Miura - Live (La Casa139, Milano, 16-11-09)
Ma perché mai con tutti i gruppi che ci sono in giro bisogna andare a vedere proprio i Miura? Bella domanda no? Ce ne potrebbe essere anche una preliminare, che sicuramente molti di voi avranno già espresso: “ma chi cazzo sono i Miura?” Cominciamo a rispondere all’ultima questione: i Miura sono un gruppo italiano nato nel 2003 che ha esordito su disco nel 2005 con In testa, seguito nel 2008 da Croci e ora dal terzo lp intitolato semplicemente 3.
Qual è la loro peculiarità? Che non sarebbero esistiti senza il successo dei Verdena. Più che altro perché non avrebbero avuto un referente principale cui ispirarsi in maniera pressochè assoluta. Come dire insomma che i Miura sono la dimostrazione del fatto che i Verdena, che piaccia o meno, una certa influenza sul rock italiano l’hanno avuta. La cosa che stupisce un po’ è che l’età media dei componenti del gruppo sia piuttosto alta, ben oltre la trentina a occhio e croce. Altra cosa curiosa è che il centinaio di persone che si sono presentate all’appello per il concerto in questione si assesta anch’esso sullo stesso livello anagrafico.
Un pubblico di vecchi insomma (con tutti il rispetto per i pluritrentenni, che in fondo non c’è più la diffidenza o la cattiveria nei loro confronti che poteva esserci fino a trent’anni fa), per un gruppo vecchio che però si ispira ad una band giovane che suona rock semi-adolescenziale. Così io, ancora più dalla parte degli –enti che dei –enta mi ritrovo incredibilmente in imbarazzo tra la mia ragazza ventenne che mi ha trascinato a questo concerto (capito ora perché mi sono ritrovato a sentire i Miura?) che apprezza tantissimo e un branco di uomini barbuti e mezzi calvi che scuotono la testa come fossero ancora ai tempi del liceo.
Curiosità sociologiche a parte non si rimane comunque con una pessima impressione del gruppo, che nonostante la già citata perversione-ossessione per i Verdena mostra una discreta capacità tecnica, trovando nel chitarrista Killa un ottimo punto di riferimento. Non altrettanto carisma sembrano mostrare il batterista (che si limita al compitino) né tantomeno il cantante Max Tordini, i cui acuti (e in certi casi leggere stonature) non riescono minimamente ad appassionarmi.
L’acustica non perfetta e spesso approssimativa (colpa un po’ del locale un po’ di un approccio un po’ troppo casereccio) non migliora certo le cose, anche se in fin dei conti i muri noise-stoner che traspaiono qua e là riescono a colpire nel segno dando scosse che mi ridestano dal torpore. Giusto per concludere: il gruppo saluta il pubblico con due cover dei Verdena. C’era da dubitarne?
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