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A Bob Marley

Bob Marley

Robert Nesta Marley nacque a Nine Mile,in Giamaica, il 6 febbraio 1945 da padre britannico,Norman Sinclair Marley e madre caraibica,Cedella Booker. Sono passati quasi quarant'anni dalla sua scomparsa, ma la storia di Bob Marley è ancora oggi viva, presente, ed allo stesso tempo circondata di mistero e leggenda, come si conviene ai veri eroi popolari. In effetti, nessuno avrebbe mai pensato che un musicista, un semplice “esecutore” reggae, dalla criniera leonina, dal sorriso dolce e dagli occhi penetranti, considerato dalla sua gente un po’ profeta ed un po’ eroe, era in realtà diventato la più grande superstar del terzo mondo. Forse Bob Marley non avrebbe voluto essere un eroe. Preferiva semplicemente suonare la sua musica e regalare un po’ di speranza a chi lo stava ad ascoltare. Invece, quando un melanoma maligno se lo portò via a soli 36 anni, il mondo intero fece una smorfia di dolore, come se un pezzo della sua stessa carne gli fosse strappato via. Le sue canzoni erano iniettate di fede e d’amore per l’uomo e la libertà, con versi intrisi di speranza, di ardore mistico e di visioni apocalittiche. Il cantante e chitarrista giamaicano,ha innalzato il reggae a fenomeno di portata mondiale facendone strumento di impegno civile, diventando un mito tra i più inossidabili dell’ intera storia del pop. L‘inizio della sua carriera, così come la sua infanzia, fu tormentato dal dolore, dalle delusioni e da un profondo senso d’abbandono, cominciato il giorno dopo la sua nascita, con la partenza del padre, che lasciò un vuoto incolmabile nella sua vita. La musica era l’unico salvagente che poteva dare un senso ad un’esistenza d’incertezze e per sfuggire alla realtà della povertà e dalla disoccupazione, che a Rhoden Hall, il suo villaggio di nascita situato nella regione di St.Ann'Bay nella Giamaica settentrionale,sondava con particolare ferocia. Il trasferimento a Trenchtown (un sobborgo di Kingston) insieme alla madre fu un passo pressoché obbligato, che però cambiò la vita di Bob. La sua grande passione era la musica: sia quella che si suonava per le strade che quella dei suoi artisti preferiti Fast Domino e Ray Charles. Proprio in quegli anni, i musicisti giamaicani stavano elaborando un proprio stile musicale che si concretizzò nello Ska, un ritmo che conquistò subito il popolo. Inizia la carriera discografica nel 1962 a diciassette anni, quando Jimmy Cliff fa da tramite con il produttore Leslie Kong. Nel 1966 conosce Bunny Livington e Peter Tosh, e con loro forma i Wailing Wailers: la band che creò un nuovo modo di suonare e cantare, lo straordinario Reggae. Nel 1971 Marley fonda la Tuff Gong, tra le prime etichette indipendenti giamaicane, e l’anno successivo, Chris Blackwell, boss della Island, da sempre sensibile alla cultura musicale dei Carabi, scrittura i Wailers per la sua etichetta. L’esordio “internazionale”è difficoltoso: i primi due album del 1973, “Catch A Fire” e “Burnin’ ”, ottengono un timido riscontro di pubblico, nonostante contengono brani incendiari come “ Stir It Up, “ Concrete Jungle”, “ Get Up Stand Up”, “ I Shot The Sheriff ” che sarà ripresa da Eric Clapton, ottenendo maggior successo. Peter Tosh e Livington abbandonano il gruppo poco dopo, per proseguire entrambi come solisti. Marley riunisce allora attorno a sé nuovi musicisti (Bernard Harvey, Al Anderson e il trio vocale I-Threes, di cui fa parte la moglie Rita, oltre a Marcia Griffiths e Judy Mowatt) e raggiunge il primo successo di classifica con il capolavoro Natty Dread (75). L’album è strutturalmente perfetto, suonato con