A Nofx

Nofx

L’avventura dei NOFX comincia nel 1983 da Berkeley, California. Mike Burkett (voce e basso), detto Fat Mike per la sua robusta corporatura, Eric Melvin (chitarra) ed Erik Sandin (batteria) formano la band, caratterizzata da sonorità punk-hardcore e decisamente aggressive. Svariati e talvolta tragici cambi di line-up caratterizzano i primi anni di vita della band; la ricerca del quarto membro del gruppo termina tuttavia dopo l’uscita dei primi 3 lavori registrati in studio ( “Liberal Animation”, 1988, “S&M Airlines”, 1989, e Ribbed, 1991) con l’avvento del chitarrista-trombettista Aaron Abeyta, detto El Hefe (“Il capo”), grazie al quale la band raggiunge dimensioni più melodiche e ska. Il primo lavoro della line-up definitiva dei NOFX è “White Trash, Two Heebs and a Bean”, 1992, che segna in positivo l’indice di gradimento del pubblico ormai non più di nicchia, grazie anche al popolare singolo“Bob” e l’ironica “Please play this song on the radio” .

Fat Mike, fonda con la moglie anche un’etichetta, Fat Wrecks Chords, che d’ora in avanti avrà l’onere e l’onore di pubblicare i lavori dei NOFX, oltre che di diversi complessi più o meno affini (Lagwagon, Less Than Jake e Good Riddance, ma anche Sick of It All). Dopo “White Trash”, la strada musicale dei NOFX sarà tutta in discesa; la band infatti inanella 4 dischi che li consacreranno alle orecchie di un resuscitato pubblico punk (sull’onda del successo di, fra gli altri, Offspring, Bad Religion, Pennywise e Green Day), alla ricerca di versioni meno drammatiche e dark del grunge di Cobain. “Punk in Drublic” del 1994 rappresenta commercialmente l’apice della carriera dei West Coast Punkers (aiutato da tormentoni della scena quali “Leave it Alone”, “Don’t Call me White” e “The Brews”).

“Heavy Petting Zoo” del 1996 e “So Long and Thanks for All the Shoes” del 1997, dischi che innalzano ulteriormente i NOFX tra le icone punk degli anni ’90, vengono preceduti da una brillante registrazione live, sarcasticamente intitolata “I heard they suck live”, del 1995. Non solo questi lavori trovano un discreto successo commerciale, ma riescono a conquistare tra gli addetti ai lavori della scena punk dell’epoca il titolo di pietre miliari. Dopo “The Longest Line” del 1999, produzione nella quale i NOFX ripercorrono in un’unica lunga traccia di 18 minuti tutta quella che fino ad allora era stata il loro iter artistico, e l’EP “Pods anf Gods”, uscito sempre nel 1999, segue un nuovo capitolo della storia della band; “Pump up the Valuum” del 2000, riscuote un ottimo successo commerciale, affrontando tematiche velatamente più impegnate (rimangono nel repertorio pezzi dichiaratamente stupidi, ad esempio “My Vagina”), mentre subito dopo vengono pubblicati 2 nuovi EP: “Bottles to the Ground” nel 2000 e “Surfer” nel 2001. L’anno che segue viene segnato da un’importante collaborazione coi Rancid, altra fondamentale band per il punk Americano degli anni ’90, con i quali realizzano un doppio disco, “BYO Split Series Vol. 3”, nel 2002; sul primo i NOFX suonano cover dei Rancid, e viceversa. Questa collaborazione segna una svolta nel modo in cui la band affronta la composizione.

Le tematiche di protesta e di contestazione saranno infatti destinate a distinguere i prossimi lavori della band di Berkeley. Sempre nello stesso anno segue una collezione di B-sides e tracce varie, che, come dice il titolo della raccolta, “45 Or 46 Songs that Weren’t Good Enough To Be On Our Other Records”, non furono abbastanza buone per finire su nessuno dei loro precedenti lavori! Da qui in poi l’ispirazione lirica dei NOFX prenderà spunto, come già citato, prima dalle proteste contro l’ America guerrafondaia di George W. Bush, in “War on Errorism” del 2003, seguito dall’EP “Regain Unconsciousness”, e poi contro l’establishment capitalista in “Wolves in Wolves’ Clothes” 2006, e l’EP “Never trust a Hippy” dello stesso anno, pur rimanendo musicalmente fedele alle proprie origini punk-melodic. Così come per i Green Day, le frange più estremiste del bacino di utenza punk criticano questa svolta a tratti demagogica contro la classe dirigente e politica Repubblicana nell’impegno artistico dei 4 Californiani, che a loro avviso acquista rilevanza a discapito della loro storica e caratterizzante indole naive/non-sense. Tra le ultime produzioni citate, nel 2004 si colloca l’unico vero Greatest Hits dei NOFX, intitolato “The Greatest Songs Ever Written (By Us)”.

Più recentemente è da collocarsi l’uscita di un altro disco live “They’ve actually gotten worse live”, del 2007 e l’ultimo disco “Coaster” uscito nella primavera del 2009. Quest’ultima produzione segna un timido ritorno dei Nofx verso spiaggie decisamente meno impegnate, all’insegna del sesso one night stand, droghe, alcol e chi più ne ha più ne metta! Durante tutto l’arco della loro carriera, si può asserire che i NOFX non abbiano mai modificato rilevantemente il loro stile musicale, che prende melodie sbarazzine da Ramones, Misfits, Sex Pistols, e ritmi frenetici da Bad Religion e Descendents, le influenze dello ska con sfumature che arrivano fino al reggae Jamaicano, senza trascurare le arie Messicane che sovente condiscono le atmosfera di molti dei loro lavoro dal 1991 in poi.

Bisogna dare atto ai NOFX di essere stati determinanti, se non fondamentali nello svilupparsi del Punk Rock odierno ( Blink 182, Millencolin, Lagwagon, Sum41, ma anche gli ultimi Green Day) e nei suoi derivativi; aver ottenuto l’approvazione di grossi bacini di utenza, senza l’aiuto di alcuno strumento di comunicazione di massa (Internet è roba relativamente recente se si pensa a questa band, che inoltre non è MAI apparsa in modo consenziente sui programmi trasmessi da MTV!) è certamente indicativo del valore del gruppo. D’altro canto si potrebbe teorizzare che i NOFX abbiano avuto poco da dire, poco da tramandare alle future generazioni in termini di contenuti. Tuttavia, se si vuole tracciare un quadro contestuale completo, non è possibile omettere come proprio questa apparente mancanza di contenuti, funge da ineccepibile risposta verso un modo implicito, un po’ viscido e spesso ridicolo di proporre i valori, tipico della società odierna.