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A Red House Painters

Red House Painters

Talmente sincero da risultare indecifrabile. Mark Kozelek fonda i Red House Painters insieme all’amico Anthony Koutsos nel 1989. Tre anni dopo la 4ad si accorge di loro e pubblica “Down Colorful Hill”, una raccolta di demo-tapes considerata ancor oggi una pietra angolare del genere noto sia come “slowcore” che come “sadcore”.

La musica dei Red House Painters, un flusso inesorabilmente triste di ballate folk-rock e lunghe suite cariche di pathos, è il diario nel quale Kozelek sfoga il suo dolore e i suoi tormenti (la tossicodipendenza, la solitudine). I successivi due dischi, entrambi pubblicati nel 1993 (“Red House Painters I” – noto anche come “Rollercoaster” e “Red House Panters II” – noto anche come “Bridge”), confermeranno Kozelek in stato di grazia assoluta, perennemente in bilico tra la forza espressiva della sua voce e la drammatica fragilità emotiva dell’impianto sonoro dei Red House Painters.

Il 1995 è l’anno della svolta di “Ocean Beach”, album che si differenzia dalle precedenti produzioni sia dal punto di vista lirico (i testi di Kozelek sono ora meno cupi rispetto al passato) che dal punto di vista musicale (i brani si riducono notevolmente sia come durata che come struttura sonora). Questa svolta porterà all’approccio rock di “Songs for a Blue Guitar” (1996) e a quello decisamente più “positivo” del definitivo “Old Ramon” (2001).

Sciolti i Red House Painters, l’avventura musicale di Mark Kozelek continuerà sia come solista che con i Sun Kil Moon (insieme a Geoff Stanfield, Tim Mooney e al fido Anthony Koutsos).