passione, capace di scaldare il cuore e infiammare l’animo, supportato dai cori delle I- Threes e da quella che è forse la migliore sezione ritmica in levare di sempre: i fratelli Anton Barret (bassista) e Carlton Barret (batterista). Oltre alla celebre “ No Woman No Cry, una delle migliori e più note composizioni dell’artista, “ Lively Up Yourself “ è una botta di energia, così come a Rebel Music. Il brano Revolution ha il testo più sovversivo mai apparso su un disco reggae: diceva che non possono esserci mutamenti politici significativi senza una lotta rivoluzionaria. Il gruppo ribattezzato Bob Marley & The Wailers, trascorse la maggior parte del 1975 negli Stati Uniti e in Europa per promuovere Natty Dread e dal tour sarà tratto lo straordinario Live! L’album registrato al Lyceum di Londra, contiene la versione dal vivo di No Woman No Cry che passa spesso in radio, superiore alla versione in studio. Nel 1976 scoppiò la “ Reggae mania “ con “Rastman Vibration”, Bob & the Wailers, entrano nella Top 10 americana. Marley diventa il principale cantore della spiritualità rasta: le sue posizioni, a metà tra religione e impegno politico,e i vari proclami di liberalizzazione della marijuana ne fanno una figura di culto del reggae del “pensiero” ad esso legato. Nel 1976, a Kingston,viene ferito in un attentato riconducibile al violento clima generato dalla campagna elettorale in corso in Giamaica. Lasciata l’isola, l’artista si trasferisce in Inghilterra, dove incide “Exodus”, il suo disco più celebrato, e gran parte del successivo “Kaya”. Per tutta la seconda metà degli anni ’70, grazie anche al buon momento generale del reggae, Bob e la sua band, conseguono una nutrita serie di successi: War e Roots Rock Reggae (da Rastman Vibration), Waiting In Vain, Jamming, One Love/ People Get Ready, Three Little Birds (da Exodus), Is This Love, Satisfy My Soul (dall’album Kaya), il bellissimo singolo Punky Reggae Party per salutare i nuovi gruppi punk inglesi di protesta. Nel 1977 gli fu diagnosticato un melanoma maligno ad un alluce a seguito di una partita di calcio, ma egli rifiutò le cure a causa della sua religione (Rastafarianesimo) secondo cui il corpo deve restare “integro”. Un secondo album dal vivo, “Babylon By Bus” (78), segna l’apice della popolarità planetaria dei Wailers e di Bob, un trascinatore che non si risparmia mai. L’artista giamaicano, come un ciclone caraibico, travolse intere generazioni, la musica internazionale ne percepì l’importanza, e il reggae vivendo la sua più grande stagione penetra nel rock, alleandosi con il ribellismo punk. Alcuni artisti come Eric Clapton, Steve Wonder, Paul Mc Cartney, Paul Simon, hanno voluto omaggiare questo genere, e rock- band come i Rolling Stones, gruppi nati in era “punk” come i Clash, inseriscono negli album alcuni vecchi brani reggae, ma soprattutto i Police furono i paladini dell’originale reggae-rock che mischiavano le figure ritmiche delle sonorità giamaicane con il rock britannico, sfornando un’incredibile sequenza di classici come la celebre Roxanne, So Lonely e Walking In The Moon dall’album Reggatta De Blanc, ossia “il reggae dei bianchi”, uno dei classici della storia del Rock. Sempre in Inghilterra nascono band e artisti come gli Steel Pulse, Ub 40, Inner Circle, Maxi Priest, Eddy Grant, che proposero il reggae in chiave commerciale con l’uso di sintetizzatori e originali sonorità vocali. Negli anni 80, inizia la carriera discografica il bravissimo cantante ivoriano Alpha Blondy, con il suo genere Afro-Reggae. Anche in Italia il reggae ha affascinato e incuriosito alcuni dei nostri artisti: Ivano Fossati, Rino Gaetano, Vasco Rossi, Loredana