A Skip James - Monografia

Skip James - Monografia

Un’aura di mistero avvolge i più grandi musicisti blues americani forse proprio perché il blues è frutto di violenza e oscurità. Una sofferenza che nasce dai soprusi dei padroni bianchi per poi sfociare nel dolore personale e intimo come se fosse un passaggio dal pessimismo cosmico a quello individuale. Un lamento, una preghiera diabolica, un canto triste e disperato.

Skip James è uno degli artisti principali della scena blues americana, uno dei più originali, drammatici e moderni allo stesso tempo. Dal carattere riservato e solitario, non gradiva confrontarsi con altri musicisti né scambiare pareri musicali. Era orgoglioso e confidava molto nel suo operato, ma non immaginava quanto la sua vita potesse essere imprevedibile.

Nehemiah Curtis "Skip" James nacque vicino Bentonia, nel Mississippi, nel 1902. Figlio di un pastore cattolico, già da bambino mostrava di avere un forte interesse per la musica e grandi capacità, infatti in breve tempo imparò a suonare l’organo. Per vivere iniziò a lavorare come operaio alla costruzione di strade e dighe, un lavoro duro e alienante che ispirò la sua prima canzone “Illinois blues”. Crescendo si dedicò ad un tipo di agricoltura (lo “Sharecrop”) e alla produzione e al commercio di liquore di contrabbando, lavoro chiamato “Moonshine” perché chi vi partecipava era costretto a darsi da fare di notte, illuminato solo dalla luce della luna.

Il puritanesimo sempre crescente negli Stati Uniti degli anni ’10 contrastato dalla piaga dell’alcol di quel periodo costrinse il governo a proibire la produzione, il trasporto e la vendita di bevande alcoliche (XVIII emendamento del 16 gennaio 1919). Il proibizionismo, però, diventò un terreno fertile adatto alle radici profonde della mafia causando cruenti delitti e sparatorie che hanno ispirato numerosi film come “gli intoccabili” e “vento di passioni”.

Tornando a Skip, un giorno decise di partecipare ad un concorso per musicisti. Cantando le parole “I’d rather be a devil than to be that woman’s man” vinse un contratto con la Paramount Records e un biglietto del treno per raggiungere gli studios a Grafton. La sala registrazioni consisteva nella soffitta di una fabbrica di sedie. Fu in quel posto che sviluppò una tecnica assolutamente innovativa chiamata “three-finger-picking”, cioè suonava la chitarra pizzicando le corde con tre dita. Usava melodie in re minore aperto e il giro re-la-re-fa-la-re che dava un tono desolato e buio alle sue composizioni che contrastava con il suo falsetto toccante ma anche a tratti inquietante. Era capace di mescolare blues e spiritual e di realizzare cover di cui cambiava testo e parole per renderle sue, per personalizzarle al massimo grazie ai suoi virtuosismi e ai suoi lamenti, come ad esempio “I’m so glad” che in origine era “I’m so tired” di Art Sizemore e George A. Little. In quella notte del Febbraio 1931 ci fu una sessione che divenne leggenda. Furono registrati più di 10 pezzi tra cui “Devil got my woman”, “Cherry ball blues” e “22-20 blues” (e quest’ultima sarà ripresa da Robert Johnson). Le canzoni furono realizzate voce e chitarra o voce e piano, strumenti che egli suonava ugualmente bene in modo unico, straordinario e innovativo. Quella sessione fu retribuita con soli 40$ ma lui tornò a casa felice come un re che avesse conquistato il mondo.

Purtroppo la crisi economica degli anni ’30, la grande depressione aperta dal crollo di Wall Street a New York il 24 ottobre 1929, fece si che la produzione americana fosse superiore alla vendita, quindi la tempesta travolse anche il mercato discografico che non permise a Skip di raggiungere il successo tanto sognato. Così, deluso dalla sua esperienza musicale, abbandonò completamente il blues e cominciò a bere. Fu ingaggiato come leader del coro della chiesa del padre e infine decise di diventare pastore di anime, ministro del culto battista e metodista. Diffuse la parola del Signore cantando di lui “He’s a mighty good leader” e canzoni come “Cypress grove blues”.

