A Pendragon @ Stazione Birra, Roma - 27/04/2011

Pendragon @ Stazione Birra, Roma - 27/04/2011

Che i Pendragon non si curassero  per nulla della loro immagine,  credo che fosse cosa risaputa. Il look grezzo, un po’ trasandato e fuori peso forma (almeno per quanto riguarda i 2/4 della band: Nick Barrett, voce e chitarre, e Clive Nolan alle tastiere) fa da contraltare all’agilità di muoversi attraverso complesse architetture. Le atmosfere sognanti, evocanti psichedelici panorami e bucolici scorci di progressive inglese, sono rese, in contesto live, con grande energia, senza badare troppo a quei raffinati ricami che in studio invece sono resi in modo cristallino. Sicuramente la formazione lascia trasparire un grande piacere nell’eseguire tanto i recentissimi brani da “Passion” (da cui vengono estratti Passion, Empathy, This Green And Pleasant Land, uno dei vertici della serata), quanto dal penultimo “Pure” (la lunga suite Comatose, a dire il vero non proprio riuscitissima neppure in studio,  The Freak Show e l’eccellente Indigo come primo bis): i Pendragon evidentemente sentono di aver iniziato un nuovo corso nella loro carriera, forse avendo indurito un po’ il tiro ma anche avendo rimescolato le carte, riducendo la dose di romanticismo e rendendo più densi gli arrangiamenti e serrate le ritmiche (ad opera del bravissimo Scott Higham, con loro dal 2009, opportunamente sorretto dal poderoso basso dello “storico” Peter Gee). La gioia nel riconoscersi pienamente nel nuovo materiale è quasi tangibile.

I Pendragon, come la maggior parte delle band al mondo,  non hanno rivoluzionato la Storia della Musica: il loro contributo rimane onestamente riconducibile ad un universo che già al meglio ha brillato nel decennio che ha preceduto la loro costituzione.  È innegabile il grande seguito che sono riusciti ad ottenere, specialmente fra 80s e primi 90s, fra coloro che si ritenevano delusi dalla sorte commerciale toccata a molti dei giganti (dinosauri?) dei Seventies e che proprio non si riconoscevano nella modernità che quegli anni colorati e spumeggianti parevano propinare. Così per molti fra i presenti a Stazione Birra è stata una emozione pura riascoltare molti di quei pezzi che hanno dato vita ad uno degli album più apprezzati dei Pendragon, “The Window Of Life” (1993) di cui sono state eseguite la toccante Ghosts, l’anthemica Nostradamus e la sempre coinvolgente The Last Man On Earth (uno dei momenti più alti dell’intero set).  If I Were The Wind è stato l’unico passaggio dall’apprezzabile “Not Of This World” del 2001, mentre la chiusura affidata a Paintbox da “The Masquerade Overture” (1996) è stato il definitivo scacco matto al pubblico, a quel punto in obbligo nel far partire una ovazione finale.

Non nego di essermi trovato molto più a mio agio e in sintonia con la svolta inaugurata da “Pure” (la prima copertina artisticamente valida, dopo decine di “quadri” con tutti gli stereotipi del progressive): niente di nuovo sotto il sole, per carità, però l’aver ridotto le parti eccessivamente ridondanti e rievocative di un passato glorioso che, in fin dei conti, non è appartenuto ai Pendragon, ha a mio avviso giovato ad una reinterpretazione più moderna dei loro ideali sonori.

Per approfondire: http://www.pendragon.mu

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