A Verdena @ Latteria Molloy (Brescia) - 10/04/15

Verdena @ Latteria Molloy (Brescia) - 10/04/15

Inanellare sold out pressoché ovunque non è cosa normale, specie se suoni in Italia e ti muovi su un piano liminale tra sostrato indie ed esposizione mainstream. Specie se esci con un disco come “Endkadenz Vol. 1”, sporco e saturo di nero primordiale. Ma si sa, i Verdena da noi sono un’eccezionale anomalia da ormai vent’anni, che più forza la propria estrosità compositiva (il percorso degli ultimi otto anni) più raccoglie meritati consensi.

Basta l’attacco di “Ho una fissa” per mettere le cose in chiaro: nessun compromesso nel ricreare quel dedalo autistico che è il suono del loro ultimo disco; amplificatori sparati al massimo, suoni estremi sempre a picco, parte vocale nascosta negli strati delle ritmiche (un Luca Ferrari pestante e tribale sui binari motorik dei nuovi pezzi) e dai giri acidi delle chitarre di Alberto Ferrari. Dissonante l’effetto, benché coerente con l’estetica raggiunta in studio dai bergamaschi.

Sicché la piccola e accogliente Latteria Molloy (locale di punta della scena bresciana, un plauso agli organizzatori per aver reso lo show vivibile) vibra paurosamente ad ogni rintocco del basso di Roberta Sammarelli, il quale proietta onde enormi e oscillazioni da mozzare letteralmente il fiato.

Il concerto va come un mantra, pescando principalmente dalle ultime tre produzioni in studio: da “Endkadenz” otto pezzi, sei da “Wow”, quattro da “Requiem”. Del primo “Sci Desertico” mostra tutta la violenza acuta di un fuzz che, live, spicca decisamente rispetto al risultato su disco; l’incipit di “Derek” si confonde, giocoso e psych, coi sobbalzi tellurici di “Rossella Roll Over”.

Dal doppio i Verdena recuperano soprattutto i pezzi più frontali (“Attonito”, “Lui Gareggia”, la stessa “Rossella Roll Over”) e al contempo propongono una versione di “Razzi Arpia Inferno e Fiamme” maggiormente fisica (la chiosa) e il solido new new wave deviato in armonie ‘60s di “Loniterp”.

Proposte, da ”Requiem“, soprattutto le instant: “Muori Delay” (davvero a fare il paio con “Un po’ Esageri”), la brutale “Don Calisto”, le circolarità ipnotica di “Caños” ed “Angie”, a scapito delle composizioni più lunghe e stratificate. Una tipologia di brani, questa, protagonista in “Endkadenz”, che nella coda di “Rilievo” (interrotta una prima volta) raggiunge l’acme assoluto: loop tribalistici a go-go e impasto esoterico, Alberto Ferrari da psicosi orale ingoia il microfono vocoderizzando il cantato, creando un effetto scenico da catarsi subito.

Il pubblico responsivo partecipa con sing-along ad oltranza, anche sui pezzi della prima stagione – ad esempio “Nel mio Letto”, dove spicca l'apporto del nuovo turnista della band, Giuseppe Chiara, lucido lungo tutto il concerto nel districarsi tra passaggi di tastiere e sei corde; oppure “Luna”, trascinata dal pubblico sulla spinta di un riff di basso dal fascino sconfinato.

I beat incavati di “Funeralus” chiudono un live dissonante, in cui gli intenti estetici sovrastano i desideri dei più di ritrovare un sound pulito e definito in ogni dettaglio. Nessun compromesso: questi, oggi, sono i Verdena.

(Un grazie a Nicola Legati per la fotografia)

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