A Meganoidi - Report Live

Meganoidi - Report Live

Meganoidi @ Sherwood Festival - 24/06/2009

Ora è sicuro: a gettare discredito sui Meganoidi sono i fan della prima ora. Quello che, all’inizio della serata, sembrava essere solo un sospetto, durante il concerto e alla sua conclusione si tramuta in certezza. Questo perché, signori, il fatto che nelle prime quattro date del loro tour la band non abbia suonato nessun pezzo dei primi due album la dice lunga sulla maturità raggiunta dal quintetto genovese. Dimenticatevi gli allegri motivetti ska sulla scia dell’inno “Supereroi Vs. Municipale” o le hit come “Zeta Reticoli”: quello che ora esce dalle casse dei Meganoidi è rock intenso, potente, deciso come pochi altri. Il vizio, tutto italiano, di etichettare a vita qualcuno o qualcosa basandosi su determinati aspetti della sua carriera, siano essi i più famosi o i più esecrabili, si riconferma in tutta la sua villania. A farne le spese è solamente il gruppo stesso, del quale molti ricorderanno solamente gli inizi, contribuendo a mantenere nell’ombra dischi validi ed ispirati come il sorprendente EP “And Then We Met Impero”, del 2005, o l’ultimo “Al Posto Del Fuoco”, dell’anno in corso. Un peccato, visto che i frutti prodotti sono decisamente interessanti e, anche se talvolta ancora legati a stilemi del passato, del tutto personali.  

Il parcheggio nord dello Stadio Euganeo, da sempre sede dello Sherwood Festival, nonostante le ampissime dimensioni non fa davvero fatica a riempirsi. Gente di tutte le età, ragazzi, donne, uomini, persino bambini, in attesa del concerto: un risultato che gli stessi Meganoidi commenteranno con sorpresa, più tardi, in quanto notevolmente più alto della media di metà settimana. Poco dopo le dieci la formazione sale, composta, sul palco: non c’è tempo dei saluti che subito parte “Altrove”, opener dell’ultima fatica discografica. Una perizia strumentale sorprendente, che accompagna gli agili – ma pur sempre melodici -  ghirigori post-core del brano, subito sbigottisce la platea. È la prima volta – ma non sarà l’ultima – in cui mi sento una mosca bianca. Il pezzo funziona, salta, aggredisce, ma gli applausi sembrano poco convinti, e calano ulteriormente (il sottoscritto sarà uno dei pochi a fare eccezione) quando il complesso attacca prima con “Dighe”, rock cantautorale dei migliori, e poi con “Dune”, dall’andamento lento e strascicato, quasi slow-core. Nemmeno il singolo “Aneta”, chitarra mordace a macinare un riff corposo e recitato post-adolescenziale, riscuote il successo che avevo previsto. All’improvviso una ragazza davanti a me mette le mani a mo’ di megafono, davanti alla bocca, e grida: “Supereroi!”. Ahia: siamo solo al quarto brano, e questi vogliono già la hit. Qualcosa non va, lo si capisce, ma la colpa non è del gruppo (Davide Di Muzio fa un sorriso e la annuncia a più tardi), bensì della mentalità della stragrande maggioranza degli spettatori, arrivati con uno spirito totalmente diverso da quello che è, a tutti gli effetti, il nuovo corso dei Meganoidi.  

Non è passata nemmeno mezz’ora dall’inizio del live, che già i cinque decidono di dare una svolta alla scaletta: persistono, fortunatamente, i pezzi nuovi (“Scusami Las Vegas” e ancora di più il nervosissimo basso di “Ima-Go-Go” trascinano come non mai), ma sono mescolati con canzoni tratte, in gran parte, da “Into The Darkness, Into The Moda”. Prevedibile come non mai, il pogo si scatena sulle note di “Do You Believe” e “Meganoidi”: lo scrivente viene tirato in mezzo e, nella concitazione, gli cade pure la macchinetta fotografica, che puntualmente verrà sgraffignata da mani ignote e mai più ritrovata (a proposito: se volete proprio essere gentili, sappiate che faccio gli anni il 29 dicembre!). Ma ritorniamo a noi: si percepisce, adesso, un feeling totalmente diverso. L’elettricità è nell’aria, ed esplode come una bomba all’arrivo della tanto agognata “Supereroi”, esercizio di goliardia che, a otto anni di distanza, non lascia niente più che un sorrisino distratto: ne siamo consapevoli, probabilmente, solo io e qualcun altro. Il reflusso trabocca di entusiasmo, ed i Meganoidi ne approfittano per gettare nella mischia prima “Mia”, il pezzo più debole di “Al Posto Del Fuoco”, poi l’ormai celeberrima e gradevole “Zeta Reticoli”, accolta con un unico, grande urlo.  

Ma i Meganoidi, non giriamoci attorno, non rappresentano più questo. Per chi abbia un minimo di occhio clinico, la cosa è ben avvertibile direttamente sul palco. I ragazzi suonano gli anthem con passione e coinvolgimento, ma una patina di freddezza emotiva aleggia nell’esecuzione, segno che ora i gusti non saccheggiano più questi lidi. A ragione. “Dai Pozzi” e “Al Posto Del Fuoco” sono impressionanti, l’una per il peso delle parole, l’altra per la collisione sonora, quasi stoner, che fa scatenare la folla di sotto. Eppure sembra non bastare: ancora tutti a chiedere un bis del vecchio corso. Di Muzio scompare, per un attimo, nel backstage, ed i membri rimasti imbastiscono un breve ed interessante strumentale, perso nel disinteresse della gente, che si trova addirittura a gruppetti per chiacchierare sotto il palco, mentre i ragazzi stanno suonando (!). Alla fine, la soluzione proposta è quella di un colpo al cerchio ed uno alla botte: vengono riproposte sia “Supereroi” (la folla giubila come nemmeno i pulmini di suore accorse per l’Angelus) che, al fulmicotone, “Altrove”, ancora più lucente ed incisiva che all’inizio.  

Il set è finito, le persone cominciano a spargersi in giro per lo spiazzo. Poco importa, alla fin fine, che sia uno dei pochi ad accorgermi che la vera risposta è stata la seconda, non la prima. In the name of rock’n’roll.

Per approfondire: http://www.sherwood.it

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