Bertè. Negli anni '80 si costituirono una moltitudine di gruppi italiani che all’inizio proposero il loro reggae nei centri sociali. Tra i gruppi storici e importanti del reggae italiano rientrano senz’altro i piemontesi Africa Unite che hanno popolarità anche all’estero e in Giamaica. I bergamaschi Reggae National Tickets (ex gruppo di Alborosie, artista italiano famosissimo in Giamaica), i veneti Pittura Freska e a Sud i napoletani 99 Posse, Almamegretta, i 24 Grana e i salentini Sud Sound System, che combinano ritmi giamaicani con sonorità locali, cantati in dialetto. Nel 1979 esce “Survival”, il disco più schierato politicamente di Marley e a mio parere uno dei suoi capolavori. Sin dalla copertina, in cui sono rappresentate molte bandiere dell’Africa, è evidente il significato profondo dell’album, che inneggia alla solidarietà politica e alla pace tra i popoli africani, percepite in canzoni come Africa Unite, So Much Trouble In The World, Zimbabwe e One Drop. Bob Marley aveva difatti realizzato il suo sogno, un viaggio attraverso l’Africa e un disco dedicato a questo continente. Nel 1980 Bob si esibisce alla festa per l’indipendenza dello Zimbabwe, pubblica l’ottimo “Uprising”, uno dei dischi più personali e intimi della sua produzione, influenzato dai suoni africani, contenente lo splendido singolo Could You Be Loved e la ballata folk acustica, Redemption Song. Nel giugno 1980 arriva anche in Italia, dove allo stadio San Siro di Milano manda in visibilio 100.000 spettatori, firmando uno dei migliori concerti degli anni 80. In procinto di effettuare un nuovo tour, dopo un improvviso collasso, il tumore si era esteso in tutto il corpo. Marley, muore in un ospedale di Miami, l’11 maggio 1981. Fu sepolto in una cappella vicino al suo luogo di nascita, insieme alla sua Gibson Les Paul, un pallone da calcio, un anello che indossava ogni giorno, e una bibbia. Considerato una guida spirituale dal suo popolo, ogni 6 febbraio(sua data di nascita) in Giamaica vi è una festa nazionale in suo onore. La fama dell’artista cresce a dismisura, raggiungendo in breve tempo dimensioni iconiche. L’album postumo “Confrontation”, contiene tracce inutilizzate in studio, compresa Buffalo Soldier, ottiene grandi consensi commerciali, ma è l’antologia “Legend”, con oltre 12 milioni di copie, a guadagnare il titolo di album più venduto nella storia del Reggae. Bob Marley non era un semplice cantante reggae, neanche un “ uomo politico”, ma era un rivoluzionario vero che non ha mai abbandonato la sua gente, mai cambiato il suo atteggiamento. Uno sciamano, un guerriero spirituale che ammoniva i corrotti e i corruttori, confortava i giusti, e il fatto di essere arrivato ad uno status mondiale partendo e parlando delle miserie del terzo mondo, ne facevano un eroe senza precedenti, che resterà per molto tempo unico e ineguagliabile. Bob aveva un carisma ed una personalità difficili da definire, quasi trascendentali. Sicuramente è stato un punto di riferimento per la gente di colore, per la loro possibilità di rivalsa. Il destino a volte è piccolo come un’unghia e non cambia la sostanza. Si muore non quando si smette di esistere, ma quando la gente smette di ricordarti. Robert Nesta “ Bob“ Marley non corre questo rischio perché è un’icona eterna della cultura popolare. Canzoni di redenzione è quello che lui ha sempre avuto.Noi dopo la sua scomparsa, lo aiutiamo ancora a cantarle. “ Mi aiuterai a cantare Questi canti di libertà? Perchè tutto quel che ho sempre avuto Sono i canti di redenzione, Tutto quel che ho sempre avuto Sono i canti di redenzione Questi canti di libertà, Canti di libertà . “ (Redemption Song)