A Steven Wilson - Insurgentes - The Movie (DVD, KScope-Audioglobe, 2010)

Steven Wilson - Insurgentes - The Movie (DVD, KScope-Audioglobe, 2010)

Se c’é un artista nella scena alt-prog pienamente cosciente delle proprie potenzialità, autoreferenziale, egocentrico, con un senso della direzione ostinatamente percepito come rivolto al centro del proprio universo, con una idea molto forte della propria immagine e del proprio immaginario, questo è Steven Wilson. Non che ciò non gli abbia permesso di lasciare un solco profondo nella musica degli Anni ’90 mettendo a punto una formula di reinvenzione del prog-rock di stampo psichedelico, in parte in grado anche di sovvertire certe regole del gioco: allo stesso, già nell’incipit del nuovo millennio, Wilson ha iniziato a provare questo forte sentire della propria personalità e della propria arte che, a soli pochi anni della data di pubblicazione degli originali, lo a portato ad architettare la ristampa di tutta la discografia dei Porcupine Tree (in differenti versioni successive, deluxe o no, con fiumi di bonus track…) e parallelamente a raddoppiare, triplicare, quadruplicare i propri fronte d’azione (giusto i no-man erano precedenti ai PT e hanno continuato ad esistere fino ad oggi): ormai non c’é più alcuna soluzione di continuità fra i suoi impegni come produttore, la militanza nei BlackField (band la cui leadership è condivisa con il cantante israeliano Aviv Geffen), il progetto ambient-elettronico Bass Communion e dallo scorso anno la carriera a proprio nome.

Ed è da qui che prende il via questo egocentrissimo documentario, da un album eccellente come “Insurgentes”, che non ho esitato a definire il miglior album che i Porcupine Tree non hanno mai realizzato negli Anni Zero. Già nell’edizione lussuosa del lavoro era incluso un DVD con il “core” di questa edizione estesa (circa 80 minuti) che oggi ci apprestiamo a guardare, diretta dall’alter ego visivo di Wilson, il fotografo e regista Lasse Hoile, a cui in passato è stato concesso persino di rivisitare (rifare) le copertine di album dei PT già usciti da anni. Tutto gira intorno a Sua Maestà: riprese di trasmissioni televisive, incontri con gli artisti della sua cerchia, sproloqui sul senso della musica, ritratti di famiglia inglese, visite alle location del film stesso con il fido Hoile, interviste, confronti con altri musicisti e produttori (Trevor Horn), sessioni fotografiche, conferenze stampa, chiacchiere con la fidanzatina messicana, gite in barca con la fidanzatina messicana, intimità in albergo con la fidanzatina messicana (senza troppe concessioni, purtroppo o per fortuna), incontri con i fan e annesso rituale degli autografi, finte rehearsal in pseudo solitaria, frammenti di concerti dei Porcupine Tree, ritorno “da star” alla scuola che ha avuto l’onore di ospitarlo adolescente (ci sarà rimasto male scoprendo che non gli hanno intitolato il liceo?), viaggi nei meandri onirici, con maschera da rapace o senza, a seconda delle preferenze. Un unico protagonista comunque.

Ma la parte migliore, in cui l’attore Wilson da il meglio di sé è la lunga, lunghissima tiritera-invettiva contro la musica in mp3. Sermoni e interviste attorno a questo suo ritrovato integralismo nella purezza della fede musicale. Avrei preferito sentirlo parlare, anche dettagliatamente, dei suoi album, dei suoi progetti, magari intervistato da giornalisti un po’ meno asserviti ai suoi discorsi: purtroppo non è così, e tutti i giornalisti presenti in questo film (?) stanno zitti e annuiscono. E così la crociata contro l’mp3 e la bassa qualità della musica trova il suo culmine nella purificatrice distruzione dell’iPod (strumento a lungo usato da Wilson): e via alle differenti versioni dell’atto di annientamento dell’infernale strumento... a martellate (due diversi dimensioni di martelli), a fucilate, passandoci sopra con la macchina, bruciandolo con la benzina, incenerendolo con la fiamma ossidrica. Salvo poi apparire nei fotogrammi costantemente affiancato dal suo fido Macbook: mi verrebbe da chiedergli perché vietare agli utilizzatori dell’iPod di caricarci sopra file non compressi come gli wav o gli aiff dei propri dischi. Ma probabilmente il potere più dirompente sta proprio nelle sue virulente parole di repulsione, che evidentemente inducono ad abbassare le difese: magari poteva anche provare a distruggere l’iPod provando a parlargli per venti minuti di seguito. Diciamo che trovo abbastanza ridicola questa invettiva se ciò appare poi propedeutico a spremere i fan con una pletora di ristampe di DVD, DVD-A, mega-deluxe-editions, bonus cd con sopra anche una sola canzone a chi preordina mesi prima i suoi lavori (come è anche il caso di codesto DVD).

Sono personalmente convinto che la cultura dell’mp3 abbia peggiorato realmente la qualità dell’ascolto e degli ascoltatori, avendo anteposto la quantità dei dati scaricati e immagazzinati e avendo fondato l’imperativo dell’ammucchiare più di quanto si possa mai effettivamente fruire in una vita umana. Senza ovviamente contare i danni fatti a piccole e oneste label, come anche ad artisti “davvero indipendenti” che si ritrovano il proprio album on-line settimane prima della release ufficiale. Eppure Steven Wilson non riesce ad apparire credibile, centrando tutto il nocciolo della questione attorno al discorso della qualità degli mp3. Come a dire che il problema del traffico a Roma è legato al fatto che le troppe macchine in doppia/tripla fila sono brutte o di qualità scadente. Se poi qualcuno trova da guadagnarci aprendo autostrade private progettate da Lasse Hoile, è un altro paio di maniche.

Inoltre Steven Wilson sa anche trovare l’occasione giusta per auto-lodarsi anche sulla sua perizia grafica, spiegandoci per filo e per segno come lui curi ogni singolo aspetto dell’arte musicale. E si confronta con tutto e con tutti, trovando persino il coraggio definire “OK Computer” dei Radiohead come un grande album ma che ha una copertina e una grafica, testuali parole, "di merda" e quindi veramente deludente. Parla degli stereotipi e dei cliché delle cover dei dischi delle metal band, troppo dominate dall’approccio dark. Ecco dice tutto ciò, senza neppure rendersi conto di quando questo Signor Lasse Hoile (a cui forse fa dipingere anche la sua carta igienica), stia rendendo piatto tutto l’universo visivo dei Porcupine Tree a partire da “In Absentia” fino ad oggi, senza riuscire ad escogitare una via di uscita dalla sua visionarietà gothic-chic.

Lo sappiamo Steven Wilson è un maniaco del suono. Anche stavolta, ce lo sentiamo ribadire fino all’ossessione. Ma effettivamente in questo documentario, Wilson ci dimostra di saper portare alla perfezione anche il suono del parlarsi addosso. Ma se Wilson percepisce sé stesso come una icona (per tutti i motivi descritti), già da una decina di anni a questa parte, arrivando oggi a partorire un documento del genere, cosa dovrebbero fare personaggi realmente carismatici come Peter Gabriel, Brian Eno, Robert Fripp, Neil Young, e mi fermo qui, con quaranta anni di una carriera capace realmente di rifondare il concetto stesso di musica rock?

Per approfondire: http://www.insurgentesfilm.com/documentary-film.html

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