A Magic Numbers - Una contro-recensione

Magic Numbers - Una contro-recensione

Non ti porta né fama né amicizia questo ruolo, tuttavia, sfortunatamente, a qualcuno toccherà pure, far la parte del pedante. Se si tratta del recente disco della tua band prediletta, che in più è una delle band più amabili del pianeta, l'esercizio si complica di più, perché i ricordi personali e l'affetto per il gruppo, ti rendono dolorosa la faccenda. Infatti, i Magic Numbers sono il “mio” gruppo dell’anno 2005, e, fatto probabilmente più rilevante, hanno causato una specie di terremoto nell’asfittico tran-tran della scena pop odierna.

I Magic Numbers riescono sorprendentemente a farmi ancora sorridere al pensiero del loro folgorante esordio. In breve, ammettiamolo, anche quelli che rifiutano il loro sapore zuccherino in reminescenza della dolcezza e naivité di artisti pop anni '60 come i Mamas & the Papas, la loro musica è in grado di regalare momenti di reale felicità, ascolto dopo ascolto. Non è esagerato dire che si fa fatica a trovare una canzone che non sia emozionante. Il numero di gioielli musicali in quel disco pare pressoché incalcolabile, che non si sa nemmeno quali selezionare per le tue compilation primaverili. Forever lost e The mule sono canzoni di valore assoluto, Don’t give up the fight è il primo picco agrodolce, laddove Love’s a game non può non essere ritenuto che un’emozionante e brillante showdown.

Comunque, parlare di highlights non rende l’idea. L’album nel suo complesso è, molto semplicemente, brillante. Ogni singola canzone è in perfetto equilibrio, travolgente e sorprendentemente varia. La voce maschile del frontman Romeo Stodart trova ideale controparte nelle dolci voci femminili che la contrappuntano. Pare che questa famiglia, fatta di due fratelli e sorelle, conviva, o perlomeno suoni, in perfetta armonia.

Altro fatto importante, i Magic Numbers non solo producono musica grandiosa: sono anche estremamente congeniali, rinunciando alla grandeur che recentemente sembra essere diventata parte essenziale dell’equipaggiamento dei gruppi indie (soprattutto inglesi), quasi a ricreare le produzioni genuine e la naivité di una volta.

E allora? Il gruppo, dopo un anno, nel 2006, ha fatto uscire un altro album e io, molto semplicemente, ho trattenuto il fiato. Ovviamente, dopo un primo album come The Magic Numbers , pareva impossibile creare qualcosa di meglio. Già potevo sentirmelo nelle ossa che Those the Brokes sarebbe stato una delusione. La prima canzone parte in pieno stile Magic Numbers e anche il resto dell’album tenta allo stesso modo di ritrovare le dolci melodie che “potevano essere cantate sotto la doccia”. Comunque, qualcosa manca. I testi sono nella stessa vena, malinconica ma positiva del predecessore, eppure sembrano ripetitivi. Soprattutto, ciò che irrita di più, è la mancanza di armonia: il magico equilibrio si ritrova in alcune canzoni ( You never had it, Take a chance ), ma altrove ( Carl’s song ) qualcosa non quadra, il tocco si fa troppo dolce, troppo armonioso in un certo senso, a ricreare a tutti costi un effetto analogo a quello dell’esordio. E a certo punto, mentre sei lì che ascolti Boy , scopri che ti sei stancata di testi che parlano di cuori spezzati.

L’equilibrio tra dolcezza e tristezza è andato perduto, diciamolo chiaro, svuotando così in gran parte il piacere dell’ascolto. Una canzone come Undecided non fa che peggiorare questa sensazione. Non che il pezzo sia completamente privo di charme, ma la reminiscenza dei Jackson Five non è certo piacevole.

Comunque, proseguendo nell’ascolto a consolarmi arrivano Slow down, Most of the time e – picco agrodolce del disco - Let somebody in - con cui i Magic Numbers tentano (questa volta con successo) di ricreare l’atmosfera magica di Don’t give up the fight . E sicuramente, l’album si rivela una scelta più soddisfacente rispetto ad una marea di dischi ben più blasonati.

Premi di consolazione a cui aggrapparsi strenuamente, e per me e gli altri "pignoli", non resta altro da fare che sperare che la “magia” torni col terzo album.

Per approfondire: http://www.storiadellamusica.it

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