Bushman's Revenge
You Lost Me At Hello
Ecco la situazione a metà luglio 2009. Relapse: 3039 iscritti su Facebook. Ipecac: 4845 iscritti su Facebook. Sub Pop: 7391 iscritti su Facebook. Touch & Go (pace allanima sua!): 2503 iscritti su Facebook. Domino: 1730 iscritti su Facebook. Rough Trade: 2105 iscritti su Facebook. Rune Grammofon: nessun risultato trovato.
Il perché di questa assoluta mancanza di riscontro nel social network più in voga del momento non è, a dirla tutta, così inspiegabile. Credo che ben poche persone andrebbero fiere di vantare una assidua militanza nelle file discografiche delletichetta scandinava, e ne avrebbero ben donde: la Rune Grammofon pubblica aborti. Avete capito bene, signori: niente chincaglierie metalliche sulla stregua della Relapse, né il raffinato e capillare pop rock di casa Touch & Go, e tanto meno la rinascita brit capitanata dai signori della Domino. La politica di Rune Grammofon è quella di accettare tutto ciò che, altrove, sarebbe respinto con aria nemmeno troppo cortese: traffico, onde per cui, popolato da avanguardie, magmi di derivazione incerta, traumatici scontri a rotta di collo fra rock e tutto ciò che può essere al suo opposto, montagne di rumore e di silenzio, follie sonore al limite dellascoltabile, cerebrali esperimenti che nascondono pura accademia (vedi alla voce Studio 1, Box, uscito e recensito su queste pagine lanno scorso).
Questa volta tocca a tre ragazzotti norvegesi testare le proprie capacità ed adattarle agli anarchici, severissimi parametri delletichetta. You Lost Me At Hello, giusto per introdursi in un mare di banalità (ma è bene dirlo da subito), è un disco completamente strumentale, completamente selettivo, completamente folle, composto per scremare al primo colpo una folta percentuale di ascoltatori non interessati allassenza totale di strofe e ritornelli (e, se vogliamo andare oltre, anche alla saltuaria carenza di filo logico). I Bushmans Revenge sanno assolutamente suonare, ed anche provocare, se è vero che il disco inizia con Count The Holes In Your Head, uno stoner caracollante ed assolutamente canonico, che suonava così e forse meglio già al tempo dei Melvins di fine 80. Tempo un breve skip intertraccia e le perplessità sono destinate ad aumentare vertiginosamente.
Ci troviamo davanti, infatti, a veri e propri deliri cacofonici, unaccozzaglia di accordi ordinati secondo un non-ordine, dove lavanzare dei pezzi e i titoli degli stessi sembrano essere niente di meno che pure e semplici convenzioni. Un allenamento a tennis in solitaria, insomma, dove le palline vengono sparate tre per volta e a ritmi completamente irregolari, in un ricambio continuo di frastuono e delay. Eppure, nonostante lascolto non sia dei più agevoli, spesso viene voglia di ripetere lesperienza, perché si coglie che quello dietro non è il desiderio fine a sé stesso di rovinare gli schemi, bensì è limpossibile ricerca di concatenare tiro rock, tecnica jazz e pulsioni avantgarde in una sfrenata esasperazione del trittico. Prova ne sia, infatti, che Bølehøgda Rock City e Ginsberg, prima di risolversi a puro e semplice (mica tanto) accatastamento noise, in una tenzone strumentale praticamente incontrollata, presentano una trama conducente tutto sommato lineare: ancora più pragmatica è la lunga King Of Hello, stretta fra due semi-drone dimenticabili e quasi del tutto silenziosi (Hell Is For Hello e Ghostwriters In The Sky, praticamente un antidoto a quellorgia di suono), che furoreggia lentamente, per poi svincolarsi con altrettanta gradualità e venire sorretta da un efficace riff funk a rapido deterioramento, sia chiaro .
Il dubbio, che rimane anche dopo molti ascolti, è capire quanto effettivamente questo materiale potrà avere presa dal vivo, o in che modo riuscirà a sfuggire alla pressante ombra dellesercizio intellettuale. Problema, questo, che se trova più quesiti che risposte in No Sleep til Hammerfest (titolo geniale!), un altro stoner roccioso che deflagra nel desueto smottamento elettrico, riesce ad assolversi, in parte, nella conclusiva, splendida Champagne For My Real Friends, psych rock imbottito di fuzz, finalmente dotato di capo e coda, con tanto di cori.
Astenersi non futuristi. I fuochi dartificio in copertina bruciano, vi avverto.
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