A Noi siamo l'Alfa e l'Omega - Intervista alla Squadra Omega - pagina 1 di 2

Noi siamo l'Alfa e l'Omega - Intervista alla Squadra Omega (1/2)

Se la Squadra Omega riesce a rilasciare tre dischi (i primi tre di sette?) in un anno, a far suonare improvvisazioni come dischi composti e xilofoni come theremin, a resuscitare vecchi dipinti del 1977 e ancestrali miti egizi, a smarcarsi con gusto e, allo stesso tempo, imporsi senza possibilità di replica su quella che la critica di casa nostra ha definito Italian Occult Psychedelia, forse conviene fare due chiacchiere con i ragazzi. Per chiarire tutti i nostri dubbi, per soddisfare tutte le nostre curiosità. Il copione, naturalmente, prevede il più classico dei finali aperti: per cui mettetevi comodi, fate girare sul vostro piatto questi dischi e leggete, di seguito, le puntuali risposte di Andrea.

1) Che questi tre dischi siano usciti lo stesso anno, a poche settimane di distanza l’uno dall’altro, è un fatto su cui – a mio avviso – si può anche sorvolare. È l’ascolto a porre nuove questioni: “Altri Occhi Ci Guardano” sembra la materializzazione di quell’oggetto che ne “Il Serpente Nel Cielo” viene dipinto, in “Lost Coast” appena tratteggiato. Voi pensate a questa tripletta singolarmente, o come un unicum, una sorta di catena progressiva?

Sono tre dischi diversi, a sé, nati e sviluppati in modalità differenti. Ovviamente siamo sempre noi e quindi una certa impronta rimane. Sicuramente “Altri Occhi Ci Guardano” può essere una sorta di compendio degli altri due dischi, considerato il lungo lavoro di rifinitura in studio.

2) Per certi versi, “Il Serpente Nel Cielo” sembra quel disco kraut-jazz che l’Italia non ha mai avuto: suggestivo ma, allo stesso tempo, ben più concreto di quanto si lascia intendere in giro. Avevate in mente qualcosa di specifico cui riferirvi, nelle sessions di registrazione?

Qui no. Semplicemente avendo base all'Outside Inside Studio abbiamo la possibilità di registrare qualsiasi cosa, anche e soprattutto sessions spontanee senza particolari riferimenti.In questo caso ci siamo resi conto che avevamo fatto un disco che poteva uscire per una Ecm piu drogata. Ovvero per Holidays.

3) Mi interessa il sostrato mitologico che si percepisce dietro a “Il Serpente Nel Cielo”, l’idea dell’uroboro, del rettile celeste. Il vostro è più un gioco autoironico e parodistico, à la Jodorowsky, o come Stefania Pedretti degli OvO avete una sincera passione per queste tematiche archetipiche, ancestrali? Leggete letteratura nel campo?

Il Serpente Nel Cielo” si riferisce ad un mito egizio, ma preferiamo lasciare all'immaginazione le eventuali verità nascoste.

4) Se uno si fermasse ad ascoltare solo “Il Serpente Nel Cielo” riuscirebbe, forse, ad incasellarvi dentro l’autodeterminatasi scena dell’“Italian Occult Psychedelia”, su cui torneremo più avanti. Poi, però, arriva “Lost Coast”, e cominciano i problemi. Com’è nata l’idea di questa soundtrack? Conoscevate già M. A. Littler?

Lo conoscevamo perché anni fa aveva girato dei video per i Mojomatics. Quando ha sentito la Squadra ci ha messo a disposizione le registrazioni di alcuni suoi racconti che abbiamo poi usato in alcuni pezzi. Insomma, è più o meno il nostro paroliere. Poi ci ha chiesto di fare la colonna sonora di “Lost Coast”, secondo lui eravamo le persone adatte per farlo. La genesi è stata travagliata ed il confronto a volte aspro, ma quello che ne è venuto fuori ha soddisfatto tutte le parti in causa.

