A Wild Beasts, Tunnel Club (Milano) 30-10-2011

Wild Beasts, Tunnel Club (Milano) 30-10-2011

Via Giovanni Battista Sammartini incute timore già alle nove e mezza di sera. Ai bordi di una città ampiamente decadente, palazzoni su palazzoni. Spazi, piccoli, qui e là: un campo da basket, e incroci improbabili; claustrofobia nel rumoreggiare industriale, un perpetuo ringhiare – anche di notte. Menù “Pasta”, da BTP alle stelle. La sigaretta post-cena, in volo verso l’asfalto, dal quinto piano piomba su dell’acqua stagna, utile – in teoria - per tamponare i vapori. Ma sono esalazioni, odori forti quelli che risalgono: e a pochi chilometri dalla stazione, secondo Andrea <<nemmeno a Lima, la sera, si prova questo disagio. Non è per il pericolo reale; piuttosto, per l’atmosfera, per il grigiore diffuso. Non so. >>

Ecco il Tunnel: fuori e dentro il locale  - palcoscenico storico dell’underground milanese - la gente attende solo i Wild Beasts. Al terzo Lp (in quattro anni: "Limbo, Panto", "Two Dancers", "Smother"; adorati, e approfonditi allo sfinimento qui su storiadellamusica.it) l’art pop lussuoso e libertino dei quattro di Kendal ha raggiunto da tempo ampio consenso sia di pubblico che di critica – nessuno scandalo se avessero vinto loro il Mercury Prize; anzi. Non è errato parlare, allora, di “Wild Beasts sound”, dal momento che questo, emerso in forma immatura e istrionica nel debutto, è stato via via levigato, fino a raggiungere con “Smother” un'identità matura e altamente riconoscibile. 

All’interno, stanno concludendo il loro live i Dutch Uncles: da Leeds, propongono un rock arty contaminato da certo prog (il buon “Cadenza”, uscito ad aprile: per farvi un’idea); noi entriamo, loro se ne vanno - peccato. Il tempo di un drink, e le luci si abbassano; i nostri salgono sul palco e il locale si scalda. L’ ambient di “Burning” anticipa lo scatenamento dancy di “Bed of Nails”: i fianchi delle ragazze ondeggiano, gentili e composti, sullo scorrere sottilmente psych del pezzo; fisica la chiusura, la cui spinta disinibisce un certo contegno generale. Applausi, fischi d’approvazione, battimani: l’entusiasmo rompe il ghiaccio. 

L’estetica minimale, il labor limae inaugurato da “Two Dancers” è rispecchiato visivamente nella scenografia, che è essenziale nei suoi vuoti di buio e timide esplosioni monocromatiche. Elegantissimo Hayden Thorpe, ondeggia cullante e sensuale per buona parte del concerto – troverà spesso il modo di brindare alla salute degli astanti; Tom Fleming, dalla (solita) t-shirt slabbrata, accenna scatenamenti intimisti, usando parecchio ‘non verbale’ per enfatizzare i cambi di direzione. Come nell’attacco di “Albatross”: consegnata con esultanza sobria nelle braccia di Thorpe, la cui performance canora - livellata su sali e scendi vocali di poco scostati rispetto alla prova su disco – conferma, anche live, la sua classe sopraffina; e la gente apprezza. Pubblico che è partecipe, e molto focalizzato: in trance ‘individualista’, si muove eccitato, coprendo interamente il proprio spazio vitale – non troppo ampio; il locale, seppur piccolo, è colmo -, a ritmo degli automatismi tribal di Chris Talbot (in una “Deeper”, ad esempio”, in cui mostra la sua maniera, latente e sapiente, di catalizzare la scena).

Milano è tutt’altra cosa, ora; mi volto, e Andrea annuisce – il disagio lieve sembrerebbe scomparso - a tempo del ricamo iniziale di “Loop the Loop”. Il sound è smagliante (lo stesso vale anche per “Two Dancers II”, pezzo che dal vivo acquisisce davvero spessore), l’esecuzione perfezionista  - ottime le rifiniture di Ben Little; misurato, e caldo il piano, a sorreggere il falsetto di Thorpe. Il riff portante di “Devil’s Crayon” – unico ripescato da “Limbo, Panto” – infonde brio, ed il baritono di Fleming è davvero emotivo.  I quattro inglesi, sul giro wave di “Hooting and Howling” (la prima dell’ encore conclusivo), si lasciano trasportare in un edonismo raffinato e assieme (sessualmente) sgarbato: impossibile contenere gli entusiasmi – iniziati, appena prima, con la bella esibizione di “Reach a Bit Further”. Purtroppo the “End come to soon” (era nell’aria): ma il pubblico davanti a me ancora gongola, sui tribalismi di “All the King’s Men” dell'oramai loop ippocampale. Ipnotizzante il lungo ponte ‘ambient’: Fleming filtra con gli effetti, e la catarsi è completa. Ci pensa Hayden a destare tutti, in un’ultima strofa di pura grazia.

