A Velvet Underground - Biografia e Analisi dell’Opera - pagina 3 di 5

Velvet Underground - Biografia e Analisi dell’Opera (3/5)

3.La Banana

L’esordio della band, intitolato “The Velvet Underground & Nico” e prodotto da Warhol in persona, è probabilmente il disco di musica rock più influente e importante che sia mai stato registrato. Sulla bianca copertina campeggia una banana disegnata dal vate della pop-art, nei solchi del vinile sfilano 11 canzoni che cambieranno per sempre la concezione di musica.

I tintinnii di “Sunday Morning”, brano scritto da Reed per la voce di Nico (ma poi cantato da Reed stesso con voce un po’ effeminata), immediatamente possono sia rassicurare per la melodia che gelare per l’atmosfera e il tlang metallico. E’ la presentazione del viaggio ora alla luce del sole, ora al buio dell’inquietudine, che l’ascoltatore percorrerà tra paesaggi gelidi e sussulti della psiche. “I’m Waiting for the Man” è la prima discesa agli inferi. Il “The Man” in questione non è nient’altro che lo spacciatore, e la canzone è semplicemente una descrizione di un incontro tra il tossico e il suo pusher di fiducia. Musicalmente è un boogie impiantato sulla percussività (batteria-chitarre e piano) e l’acidume delle chitarre, che fanno da sottofondo al cantato abulico e quasi recitato di Lou Reed. “Femme Fatale” è un’immortale ballata affidata alla voce di Nico (e a chi, se no?), con tanto di cori e accompagnamento mittleuropeo, dal tocco vagamente francese. E’ il primo contatto con la voce di Nico, così maledettamente imperfetta, spigolosa ma allo stesso tempo dolce e attraente (non a caso si parla di una femme fatale). “Venus in Furs” è certamente una delle composizioni più importanti di tutta la musica rock: atmosfera opprimente, ossessiva, malandata, testo che parla di pratiche masochiste, perversioni, schiocchi di frusta, stivali di cuoio e compagnia bella. La musica è dominata dalle chitarre malate e dalla viola angosciosa di Cale, ed è sostenuta da un battito lento e inquietante. “Run Run Run” è un brano fondamentalmente semplice, a confronto con gli altri, ma viene torturato un po’ nel finale da feedback che squarciano la cavalcata della canzone. E’ una sorta di presa d’aria, chiusa immediatamente dalla spettrale “All Tomorrow’s Parties”, affidata alla gran sacerdotessa Nico. E’ un’apparente fiaba, ma potrebbe benissimo portare la mente ad un sacrificio votivo, ad un’orgia, ad un mantra, ad un funerale. Non è eccessivo vedere in questo brano un’anticipazione della musica dark. I suoni mistici, funerei, magistralmente impreziositi dalla voce di Nico, ne fanno uno dei brani più moderni e più in anticipo sui tempi. “Heroin” è semplicemente un altro capolavoro. Gli accordi stavolta sono due, ora arpeggiati, ora suonati a mo’ di jingle-jangle, ora lenti ora veloci, assecondati da una ritmica che cambia e che a sua volta sostiene una voce che parla, come dice il titolo, della dipendenza da eroina. Così resta straordinaria l’invocazione estatica all’eroina, fatta da Reed che prima dichiara entusiasta che l’eroina lo fa sentire “figlio di Gesù”, poi appunto la invoca quasi rassegnato ma in estasi, un’estasi paranoica ed autodistruttiva. E’ forse il punto massimo del disco: musica e parole vanno a braccetto, crescono e calano insieme, salgono e scendono sui gradini di una psiche malata. Il clima viene stemperato per un po’ dal Merseybeat di “There She Goes Again” e dalla ballata “I’ll Be Your Mirror”, cantata da Nico su arpeggi delicati e sensuali con una voce che semplicemente farebbe capitolare il più inaccessibile dei cuori. Il finale è affidato alle declamazioni beat di Reed sul baccanale “The Black Angel’s Death Song”, litania che si regge sulla viola tagliente di Cale, e soprattutto a “European Son”, otto minuti di puro caos influenzati profondamente dal free jazz (Coleman in testa), dove la melodia viene sfregiata, l’ordine pure, l’iniziale dialogo basso-chitarra anche. Il tutto per approdare sulle plaghe desolate del caos.

Per approfondire: http://www.storiadellamusica.it

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