5) Nell’immaginario di Mojomatics e in quello di Movie Star Junkies c’è, fortissima, l’idea di una certa America, più roots e malinconica da un lato, più sordida ed oscura dall’altro, contraddittoria e controversa. Ho l’impressione che questa fascinazione sia penetrata in “Lost Coast” ben oltre la semplice necessità di musicare un documentario interamente girato sulle spiagge degli USA. Mi sembra – e l’impressione si rafforza con gli ascolti – che la matrice di questo suono non sia tanto il post rock ambientale, il drone o il kraut, ma un prototipo di americana strappato dal suo contesto originario, alienato, reso completamente astratto, sulla scorta di quanto stanno facendo artisti come T. G. Olson degli Across Tundras, o drcarlsonalbion (Dylan Carlson degli Earth). È come leggere Thoreau con gli occhi di Faulkner. Ho ragione a pensarla così?

Prima di tutto, vorremmo chiarire che Squadra Omega è una cosa a sé rispetto alle nostre esperienze passate. Per inciso, i due Mojomatics sono parte integrante della Squadra, mentre i Movie Star Junkies sono sempre stati esterni alla cosa. Il bassista, che al tempo condivideva lo studio di registrazione con Matt, ha suonato la sera delle registrazioni di “Tenebroso”, e poi basta. Per questo motivo non ce la sentiamo di tirare in mezzo l'immaginario di un gruppo esterno, seppure si tratti di nostri amici. Quando è uscito “Tenebroso” abbiamo citato i vari gruppi delle persone che avevano suonato nella sessione, da li in poi c’è stato un copia incolla online che a sette anni di distanza ancora persiste e provoca confusione. Riguardo al tuo ragionamento, i nostri riferimenti musicali e culturali sono indubbiamente anche americani, e sappiamo che in parte si riflettono nel nostro modo modo di suonare (e anche su come abbiamo imparato/stiamo imparando a suonare). Al tempo stesso siamo consapevoli di essere nativi di altre lande e di avere altre tradizioni  attorno, ed altri ascolti. Posto quindi che “Lost Coast” non è una riflessione sull'America (almeno per noi), di certo non non si può negare che una parte della grammatica musicale del disco sia di derivazione roots, ovviamente filtrata e mescolata a tutto il resto. Anche gli strumenti impiegati hanno delimitato il campo. Ci è stato espressamente chiesto di non usare synth o batterie complete, dunque si trattava di fare un disco prettamente chitarristico, cosa che abbiamo fatto a modo nostro.

6) Anche gli spazi del documentario di M. A. Littler sono, al contempo, estremamente concreti (si sprecano i dettagli) ed estremamente astratti (l’assenza di tangibile impronta umana li rende quasi alieni). Sono, per certi versi, “non luoghi”, come li chiamerebbe Marc Augé. Forse perché la stessa America, terra di una frontiera che non esiste, di una conquista che non esiste mai, paradiso ed inferno terrestre, è un unico, grande “non luogo”? Come ragiona un musicista non americano quando deve rappresentare l’America, come avete fatto voi?

Per noi “Lost Coast” parla dell'uomo e del suo rapporto con ciò che lo circonda, ovunque esso sia. Dunque non intendevamo rappresentare l’America, non ci abbiamo davvero mai pensato. Poi, chiaramente, appena suoni in un certo modo ti vengono in mente quei riff, quell’immaginario, ed il gioco sta appunto nel limitare il tutto ad un richiamo distante, anche perché, secondo noi, è davvero tanto rischioso far l'americano a Roma.

7) “Lost Coast” dà voce ad un film senza soggetto. Ma se dovessero, un giorno, proporvi la sonorizzazione di un film a soggetto, che film vorreste fosse, con quale regista vi piacerebbe lavorare?

Werner Herzog, ovviamente la stiamo sparando un poco grossa.

Per approfondire: https://www.facebook.com/squadraomegaband?fref=ts

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