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A Cult Of Luna

Cult Of Luna

I Cult of Luna sono uno dei cosiddetti gruppi portabandiera della scena post metal. Nel percorso evolutivo di tale genere rappresentano per cosi dire il terzo stadio, il terzo step di una strada iniziata ormai venti e piu' anni or sono con i Neurosis; strada poi lastricata ben bene dagli Isis, ma lasciata senza conclusione a causa della prematura fine della band americana. Qui entrano in gioco proprio i Cult of Luna, partiti in sordina, alle spalle dei maestri del genere, ma dimostratisi col tempo in grado di imporre il loro sound come vera alternativa alla scomparsa degli Isis e all'inaridimento creativo degli indistruttibili Neurosis. Il percorso di questa ancor giovane band ha inizio a cavallo tra la fine del 20º e il principio del 21º secolo. I Cult of Luna nascono dalle ceneri di un gruppo hardcore punk di nome Eclipse. I membri fondatori provengono dalla citta' di Umea, nel nord della Svezia, e quindi all' estremo settentrione del pianeta. Questo elemento sara' poi di fondamentale importanza per l'evolversi del sound dei COL, la cui componente "svedese" non va affatto sottovalutata. Tra l'altro e' curioso sottolineare come band del calibro di Meshuggah e Refused provengano proprio da Umea, che, con i suoi soli 100000 abitanti, si candida ufficialmente a citta' col piu' alto tasso di talento musicale pro capite del mondo intero. I COL nascono sin dall'inizio come progetto musicale collaterale e part time, l'obiettivo dichiarato non e' mai stato quello di farne una band "a tempo pieno". I membri del collettivo hanno cosi modo di sfogare tutte le proprie pulsioni sperimentali e avanguardistiche senza doversi troppo preoccupare dei riscontri commerciali. I primi due album nascono proprio da questo genere di considerazioni. Si tratta di Cult of Luna (2001) e The Beyond (2003). Come spesso accade ai gruppi a inizio carriera, si tratta di LP un po' grezzi e acerbi, connotati da una produzione del suono ugualmente non rifinita. Nondimeno contengono gia' in nuce tutte le formidabili potenzialita' espressive della band. Il sound richiama vagamente quello degli Isis, ma ancora manca l'emancipazione che sara' trovata di li a qualche tempo. I brani si presentano nella tradizionale forma dilatata cara al post-metal, ma, se nel caso del primo album si riscontrano ancora forti connotati di matrice -core, gli stessi vanno sfumando in The Beyond per iniziare a strutturare il tipico suono Cult of Luna, fatto di sfuriate alternate a contorsioni infinite di melodie sovrapposte e ipnotiche. Salvation (2004) e' l'album della consacrazione, l'album con il quale i Cult o Luna raggiungono, e forse superano, i maestri Isis. E' un lavoro imponente, quasi 75 minuti di musica. E questa non e' certo musica facile da assimilare, quindi lo sforzo richiesto in partenza all' ascoltatore e' considerevole. L'impegno del fruitore e' pero' ricompensato da una prova monumentale da parte della band, un vero viaggio nei meandri della tecnica strumentale posta al servizio del male di vivere. Le chitarre s'inseguono, si sovrappongono e creano tappeti sonori stranianti e circolari su cui il vocalist Klas Rydberg vomita la sua indignazione e la sua rabbia. La produzione questa volta e' piu' curata, anche se non perfetta. La potenza delle canzoni, termine quest'ultimo forse improprio, e' devastante e deriva proprio dall' alternanza tra pieni e vuoti, tra melodia e violenza di matrice metal. Curioso pero' come l' attitudine della band sia tutto fuorche' metallara, trovando invece le radici piu' nello shoegaze e nella musica nichilista anni '80 alla Joy Division. La gemma di quest' album e' senza dubbio "Adrift", un caleidoscopio di emozioni e stati d'animo di rara potenza. Anche la critica internazionale si accorge della freschezza e della forza dell' album in questione, spingendo i Cult of Luna verso la vetta delle nuove formazioni post metal. Addirittura Metal Hammer lo premia col massimo dei voti, rendendolo il primo LP a ottenere tale riconoscimento dai tempi del Black Abum dei Metallica. I paragoni con gli Isis iniziano a sprecarsi. Il forte debito degli svedesi nei confronti degli americani e' innegabile, nondimeno si deve riconoscere come i COL sostituiscano la propensione metafisica, metapolitica e apocalittica degli Isis con una concezione piu' malinconica e intimista. In questo forse il contesto scandinavo ha esercitato una qualche influenza. Gli album successivi confermano la qualita' della proposta del gruppo. Somewhere along the highway (2006) riprende la formula vincente di Salvation, apportando pero' considerevoli innovazioni. Il brano d' apertura (Marching to the heartbeats) e' gia' sufficiente per capire in cosa consistano tali innovazioni. Al growl di Rydberg ora i COL alternano momenti in clean vocals, in cui riescono a ottenere atmosfere sognanti ed eteree, senza pero' rinunciare mai alla melanconia di fondo. I brani piu' pesanti non mancano e riportano allo stato mentale opprimente e alla sensazione di piacevole soffocamento propria di Salvation. Il mastodontico finale di " Dark city, dead man" e' la summa del suono Cult of Luna fino a questo punto. Nel 2008 e' la volta di Eternal Kingdom, disco in cui la band elimina nuovamente ogni componente melodica. E' un album fortemente metal, dall' aura rocciosa e impenetrabile. L' ispirazione deriva alla band dal ritrovamento e dalla lettura del diario di Holger Nillson, un malato di mente ricoverato in manicomio. Questo aneddoto si e' poi rivelato essere un bufala, ma la componente concettuale e il tema portante a sostegno dei vari brani rimangono. Bisogna anche dire che per la prima volta i COL non suonano piu' freschi come un tempo. Il sound ha trovato una direzione netta e incontestabile, ma con questo lavoro si rischia di scadere nella maniera e nella cristallizzazione, perlomeno in alcuni punti. Dopo ben cinque anni di assenza dalle scene, i Cult of Luna danno alle stampe Vertikal, un disco di forte rottura nei confronti del passato. Dove prima si ricercavano vibrazioni immediate e violenza primigenia, qui si fa piu' leva sulla razionalita' e sulla definizione dei dettagli. Tornano ad esserci momenti piu' eterei e in generale il suono risulta alleggerito. Un posto di primo piano lo acquiscono tastiere e sintetizzatori che contribuiscono a dare a Vertikal una patina industriale. In effetti si tratta di un concept ispirato a Metropolis di Fritz Lang, quindi i nostri cercano di richiamare alla mente atmosfere fantascientifiche, richiamando alla mente addirittura Vangelis in alcuni punti. Nel complesso si tratta di una scommessa vinta, ma che lascia una spiacevole sensazione di incompiutezza in diversi frangenti. Si sa che svolte significative come questa richiedono tempo per essere portate alle estreme conseguenze; l' augurio non puo' essere altro che quello che nel prossimo lavoro i nostri trovino il giusto equilibrio tra il retaggio del passato e le spinte avanguardiste dell'ultimo album. A quel punto davvero il nome dei Cult of Luna sara' scolpito a caratteri cubitali nella storia del metal tutto, non solo del post.