We are family - Akron Family Live Report - 04-06-2009
Se ad un certo punto anche la mia fidanzata (anima luminosa e compagna insostituibile – meglio precisarlo – ma nostalgicamente ferma all’indie pop della Morr Music ed al post rock strumentale) si è alzata in piedi battendo le mani a tempo e sorridendo come se avesse assistito ad un’apparizione mariana, questi Akron/Family dovranno pur avere qualcosa di veramente speciale. La spiegazione, per bocca dell’interessata, risiede nella varietà e nella molteplicità di linguaggio della band americana, assai lontana dalla monotonia e dall’uniformità stilistica propria di altri artisti visti recentemente dal vivo (ma perché? – mi domando – Bonnie “Prince” Billy è monotono?).
Divertenti e ruffiani, gli Akron/Family. Eppure questa sera allo Spazio 211 si vedono le solite facce onnipresenti e poche altre. Sinceramente le aspettative erano ben diverse, ma l’elevato numero di concerti previsti dalla solita (eccellente) estate musicale torinese deve aver costretto molti ad effettuare una selezione.
I tre barbuti di New York salgono sul palco e iniziano in versione “soft” e decisamente dimessa, al punto che per un attimo pensi di doverti ricredere sulle conseguenze dell’abbandono di Ryan Vanderhoof. Il fatto è che hanno dalla loro una vena melodica solare e seducente, sostenuta da tre voci semplici nell’impostazione ma ammalianti nella resa finale. Poi, dopo i primi quindici minuti, su buttano a capofitto in quello che sanno fare meglio: prog trapiantato in Africa (una versione prolungata di “Ed is a Portal” durante la quale qualcuno avrà istintivamente provato a telefonare a Tony Allen), folk psichedelico (“Everyone is Guilty”) e improvvisazione selvaggia (“Blessing Force” , ospite Fabrizio Modenese Palumbo dei Larsen). Nel mezzo, tanto altro: momenti di pura poesia vocale simile a quella recentemente proposta dai Fleet Foxes (“Last Year”), divertissement assortiti (“Many Ghosts” viene accennata tre volte dal bassista Seth Olinsky ma mai eseguita) e molti brani che confermano le impressioni positive suscitate dal recente “Set ‘Em Wild, Set ‘Em Free” (“River” e “They will Appear” soprattutto).
Il miglior concerto visto quest’anno. Talmente bello e potente da far venire in mente i Motorpsycho di fine anni ’90. Anzi no, era il 2000 ed il concerto si tenne in centro, in un locale ormai chiuso. Altri tempi. Quel giorno tornai a casa pensando che non avrei mai più assistito ad un concerto del genere. Effettivamente da allora qualcosa è cambiato ma, Dio benedica il rock ed i suoi figli, mi sbagliavo.
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