Una freccia spezzata: la fugace avventura dei Buffalo Springfield
Buffalo Springfield Again, cantava Neil Young su Silver And Gold, in uno sfogo di nostalgia canaglia agli inizio di questo secolo. Con le reunion di gruppi storici e non ormai fuori controllo, sembrava che anche il leggendario gruppo californiano potesse tornare insieme, ma il buon Neil ebbe la saggezza di confinare nei suoi labirinti lirici tale amarcord, e di non barattare la sacralità di quell epopea per un po di fama spiccia.
Già, perché i Buffalo Springfield sono stati indiscutibilmente uno dei protagonisti più significativi della sfavillante stagione westcoastiana, benché la loro parabola sia stata relativamente breve, e abbia funto da trampolino di lancio per le brillanti prosecuzioni dei più talentuosi tra i suoi membri. Una manciata di album sono stati però sufficienti a rilasciare nell assolata aria californiana magici brandelli musicali.
Il gruppo si forma a Los Angeles nel 1965. I canadesi Neil Young e Bruce Palmer, arrivati in California assieme a una manciata di amici hippy a bordo di una Pontiac adibita a carro funebre, ritrovano nella città del sole lo spaccone texano Stephen Stills, col quale avevano bazzicato nei locali folk di Toronto, e con gli innesti di Richie Furay e Dewey Martin il gruppo è praticamente fatto. La ragione sociale è scelta in onore di una macchina escavatrice testimone del fatale ritrovo.
La scena del Golden State è particolarmente feconda allepoca: il lascito della British Invasion è ormai stato metabolizzato, i Byrds stanno scuotendo la tradizione folk elettrificando le canzoni di Bob Dylan, i Beach Boys si accingono a creare il modello definitivo di armonie vocali e perfezione pop mentre da San Francisco si avverte lepicentro tellurico del montante sisma psichedelico.
Trovando un assetto stabile con la duttile sezione ritmica composta da Palmer al basso e da Martin alla batteria, e con un trio di cantanti-chitarristi composto da Young, Stills e Furay, i Buffalo si tuffano a capofitto nel magma sonoro del periodo, alla ricerca di una propria peculiare cifra stilistica: una ricercata commistione in grado di superare le barriere del folk-rock per esplorare lidi di volta in volta acidi, estatici e cupi, con un sound dinamico e melodicamente incisivo che si regge sulla dirompente personalità di Stills e sulla introversa e diamantina vena di Neil Young: una dicotomia in sede di songwriting che porterà a risultati splendidi.
Dopo un periodo passato a farsi le ossa in vari concerti (anche di spalla ai Byrds), nel 1966 arriva il debutto omonimo. Un album che in qualche frangente paga pegno alla giovane età dei suoi autori, ma già comunque in grado di imporre il marchio di fabbrica della band: armonie vocali da favola, intrecci chitarristici taglienti e pastosi (ad esempio in Go and say goodbye, country-rock futuristico che batte i Byrds sul loro stesso terreno), una maestria già notevole nellampliare il canovaccio folk con influenze latine e jazz ( Everybodys wrong), o di costruire stralunati ed accattivanti slanci onirici ( Flying on the ground is wrong). Benché spesso oscurato dal giogo dellamico-rivale Stills, anche Young inizia a emanciparsi in autore di vaglia: Nowaydays Clancy cant even sing in particolare è il primo capolavoro del Canadese ( cantata però da Furay): la storia di una ragazza afflitta da sclerosi multipla, resa con una maturità sorprendente in un nevrotico caleidoscopio di emozioni ( alienazione, rifiuto, speranza) dilatato da una miscela che alterna sapientemente sontuose accelerazioni, echi spagnoleggianti e allucinazioni pop. Una pietra dangolo per il suono westcoastiano, una sicura influenza ad esempio per i Love di Forever Changes, album alla cui stesura Young tra laltro avrebbe brevemente partecipato.
Manca però a Buffalo Springfield un brano di punta, in grado di lasciare cinicamente il segno. A questo viene incontro il contesto storico dell epoca. Nel Novembre 1966 i malcontenti giovanili per lescalation americana in Vietnam iniziano a dilagare, e gli
scontri tra poliziotti e manifestanti nel Sunset Strip ispirano a Stephen Stills la composizione di una riflessiva ballata in merito: For what its worth.
Chi non lha mai sentita almeno una volta, tra film come Forrest Gump, Nato il 4 Luglio e un qualsiasi documentario sui favolosi Sixties? Theres something happening here/ what it is aint exactly clear . Tanto il brano sintetizza in 150 secondi il sound dei Buffalo (un maligno e circolare riff acustico di sapore bluesy che deflagra nel celebre ritornello), tanto cattura felicemente lo spirito turbolento del periodo, il chiedersi appunto per cosa vale la pena?, rivolto sia allestablishment che ai rivoltosi, con uninquietudine tipica di buona parte della gioventù americana prima del 68. Versi come Paranoia strikes deep /Into your life it will creep /It starts when you're always afraid /You step out of line, the man come and take you away illustrano bene il concetto e catapultano in un baleno i Buffalo Springfield nellimmaginario collettivo.