In realtà era già un mito ma lui era l’unico a non saperlo: in Europa il blues esplodeva mentre i bluesmen d’America non riuscivano neanche a guadagnarsi il pane. Poi ci fu un cambiamento per lui e per musicisti come Blind Lemon Jefferson e Son House: furono rivalutati e riscoperti grazie ad una sorta di blues revival. Dopo trent’anni di astinenza dalla sua chitarra nel 1964 Skip si esibì al Newport Folk Festival. Nonostante non avesse toccato la sua chitarra dagli anni ‘30 ai ‘60 suonò come se non avesse mai smesso di farlo. Sfortunatamente però era gravemente malato e in quella occasione era stato “trascinato” dall’ ospedale di Tunica al Festival di Newport, ma aveva il cancro e doveva essere operato. Nel 1965 i Cream effettuarono una sua cover (“I’m so glad”) e il ricavato della vendita di quella hit permise a Skip di essere operato e di vivere altri tre anniin cui realizzò due album e riregistrò le sue vecchie canzoni col suo inconfondibile falsetto, legato alla tradizione degli hollers, che si accosta a note gravi e profonde. Cantò delle sue esperienze, era povero ma pieno di orgoglio, come tutti i bluesmen americani, e in più fu un precursore poiché parlò di una realtà più vasta della sua vita, il suo lamento non era semplicemente sinonimo di una sofferenza individuale poiché parlò di fenomeni che interessarono tutta l’umanità, parlò di guerra e di cambiamento: le parole “God… help my brothers in Vietnam, maybe they kill their brothers and they don’t know” cantate in “Vietnam blues” sono una preghiera contro la violenza e inoltre si impegnò contro il razzismo. Alcune sue canzoni si dice che affondino le proprie radici nei canti dei soldati delle Bahamas della prima guerra mondiale.

Morì nel 1969 ma con un sogno che si realizzava. Non solo era diventato famoso ma la sua musica avrebbe influenzato tantissimi bluesman e continua a condizionare musicisti ancora oggi.

“Devil got my woman” portò Robert Johnson a scrivere “me and the devil blues”, una delle pietre miliari del genere, anche se lo stile di Skip è differente da quello del Delta Blues (infatti è esponente della scuola di Bentonia come Jack Owens). Alla base di queste canzoni c’è la violenza contro le donne, viste come oggetto, un tema che rappresenta una pagina oscura nella storia del blues:

"Preferirei essere il demonio piuttosto che l'uomo di una donna così.

Preferirei essere morto, sepolto tra i cipressi,

che avere una donna che non riesco a dominare"

oppure

I would rather be buried in some cypress grove

To have some woman, Lord, that I can't control

When your knee bone's achin' and your body cold

Means you just gettin' ready, honey, for the cypress grove”

canta Skip James. Il diavolo è la donna che non rispetta le leggi dell’uomo e che quindi merita di morire.

Nel parlare di influenze più recenti, invece, non si può evitare di citare Beck e il suo album anti-blues “one foot in the grave” in cui compare come pezzo di apertura “he’s a mighty good leader”, splendida versione dalla chitarra scordata di “Jesus is a mighty good leader”.

Un altro artista che si ispira a Skip è Chris Thomas King, pioniere del rap-blues che ha venduto 10 milioni di dischi tra cui le colonne sonore di “Ray” e “Fratello dove sei” oltre ad essere l’interprete del grande musicista B.W. Johnson nel film sul blues “soul of a man” di Wim Wenders.

C Commenti

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uova alle 8:05 del 21 luglio 2007 ha scritto:

skip

è splendido vedere che qualcuno ha ancora voglia di parlare di lui e confrontarsi con la sua opera.. ottimo articolo..