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R Recensione

8/10

Epsilon Indi

Wherein We Are Water

Sono trascorsi tredici anni da “Crystal Soup”, fino ad oggi, ultimo lavoro in studio della formazione che risponde al nome di Epsilon Indi, ben diciotto da quella gemma dal bagliore inesauribile di “The Stolen Silence” e venti dal sorprendente debutto che fu “A Distant Return”, in grado di evidenziare da subito la cifra stilistica di una realtà musicale “aperta”, “allargata”, che pur di veicolare la propria idea di “sperimentazione comunicativa” non si è mai (im)posta vincoli architettonici, sentendosi libera di abbracciare le più svariate fattezze: elettronica, world music, minimalismo, ambient, psichedelia, avanguardia, musica contemporanea, new wave, progressive. Con l’atteggiamento e l’ardire di chi sente il bisogno di intersecare arti differenti fra loro, gli Epsilon Indi hanno prestato il proprio universo sonoro a spettacoli di danza, a documentari, alla cinematografia underground. Era lecito che le aspettative per il lavoro di ritorno fossero altissime, anche in virtù del lungo intervallo che ha separato il suo annuncio dalla sua effettiva release. In realtà in questi anni gli Epsilon Indi hanno comunque proseguito la loro attività su altri fronti: rimanendo sul terreno della settima arte, la formazione ha realizzato la colonna sonora per “Per Questi Stretti Morire”, docufilm di Isabella Sandri e Giuseppe Gaudino, ricevendo importanti riconoscimenti dalla critica specializzata e dalla giuria della 67a Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia , dove il film è stato presentato nel 2010.

Una armonia cristallina solcata da qualche arabesco elettronico ma eretta da violoncello, pianoforte e chitarra acustica accompagna la voce di Alex Romagnoli, una voce indefinibile, immanente ed evanescente, occidentale e mediorientale allo stesso tempo: il titolo di Dawn non è peregrino. Così inizia l'attesissimo “Wherein We Are Water”, interamente attraversato dall'elemento acquatico e ad esso dedicato. Con Shine si definisce integralmente l'essenza artistica che pervade l'anima della formazione sul "palco del presente": melodia solare eppure introspettiva, basata su ritmiche sghembe e intarsi chitarristici dal sapore crimsoniano ad opera di Alessandro Bruno. Quest'ultimo presta la voce alla toccante Clouds And Other Things, che per indole avrebbe potuto appartenere tanto al Peter Gabriel più intimista quanto al repertorio dei Rachel’s.  Just a Game è un'altra partita a scacchi condotta da un'anima impressionista: si rincorrono le pennellate di colore offerte dalle armonie del cantante Alex Romagnoli mentre i passaggi rapidi dei synth di Sergio De Vito inseguono le pindariche traiettorie aeree disegnate dalla batteria di Giulio Caneponi.

La soffusa malinconia che permea Rainy Day prende la forma di una ballad “in crescendo” che pare affine a certi percorsi dei Black Heart Procession e che molto avrebbe amato Scott Walker (specialmente quello dei suoi primissimi dischi solisti, forse anche in virtù della vicinanza espressiva nel registro vocale del chitarrista Simone Bertugno), impreziosita da sottolineature d'archi e da una batteria dal sapore jazz: uno dei vertici della produzione degli Epsilon Indi. La mesmerica ritmica di Blinking Hands si stende su un velo pittorico di lino grezzo e dalle trame ambient: quando il velo, negli ultimi minuti si alza, ci si trova immersi in una stanza dalle cui finestre prorompe con violenza una luce abbacinante.

In We Were Water, la poetica degli Epsilon Indi raggiunge il climax, con una ariosissima ritmica che regge delicati arpeggi di chitarra e leggeri rintocchi di pianoforte, in un crescendo evocativo nel quale, organo e violoncello – qui e in tutto l’album suonato da Isabella Branco – sembrano intrecciare una danza suadente mentre nel finale un canto reminiscente quello di Youssou N’dour trasforma il tangibile in impalpabile. Il post-rock malinconico di Ocean Lullaby, increspato da una chitarra in vibrato, si trasmuta in una commovente ode strumentale alla eroica ricerca del luogo di origine delle emozioni e del loro vagare, come uccelli migratori, sulle inquiete ed interminabili acque del sentire umano. Blurred Soul, rompe l’incantesimo, riconducendo i sensi ad un sogno urbano innervato da urgenze strumentali: il pulsare del basso di Antonio Leoni insegue le spigolose geometrie della batteria. Il brano dall’umore più “alterato” dell’intero album, interpretato ancora una volta dalla calzante timbrica di Alessandro Bruno.

The Rainbow’s End è l’intenso atto di chiusura di questo girovagare fra le pieghe e le onde della natura acquatica dell’uomo, ai cui flutti interiori di pensieri e umori, fanno da contraltare le vicende dei corsi d’acqua che solcano la Terra: il gruppo suona coeso, perfettamente in sintonia nel proprio inconscio collettivo, portando in scena un incedere profondamente, visceralmente rock tanto che le ultime note che ascoltiamo sono quelle della chitarra elettrica in un assolo che incarna l’essenza della lezione gilmouriana, sospesa fra blues e psichedelica. “Wherein We Are Water” dimostra che quando si è in presenza di musicisti professionisti che amano la musica più della “professione”, l’emotività non viene asservita al virtuosismo, anzi questo si dilegua. Il merito di ciò che ascoltiamo è anche della cura nel missaggio profusa da Massimiliano Nevi che molto ha dovuto lavorare sul tanto materiale emerso dalle session di registrazione, dando concretezza ad uno fra i più bei dischi pubblicati finora in questo 2012. E non solo in territorio italiano.

La consonanza fra l’elemento cruciale che per larga parte costituisce il nostro corpo e quello che dona colore e vita al nostro pianeta, sembra porsi al di sopra di altre verità chimiche che pure ci circondano: quella degli Epsilon Indi è una musica che si rivela come una Quinta Essenza, ossia come una materia sottile che sottende e da senso ad aria, acqua, fuoco e terra e che fonda una modalità per dischiudere la sua esistenza alle mutevoli suggestioni offerte dall’ispirazione ma anche per dare forma e sostanza ad intuizioni e a panorami immuni da condizionamenti temporali.

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Voto degli utenti: 7,4/10 in media su 13 voti.
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BC_U11 9/10
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REBBY 6/10

C Commenti

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fgodzilla (ha votato 7 questo disco) alle 11:55 del 18 settembre 2012 ha scritto:

assurod che non si riesca a reperire in rete a parte questo bellssimo pezzo nula di questo ultimo disco . nemmeno sul loro sito.

io compro solo musica italiana ma se non mi fanno ascotare altro ............peccato per ora voto solo la canzone

luigia alle 19:07 del 20 ottobre 2012 ha scritto:

Adoro questo CD....

sander von golo (ha votato 10 questo disco) alle 14:01 del 22 dicembre 2012 ha scritto:

Magnifico!! Finalmente un disco italiano bello, interessante, intelligente e con dei testi molto poetici....

andrea1927 (ha votato 9 questo disco) alle 15:20 del 25 dicembre 2012 ha scritto:

Disco bellissimo...

antonella_59 (ha votato 9 questo disco) alle 15:25 del 25 dicembre 2012 ha scritto:

nn li conoscevo, ma adesso nn li mollo più!!