For what its worth viene subito inserita come traino allalbum di debutto, e ormai Stephen è sempre più leader. La partecipazione al Festival di Monterey certifica la centralità dei nostri nella scena californiana, benché in tale occasione Young venga sostituito da David Crosby dopo lennesima lite con Stills.
Luomo dellOntario torna nei ranghi per la registrazione del nuovo album. Nonostante le bizzarrie di cavallo pazzo Neil e i problemi di droga e visto dello scoppiato Palmer, il capolavoro è nellaria e infatti Buffalo Springfield Again, uscito nel dicembre 1967, è tra gli apici artistici di quellirripetibile anno. Le dieci composizioni qui presenti da un lato metabolizzano le esperienze precedenti, e dallaltra sfuggono a qualsiasi semplicistica definizione, anche in ambito westcoastiano. Dalle cangianti armonie flower power della celeberrima Rock and roll woman (l acme compositivo di Stephen) alle ruvide pistolettate western di Mr. Soul (cinica e toccante auto-confessione di Neil), dal vibrante canto libero di Bluebird ( con intermezzo dal sapore latino di Stills da brividi) alle stupefacenti congerie di acide intuizioni tra blues e jazz di Hung upside down e Everydays alla rarefatta nenia agreste di A childs claim to be free (il miglior pezzo di Furay), è quasi sempre il texano a condurre le danze. Neil riesce però a rubargli la scena con due arzigogolati numeri psichedelici, registrati con lausilio del produttore Jack Nitzche, noto come Phil Spector in acido, col quale Neil collaborerà in seguito su Harvest, senza eguagliare tuttavia tali vette.
Il passo lento e malinconico di Expecting to fly si regge su celestiali orchestrazioni e su divagazioni lisergiche, forgiando un archetipo basilare del pop, a partire da tutti i gruppi indie neo-psycho ( Grandaddy, Mercury Rev, Flaming Lips).
Broken arrow inaugura invece la peculiare epica americana di Young, in una frenesia iridescente in cui si rincorrono gli spettri dellamerican dream e i tormenti del canadese, giostrati magistralmente dal suo inconfondibile falsetto. Questa sublime composizione pianistica, intervallata da bizzarri campionamenti per sfociare in una coda zappiana, suggella alla perfezione il disco, e con esso di fatto lavventura dei Buffalo.
Il 1968 è infatti lanno della dissoluzione, prima Bruce Palmer viene rimpiazzato da Jim Messina, e poi i contrasti tra Young e Stills portano allinevitabile scioglimento. Esce quindi Last Time Around, epitaffio in cui svettano due ballate younghiane On the way home e I am a child che col loro nitore acustico prefigurano uno dei lati più felici della sua futura carriera solista, ma che non aggiunge granché alla leggenda. Sulla quale cala il sipario dopo lultimo concerto alla Long beach Arena il 5 maggio.
Stills a quel punto afferma il suo talento di strumentista nelle Supersessions con Al Kooper e Mike Bloomfield , quindi si unisce a Crosby e Nash in tempo per cogliere loceanica acclamazione della Woodstock generation, cooptando lanno dopo lo stesso Neil in modo da litigare e rincorrersi artisticamente come ai bei tempi.
Luomo dellOntario a sua volta incide un album solista poco fortunato ( benché splendido),e poi troverà lalchimia perfetta con una garage band losangelina che ribattezzerà Crazy Horse. Neil ìilluminerà i freddi anni 70 in molteplici sfaccettature larmonia dellonda hippie, il dolore e le illusioni spezzate negli abissi di droga e morte, la rinascita con la tempesta di feedback di Rust Never Sleeps per arrivare con invidiabile smalto fino ai giorni nostri, mentre il fuoco creativo di Stephen si spegnerà inesorabilmente. Meno memorabili le tracce lasciate dagli altri membri.
Furay e Messina formeranno i Poco, brillante combo country rock laddove lo svitato Palmer darà alle stampe un unico lavoro, The Cycle Is Complete: perla nera plasmata da una apocalittica e pazzesca psichedelia, estratta da una convulsa e pirotecnica jam con membri dei Kaleidoscope (USA), un album tanto morbosamente bello quanto ingiustamente dimenticato, per poi tornare nelloblio, fino alla morte avvenuta qualche anno fa.
Cosa rimane dei Buffalo Springfield, oggi? Il lascito di un gruppo eclettico e irruento, visionario e incantevole, epitome della concezione del rock come sturm und drang del XX secolo. Cinque musicisti figli di unepoca irripetibile e capaci di tracciare sentieri sonori che non cessano di illuminare chiunque ancora ci si addentri.