Poca roba il (mal) settaggio della batteria (nel suo sovrastare un po’ troppo la chitarra di Little), l’acustica non sempre a fuoco, e la brevità del concerto (nemmeno un'ora e mezzo). Il sound dei Wild Beasts si conferma pieno, totale (anche nella scarna “Lion’s Share”, ad esempio); i meccanismi tra i quattro ben oliati. E di sbavature nemmeno l’ombra – si è vissuto, e si è goduto di sottrazione, lungo il concerto. Solo il riaccendersi repentino delle luci tronca, nel suo apice, l’applauso di riconoscenza del pubblico. I Wild Beasts, con aplomb ma emozionati, salutano e ringraziano.

C’è ancora tempo, all'esterno, per una stretta di mano con Tom Fleming, e per una foto (carinissimo). Niente da fare, invece, per un altro drink, né per un dj set – il Tunnel chiude subito baracca e burratini; si ritorna all’ovile. 

Euforia – e chi se la ricorda più via Giovanni Battista Sammartini? - tra i banchi di nebbia densa del bergamasco; euforia in una Ford Fiesta 1.4 da far revisionare il prima possibile. Euforia: perché due ore dopo, in coda all’autogrill, i pezzi dei Wild Beasts stanno ancora prendendo possesso del nostro fischiettare. Non male.

 

"Albatross" live

C Commenti

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hiperwlt, autore, alle 8:28 del 3 novembre 2011 ha scritto:

ecco anche il live di "loop the "loop"!

REBBY alle 9:03 del 3 novembre 2011 ha scritto:

Concordo, è giusto parlare di Wild beasts sound. Come per tutti, la loro musica ha chiaramente delle influenze e dei riferimenti precisi, ma la loro "sintesi" oltre che essere attuale e ormai assolutamente personale ed immediatamente riconoscibile. Il loro percorso sino ad ora è stato in crescendo (sia dal punto di vista compositivo che esecutivo) e per ora mi godo alla grande l'ultimo Smother (l'album di quest'anno che al momento ho più ascoltato), ma l'impressione (di Andrea eheh) è quella che sia una band vitale in grado di sfornare in futuro altri album affascinanti.

salvatore alle 10:37 del 3 novembre 2011 ha scritto:

Racconto suggestivo di quello che deve essere stato un concerto strabiliante... La prossima volta mi sa che lo prendo veramente l'aereo...

Poi vabbé loro sono una delle realtà più affascinanti della scena musicale degli ultimi anni, ma questa ormai è cosa risaputa.

PS. grazie per il video di "loop...", forse il mio brano preferito dei WB!

target alle 21:05 del 3 novembre 2011 ha scritto:

E' stato davvero bello leggerti, Mauro: un po' compensa la delusione di non aver potuto presenziare. Ma, Rebby, tu non ci sei andato? male! (e non accampare scuse come il lavoro o la vecchiaia!) (eheh )

hiperwlt, autore, alle 22:41 del 3 novembre 2011 ha scritto:

Salvo, Francesco: non mi sento minimamente in colpa con voi, sia chiaro! l'invito ve l'ho mandato in tempi non sospetti, la mia coscienza è a posto ) a Reb non ho detto nulla, ma solo perché è lombardo come me (tiro a caso!...potevo anche informarti, in effetti). scherzi a parte, spero di aver reso un servizio onesto; e magari la prossima volta un concerto insieme ce lo facciamo

REBBY alle 10:00 del 4 novembre 2011 ha scritto:

Abito in terra di confine (lombardo/veneto/emiliano) in una bella cittadina, ma in culo al mondo, e raggiungere Milano e poi tornare di notte, senza poter bere un goccio, oltre che lunga è anche uno stress. E poi si il Tunnel è roba da giovanotti eheh Comunque mi sono consolato con i Pieces of shit (testi di W. Oldham/musiche di D. Byrne) e Cheyenne, non è stato male, dai.

ohmylover alle 22:20 del 24 gennaio 2012 ha scritto:

hey

sembra che si vada agli stessi concerti: per me Wild Beasts concerto dell'anno.