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R Recensione

8/10

Jk Flesh

Posthuman

Justin Broadrick è JK Flesh. Chi è Justin Broadrick? Fu chitarrista della storica formazione Nalpalm Death di Birmingham, band di puro concentrato death methal-hardcorde punk, ma anche ben conosciuto come leader e fondatore dei Godflesh, band che combinava metal estremo e industrial music. Ma Jistin Broadrick e' anche Techno Animal, pura sperimentazione tra industrial e dub music, Final progetto solista di pura sperimenti ambient-guitar e Jesu, post-metal band, eclettico mix di influenze che vanno dalla musica ambient, drone doom e musica industriale.

Broadrick, in tutti i suoi progetti paralleli, ha voluto sempre rimodellare quel metal ortodosso che fu dei vecchi amici Napalm Death. In una prima fase l'ha fatto con i Godflesh, poi con i Techno Animal e infine con i Jesus. Ha creato un mix di industrial metal, jazz, dub, hip-hop, drum'n'bass, musica ambient ed elettronica di pura potenza.

Ci chiediamo adesso: c'è qualcosa che quest’uomo non ha cercato ancora di fare? Dal metal pionieristico anni 80, al post-rock epico, ai mondi ambient, drones ed elettronica? E adesso, cosa ci riserverà questo grande uomo? Ha deciso ora di prendere in considerazione il dubstep. Quest' uomo che per primo è stato distruttore prominente delle nostre orecchie non ha pensato di riportare in vita dal regno dei morti i Godflesh (forse un pò tutti gliene saremmo stati grati), ma ha deciso di prendere in considerazione il genere forse un pò più consono del momento il dubstep.

A quest'uomo piace fare sempre cose diverse e dove gli è possibile mescolare generi diversi fra loro e lo fa con una padronanza degli elementi che è sorprendente soprattutto quando cerca di cimentarsi in una idea completamente nuova. Questo è quello che esattamente ha fatto per esempio con i Godflesh, mescolando elettronica, metal e industrial e ora in Posthuman, Broadrick aggiunge alla stessa miscela un ingrediente nuovo il dubstep creando a modo suo, qualcosa come un post-dubstep. E' proprio un Broadrick rinvigorito e galvanizzato questo che si trova in Posthuman.

Rimane il fatto che le capacità di manipolare suoni sono sempre state nelle mani di Broadrick e in questa nuova veste il suono è ancora più contorto e completamente disumanizzato, un suono dieci volte più brutale, nonostante il fatto che spesso è sepolto da una valanga di suoni digitali.

Pertanto, recuperato il nomiker di JK Flesh con cui si firmava ai tempi dei Techno Animal, Justin Broadrick è tornato con un nuovo album Posthuman, per l’etichetta di elettronica 3by3.

Posthuman e' delirante sludge, un album oscuro e brutale, cupissimo, nero come catrame, di natura elettronica e strapieno di beat, ma senza rinunciare alla pesantezza del rumore, dosi di chitarre compresse di puro metal, suoni industrial/ambient e una voce infernale che viene manipolata direttamente dagli inferi. Ma Posthuman è anche molto più che un album industrial o sperimentale. Sicuramente molto meno ambient e melodico di tanti altri progetti di Justin, ma ancora una volta ciò che più colpisce in 'Postuman' è come sempre la sua chitarra. Tra le battute martellanti e pungenti di linee di batteria e basso si trovano alcune parti di chitarra veramente distruttive. Non c’è nulla da fare Broadrick rimane sempre un innovatore eccellente del suo strumento principale, la chitarre.

Posthuman si apre con: Knuckledragger dominata da un tappeto di chitarra cupa, oscura e compressa, sempre in agguato pronta ad emergere, ben manipolata ed articolata in tutte le forme e pure stratificazioni ambient/industrial. Un’ infernale voce oscura metallica dai toni stridente emerge dalla coltre di chitarre regalando ancora quel po' di post-metal dimenticato. Idle Hands suona come metallo puro ridotto alla sua essenza fondamentale. Dopo la frantumazione del noise-rock in Punchdrunk, puro ambient death-metal, la macchina chitarra cessa per un pò di esistere per lasciare in consegna il resto a bollenti sintetizzatori.

Le tre canzoni di sequenza Devoured, Posthuman e Earthmover sono il fiore all'occhiello dell'album, violente e avvincenti. Devoured inizia a prendere in giro il dancefloor più friendly. La centralità del techno e del dubstep nella title-track e' devastante, un passaggio carico di post-dubstep, ritmi e processi infallibili di pura materia elettronica. La title-track è una macchina che produce violenza pura. Earthmover si sposa con la vocazione del dancefloor, groove sotterraneo che pulsa con un industrial noise-dub che aleggia inquietante.

Posthuman non è di facile ascolto, ma vale la pena immergersi in questo mondo e scoprire le sue meraviglie. Ascoltarlo è un’esperienza davvero intensa. Posthuman sta ormai da tempo nella mia playlist dei dieci dischi dell’anno, e credo che rimarrà lì per parecchio tempo.

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