A Vetiver e Fruit Bats - Report Live

Vetiver e Fruit Bats - Report Live

Live@Unwound Padova

Intro: In poco più di un lustro il cosiddetto “freak folk” è indubbiamente entrato a far parte degli ascolti di molti. Basti pensare ad acclamate band come Okkervil River, The Dodos, Grizzly Bear ed Animal Collective, che hanno saputo accostare sapientemente strumenti e melodie classiche di derivazione popolare a forme quanto più sperimentali, sino a sfociare nell’elettronica. Intorno al 2002 c’è un nome che emerge nella stampa e che si infiltra canali musicali televisivi facendo parlare di sé, sia per le spiccate doti canore e compositive che per l’aspetto che più anacronistico non si poteva.

È Devendra Banhart. Le sue innumerevoli collaborazioni hanno dato vita ad un interessante progetto nel 2004, chiamato “The Golden Apples of the Sun” che vedeva la partecipazione delle più rilevanti formazioni del New Weird America, questo nuovo modo di mischiare psychedelia, noise, elettronica, al folk primordiale. La prima traccia è affidata ad un giovane amico di Devendra, Andy Cabic, in arte Vetiver, che ha l’onore di duettare con una delle voci più seducenti del rock, Hope Sandoval.

La splendida “Angel's Share” non poteva essere che il modo migliore per presentare questo artista, che lo stesso anno fa uscire il suo primo disco chiamato semplicemente “Vetiver” (DiCristina , 2004). L’ombra di Devendra è ancora presente in tutto questo primo lavoro e ci vorranno due anni perché Cabic porti alla luce quello può essere considerato una delle più interessanti opere da lui compiute sino ad ora, ossia: “To Find Me Gone” (Di Cristina, Fatcat Records 2006).

Seguiranno altri due lavori, uno nel 2008 che consta nella trasposizione di alcuni brani del repertorio classico folk (Derroll Adams, Bobby Charles, Elyse Weinberg, Garland Jeffreys, solo per citarne alcuni..) e il nuovo arrivato Tight Knit (Sub Pop, 2009).

La serata inizia intorno alle 23.00. L ‘Unwound, locale patavino ricavato da uno spazio industriale , è solito proporre orari alquanto crepuscolari per le sue performance, e arrivando attorno alle 22.45 non mi stupisco affatto di non vedere anima viva all’entrata. Il tempo di due chiacchere e di uno spritz (che vi sconsiglio vivamente poiché pare che in codesto luogo acqua e vino figurino come la medesima sostanza) e il palco viene occupato dal gruppo “spalla”, una manciata di facce simpatiche che rispondono al nome di Fruit Bats. Li conobbi tempo addietro più o meno quando uscì il loro secondo lavoro “Mouthfuls” (Sub Pop 2003).

Non sono un grande conoscitore del gruppo e sarebbe un po’ azzardato giudicarli con cosi pochi elementi in mio possesso, ma bisogna dire dal live a cui ho assistito che certamente la preparazione è tanta. Una nota di merito va senza dubbio alcuno al poliedrico Ron Lewis, questa sera in veste di tastierista. L’unica pecca può essere ricondotta alla voce di Eric Johnson, particolare ma vagamente alla Kevin Barnes, e che, disgraziatamente su questo pubblico non ha proprio gli esiti sperati. Dispiace che neanche quaranta persone abbiano accolto cosi fievolmente la prima volta in Italia (e primo tour in Europa dopo quasi dieci anni di carriera!) di questi pipistrelli della frutta. Da segnalare l’ottima realizzazione di “The ruminant band”, una canzoncina blues (che da il nome alla loro ultima fatica) piacevolmente dilatata e dal gusto alquanto affine ai loro connazionali The Shins.

L’atmosfera sembra risvegliarsi con l’ingresso dei cinque Vetiver. La pista si riempie, mantenendo come spesso accade “a casa nostra” le giuste distanze dal minaccioso palco (vai a capire perché quando non si è fan sfegatati di una band si tende ad allontanarsi come si soleva fare tra i banchi di scuola..) I cinque si presentano con “Rolling Sea”, il suono è caldo e piacevole, la lieve voce di Cabic carezza e penetra, guadagnandosi un fragoroso applauso ed consenso di tutti. “Sister” del primo album seguita da “Everyday”, uno dei più bei singoli del loro ultimo lavoro, nonostante siano state realizzate a quasi cinque anni di distanza confermano ancora una volta la direzione sonora intrapresa dai Vetiver, canzoni dai ritmi semplici e facili all’infatuazione, nonchè eseguite dal vivo in modo impeccabile.

Quando si giunge a “You may be blue” ci si rende conto del perché valga la pena di vedere l’ennesimo gruppo folk e perché solo alcuni di questi sappiano sostanzialmente fare la differenza. Riarrangiano sapientemente “Roll on Baby”, un classico di Derroll Adams per passare poi ad una delicatissima “Maureen” subito seguita da “I know no pardon”, altro estratto da “Find me gone” del 2006. Si difendono molto bene sino al bis dove “wont be me” spicca per verve e trasporto emotivo. Qualcuno azzarda un “one more” e viene accontentato con “Hurry on sundown” cover degli Hawkwind, band che risale al rock spaziale dei Settanta.

I Vetiver, ma soprattutto Cabic, libero dalle briglie di capitan Banhardt continua la sua cavalcata tra le praterie del folk blues made in usa e merita il rispetto ed il merito di aver saputo riproporre melodie e canzoni dal gusto classico, ma mai tediose o scontate. In un paese cosi fervido e proiettato al continuo sperimentalismo come l’ america di oggi, qualcosa che mantenga il sapore di un tempo lontano è certamente una qualità da non essere trascurata.

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