A Pink Floyd - Monografia - pagina 2 di 14

Pink Floyd - Monografia (2/14)

Ciò che più colpisce di questo disco, capolavoro della musica contemporanea, è la sua eterogeneità umorale, il suo spaziare dai toni dimessi e tragici di "The Scarecrow" al titanismo cosmico di "Astronomy Domine",il cui inusuale ritmo in 12/8 aperto ai magniloquenti chitarrismi di Barrett e al pulsare ininterrotto del basso, costituisce una vera folgorazione per il rock inglese del periodo, nonchè il punto di maggior tangenza dell'album con quanto verrà dopo nella produzione floydiana.

La chitarra aggressiva e magniloquente è anche il marchio di fabbrica di "Lucifer Sam", brano molto più convenzionale nella struttura ritmica rispetto ad "Astronomy", ma che l'organo in sordina rende comunque evocativo.

I toni e gli umori si fanno particolarmente acidi nello schiamazzo minimalista di nacchere e voci sconnesse di "Pow Toch", brano free form e allucinato, e nella watersiana e un pò confusa "Take Up Thy Stetoscope And Walk", secondo capitolo di una triade che culmina nell'odissea strumentale di "Interstellar Overdrive", uno dei pezzi più estremi dei Floyd, ispiratore della spasmodica ricerca timbrica dei Faust di "Krautrock".

L'incipit del brano è affidato alla ruggente chitarra di Barrett, un riff che subito si dissolve nel panismo totale, nel panismo dove ogni strumento, libero di muoversi sconnesso e senza limiti, finisce per deflagrare nell'adimensionalità, appena appena scandita dal pulsare ora del basso ora della chitarra.

Ma ecco che, quando tutto sembra essere definitivamente "lontano", il pulsare si ricompone nel ruggito iniziale, chiudendo secondo un movimento circolare (o meglio sarebbe dire "a spirale") questo inquietante e prometeico affresco dell'"andare oltre".

L'album termina con l'ennesimo "scherzo" barrettiano, l'anarchica "Bike", caratterizzata da un ritornello altalenate e da una potente coda di rumorismo bizzarro, degna dei deliri freak redcrayolani di "Parable Of An Arab Land" o del meraviglioso vortice che chiude a sorpresa "Stg Pepper".

"The Piper At The Gates Of Dawn" riscuote sin da subito un discreto successo negli ambienti della Londra alternativa, ma durante un estemporaneo tour in America Syd comincia a dissociarsi dal resto del gruppo, manifestando segni evidenti di un grave squilibrio psichico.

Sembra lecito azzardare l'ipotesi che non fu semplicemente il consumo di droga a devastare la personalità di Syd, già di per sé complessa e ipersensibile come la personalità di ogni genio, ma una congerie di fattori, non ultimo il terrore dell'inaridimento dell'estro creativo e la frustrazione per il ruolo oppressivo di rock-star.

In particolare se il nuovo singolo "See Emily Play" rivela ancora tutta la freschezza creativa del miglior Barrett, "Apples and Orange" è oggettivamente un flop.

Syd ormai è, a tutti gli effetti, un estraneo nella sua stessa band: non suona più, non risponde alle interviste, si dissolve nel silenzio.

Il gruppo decide, in piena crisi, di ingaggiare un chitarrista da affiancare a Barrett e opta per una vecchia conoscenza dello stesso Barrett: David Gilmour, nativo di Cambridge, già conosciuto per aver fatto parte di numerosi gruppi minori.

Pur avvolta da una cappa di precarietà ed incertezza, la band pubblica nel giugno del 1968 il secondo album, "A Saurceful Of Secrets", formalmente con il contributo di Barrett. L'album, per quanto da molti considerato minore del predecessore, rimane, per molti versi, uno dei vertici della produzione floydiana.

Gli umori psichedelici di The Piper si fanno più seriosi e minimali, più forti le reminescenze della tradizione classica, le atmosfere surreali alla Lewis Carrol e l'ironia ambigua barrettiana vengono timidamente soppiantate ora dai toni sinuosi e rilassati prefiguratori di "The Dark Side Of The Moon", ora da un espressionismo aspro, teutonico (non a caso la titletrack viene considerata un faro imprescindibile dai gruppi tedeschi dei settanta).

Per approfondire: http://www.storiadellamusica.it

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arquimede alle 20:39 del 30 marzo 2007 ha scritto:

Marco, i miei complimenti più sentiti, hai fatto un gran bel lavoro

Moonlight Love alle 0:11 del 19 luglio 2007 ha scritto:

Ogni ulteriore commento sarebbe superfluo:i Pink Floyd sono dio!!! Ottimo lavoro,bravissimo!

Giuseppe Ienopoli alle 13:31 del 7 luglio 2017 ha scritto:

... mi era sfuggita ... quasi una tesi di laurea, il periodo è quello giusto, e un diario di bordo per una navigazione consapevole nel fluido rosa!

... rito propriziatorio alternativo!

Vito alle 0:06 del 23 febbraio 2020 ha scritto:

Il mio gruppo preferito di tutti i tempi. A seguire sonic youth,can, suicide e naked city