A Xiu Xiu + Paolo Spaccamonti - Live 12/06/2010

Xiu Xiu + Paolo Spaccamonti - Live 12/06/2010

Arrivo davanti al piccolo palco di Spazio 211 – sacrario inamovibile della Torino musicale, recentemente onorato anche dal mio fratellone e dai suoi Verlaine con un concerto commovente – e ci trovo Paolo Spaccamonti impegnato in un educato sound-check. Immerso nel buio, concentrato fino all’isolamento mistico, seduto su uno sgabello e prono sulla sua chitarra. Occhi – come sempre – fissi sul pavimento. Ormai sono talmente abituato a vederlo così (sulle locandine dei concerti, nelle foto sui giornali …) che mi viene il sospetto che dorma anche così, o che mangi così, magari con il piatto sulle ginocchia.  

Nel frattempo io mi compiaccio di non aver perso tempo in stupide facezie come al mio solito e di essere in orario per l’inizio del set. L’estate passata ero arrivato pochi minuti dopo la fine del concerto pre-Nick Cave, mentre un paio di mesi fa mi ero semplicemente dimenticato della serata organizzata al cinema Massimo durante la quale Spaccamonti aveva sonorizzato il film muto “Rotaie” (“uno dei concerti più intensi a cui abbia mai assistito” secondo un mio amico che di concerti ne ha visti parecchi). Questa volta ci sono anche io, in prima fila, tra ragazze in minigonna che ondeggiano sui volumi in saliscendi di “Camicia gialla, cravatta nera”, giovani imberbi che si sforzano di capire il lavoro di “taglia e cuci” di “Tex” (Delay? Loop station? Slide? Ma che è?) e meno-giovani barbuti (tipo il sottoscritto) che semplicemente si lasciano schiantare dagli impasti post-rock di “Drones”. Paolo Spaccamonti è un musicista coraggioso, quasi sfrontato nell’affrontare il pubblico armato solo della sua chitarra e di una capacità non comune nel concedere il giusto spazio a tempi e pause, rielaborando in maniera personalissima uno stile musicale (post-rock, se vi piace la definizione) che – come si dice – conferisce ai silenzi lo stesso valore dei suoni. Per la cronaca, lo sguardo di Spaccamonti si solleva solo un secondo, senza sfiorarne altri, per presentare il fido (e unico) compagno di viaggio Marco Piccirillo, autore di densi innesti al contrabbasso.  

Non serviva, ma c’è la conferma: Spaccamonti è un caso da esportazione, e se questi sono i presupposti, l’attesa per il successore di “Undici Pezzi Facili” (che è già in fase di preparazione) inizia ad aumentare da oggi.  

In un’altra occasione mi sarei ritenuto soddisfatto e avrei meditato il ritiro anticipato: una birra, mezzanotte inoltrata, mezz’ora di ottima musica, arrivederci e grazie. Solo che sul palco è atteso tale Jamie Stewart, fenomeno già ampiamente esportato (ma da “lì” a “qui” è tutto più facile) nonché unico autore contemporaneo in grado di infilare 3/4 dischi eccellenti di fila (“Knife Play”, “A Promise” e “Fabulous Muscles”, almeno).  

Nonostante l’abbandono della cugina Caralee McElroy (che pare sia già fuoriuscita anche dai Cold Cave), il recente “Dear God, I Hate Myself” ci aveva consegnato un Jamie Stewart in piena forma, sempre più deciso a portare la sua creatura Xiu Xiu verso territori meno sperimentali ma non per questo privi di quella emotività drammatica che è da sempre marchio di fabbrica della band. Come di consueto, Jamie Stewart esibisce la solita faccia da psicopatico della porta accanto, imbraccia la chitarra e inizia a declamare le proprie ossessioni. Ad accompagnarlo questa sera c’è la sola Angela Seo, tastierista orientale nota più come disgustosa protagonista del video di “Dear God, i Hate Myself” che come tastierista/percussionista. La prima nota dolente della serata arriva proprio da lei: la si prenda come opinione del tutto personale, ma fin dall’inizio del set la Seo è sembrata sempre leggermente in affanno, costretta tra la necessità di sottostare alle richieste di un set ovviamente condotto da Jamie Stewart e la volontà di porsi come alter ego dello stesso Stewart. Come tastierista è anche dotata, ma spesso il suo lavoro (ma sarebbe meglio dire “massacro”) sui piatti e sulle parti elettroniche trasforma le implosioni tipiche del suono Xiu Xiu in assalti noise sconclusionati e gratuiti.  

Per fortuna alcuni estratti dall’ultimo album vengono ripresi fedelmente e si confermano ottimi brani, complice anche una Angela Seo decisamente più a proprio agio: il folk funebre di “Grey Death”, la marcia militare di “The Fabrizio Palumbo Retaliation” (e fa un certo effetto avere Fabrizio Palumbo affianco mentre la si ascolta) e l’ottima “Falkland Rd”. Le delusioni arrivano dalla resa sonora dei brani più datati come “Apistat Commander” (brano in origine teso e violento ma brillantemente melodico, qui ridotto ad un ammasso informe di note sparate a volumi gonfiati) e da una resa sonora generale caotica ed eccessivamente lasciata in carico al solo Stewart che è costretto a fare tutto: suoni, accordature, percussioni, chitarre … mentre la sua partner si limita ad occuparsi delle sue tastiere e di qualche flauto-giocattolo che la fa assomigliare alla sorella depressa delle Cocorosie.  

Un set riuscito a metà, convincente nel suo nuovo lato pop (che amalgama in maniera sorprendente una canzoncina sciocca come “Chocolate Makes You Happy” ed una meraviglia come “Boy Soprano”) ma in grado di deludere nell’esecuzione del materiale meno recente, che è composto da brani di livello assoluto (che – tra l’altro – erano perfetti dal vivo solo qualche tempo fa, con la McElroy alle tastiere ed il muscolare Ches Smith alla batteria). Al punto che, nel confronto a distanza (inutile e completamente inventato da me) con Spaccamonti, ha praticamente vinto il “guitar-hero” torinese.

Per approfondire: http://www.xiuxiu.org/

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