tipo Vapour Trail dei Ride, ma quello è un capolavoro assoluto). I dischi di entrambi (CC e LN) saranno probabilmente nella mia top 10.

13urz alle 16:02 del 20 marzo 2014 ha scritto:

Che scarsi, per carità.

Va bene che è un periodaccio di stasi per la musica, ma se questi sono il meglio dell'indie-rock planetario, avanti con l'iniezione.