A The Antlers @ Komplex 457, Zurigo (18/10/2014)

The Antlers @ Komplex 457, Zurigo (18/10/2014)

Zurigo è baciata dal sole, così che è quasi caldo, il lago luccica e fa felici i cigni, è l’estate che ancora sopravvive, non-esistono-più-le-mezze-stagioni, dicono bene quelli che di meteo ne sanno. C’è ancora il sole, dunque, quando si entra nel Komplex 457, piccolo locale sotterraneo, il sole bacia noi e bacia i magri campanili delle chiese zurighesi, questi svizzeri fanno tutto molto presto, fanno tutto molto adagio, bere, mangiare, camminare, vedere le partite e andare ai concerti, che iniziano alle 19 e alle 22 sono belli e finiti, fortuna che abbiamo rispettato con rigore l’orario del biglietto, “puntualità svizzera”, si dice, e si dice saggiamente.

Agli Antlers apre Marika Hackman, biondina ventiduenne britannica, che talvolta mi ricorda Dolores O’Riordan quando ingrossa la voce, che ha le Converse più sporche delle mie, che ha la tipica timidezza di una cantante ancora troppo acerba. Suonicchia mezz’ora, per lasciare il posto a Silberman e compagni quando, a casa nostra, non sarebbe che l’ora dell'aperitivo. Mi sono di fronte, gli Antlers, finalmente, respinti dall’Italia (speriamo-di-venirci-presto, mi dicono a fine serata), ho fatto cinquecento chilometri, per raggiungerli, io viandante devoto, magnifico pellegrinaggio, meta delle mete, bagno di emozione con catarsi finale. Mi sono di fronte, finalmente, i newyorkesi dai dischi incredibili, e quest’anno ne hanno fatto uno che – diciamolo pure, siamo ormai in vena di religione – è un miracolo, una grazia, una manna dal cielo; un disco che già salta, nello stereo e in auto, perché logoro, consumato, fedele compagno estivo, dovrei prenderne un altro, dovrei anzi prenderne una sfilza, di questi dischi chiamati Familiars, che sputano brividi dalle casse e che rendono le giornate meno amare.

Questa sera, a Zurigo, Familiars è suonato quasi integralmente (manca solo Intruders), con l’aggiunta di due pezzi da Hospice (2009) e tre da Burst Apart (2011), così che sono tredici brani in tutto: scarna prestazione, si potrebbe pensare, ma invece c’è tanta carne, la carne che trema, la carne che vibra, la carne che si fa pelle d’oca. Le canzoni sono oggi estese, dilatate, cambiate anche in meglio, per tensione emotiva, rispetto alle registrazioni in studio; Silberman è speciale alle chitarre (Stratocaster o Starcaster, entrambe nere, dagli effetti portentosi), gli accordi jazz prendono la piega di un pop barocco, o di un rock molto soft, talvolta onirico e riflessivo; le trombe sono maestose, il concerto è di quasi due ore, il pubblico svizzero è un po’ freddino, c’era da aspettarselo, ma gli Antlers appaiono comunque soddisfatti, è la loro prima volta qui a Zurigo.

Palace perde un po’ di pienezza dal vivo, ma rimane uno dei pezzi dell’anno. In brani come Hotel o Revisited, le tastiere fanno da basso, dato che gli americani ne sono sprovvisti per scelta. Su Kettering l’emozione comincia a crescere, con Director siamo alla perfezione compositiva e all’estasi sentimentale, Putting The Dog To Sleep è il suono che dovrebbe avere ogni supplica d’amore, Refuge quasi saluta, c’è ancora il tempo per Epilogue, mai nome fu più azzeccato, tanto allungata, climax spettacolare, stupendo commiato, qualcuno chiede che si faccia Sylvia, ma Sylvia non c'è, stasera.

Peter Silberman, che amoreggia spesso col microfono, mi lascia un plettro (firmato D’Addario) e forse già pensa a Friburgo, a Brighton, a Birmingham, alle date che verranno, Zurigo in fondo è solo una tappa, una sosta, un tassello, è solo un briciolo d’emozione. Per me è stata tanto, questa Zurigo che ora non è più baciata dal sole, che ha un lago che di notte luccica comunque, ma di luci artificiali, questa Zurigo in cui imbarazza attraversare la strada sulle strisce, per il rispetto che del pedone hanno le auto, questa Zurigo in cui ho visto più Ferrari in due giorni che in due anni, questa Zurigo che costantemente profuma di cibo, che ha insegne dai suoni secchi e sconosciuti, che pullula di benessere, che mi invita a tornare. Tutto ciò mentre nei tram così chiari e così rapidi, tra una fermata e l'altra, pare risuonare ancora Familiars. Che oggi è dappertutto e dentro me, carillon sempre vivo, mai scarico, colonna sonora di un'estate che è andata, e di tutte le estati e delle stagioni che verranno. Grazie Peter, grazie Svizzera: arrivederci a entrambi.

  

Scaletta:

Palace

Doppelganger

Hotel

Kettering

No Widows

Director

Revisited

I Don’t Want Love

Parade

Surrender

Putting The Dog To Sleep

-  -  -  -  -  -  -  -  -

Refuge

Epilogue

C Commenti

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hiperwlt alle 16:05 del 23 ottobre 2014 ha scritto:

Ormai non sorprende più la tua padronanza stilistica, Jac: report bello e intenso - invidia!

salvatore alle 12:54 del 7 novembre 2014 ha scritto:

Invidia pure io! Il mio rapporto con gli Antlers è cambiato grazie all'EP "Undersea" - che li ha avvicinati alla mia sensibilità: una sorta di chiave di lettura che mi mancava -, per arrivare con "Familiars" (un lavoro meraviglioso, nei piani altissimi della mie preferenze del 2014) ad un amore totale. Credo che adesso dovrò provare a riascoltare anche gli album precedenti in una luce differente (forse aveva ragione Francesco quando non capiva il mio scarso trasporto nei loro confronti).

Se ci fossi stato io li avrei picchiati, però: insomma, suonano tutto l'album e mi lasciano fuori la dolcissima "Intruders", che è tra le mie preferite dell'album (sul "and why'd I need to" mi emoziono sempre).

Bravi, bravi davvero loro, ricercati, eleganti e raffinati, capaci di una musica esteticamente bella. E bravo Jacopo per il trasporto con cui ci ha raccontato il concerto