R Recensione

7/10

Rice屎Corpse

Mrs. Rice

Non per intromettermi, a dispetto della discrezione, nella vostra vita privata, ma posso contare i vostri hobby sulle dita di una mano: portare la sera fuori il cane, andare al cinema con la dolce metà, sbronzarsi con gli amici, scrivere nei forum che il punk è morto e poi scatenarsi ai concerti degli Offspring. Qualcuno dei più maliziosi, con ogni probabilità, starà ancora correndo dietro a Sircana, chiedendo il resto indietro. Lucas Abela, invece, è un ragazzo un tantino fuori dal comune, e non perché disdegna la prostituzione. Mentre tutto attorno ci si diverte, si gozzoviglia e ci si anchilosa con taniche di alcool del più scadente mai messo in commercio, lui osserva frammenti di vetro. Li prende in mano, se li passa tra le palme, pensieroso. Li trafora, introduce fili, collega prese, connette spinotti. Li trasforma, con arte cyberpunk, in affilatissimi strumenti musicali, opportunamente elettrificati. Infine, sprezzando profondamente il minimo sindacale di razionalità che non induce il globo, per il momento, ad emularlo, se li immette in bocca: soffia, sputa, morde, trafigge la propria carne con le schegge che volano via dal suo improvvisato intonarumori, lasciando sul terreno di battaglia sangue, una marea, e disturbanti pietrate noise di reediana memoria.

Converrete con me che, vox clamantis, non sia il massimo della raffinatezza. Eppure, suonerà strano, mi sono sempre chiesto se per sentirsi jazz bisognasse, al netto degli scarti, vestirsi bene. Abela non è tipo da boutique di Gucci, su di un palchetto riesce a creare più frastuono delle asfaltatrici orientate in direzione Pisspounder, ma nei siti specializzati “Mrs. Rice”, debut album del progetto RiceCorpse, è ugualmente etichettato come tale. Isteria collettiva? Ancestrale bisogno di dare un nome a ciò che non si afferra? Oppure, partendo dai Boredoms per arrivare a Ornette Coleman, il filo teso è sempre lo stesso? Lo spettro delle osservazioni si biforca più volte a scoprire che le terrificanti piaghe rumoristiche sono, in realtà, supportate ed amplificate dalle dodeca(co)fonie del pianista Li Zenghui, spettacolare nel riempire di dissonanze le ferite bianche aperte dal collega australiano, e da un set di percussioni invero un po’ in ombra, se affiancate al potenziale distruttivo di cui i due musicisti sopra nominati dispongono. La pronunciata selettività del disco è, però, contenuta nell’interno della vorace curiosità che avvolge un ensemble di tal fatta.

Ci pensa “Mountains”, in apertura, ad amplificare le aspettative: su di un sostrato ritmico trip-hop, presto declinato in jazzcore, schiuma la rabbia disarmonica ed iperdistorta delle stilettate di Abela, in un putiferio cosmico che potrebbe ricordare gli Sword Heaven meno industriali. E se, com’è destino, polvere siamo e polvere diventeremo, la nostra uscita di scena dovrà essere scandita al passo del requiem più fedele del momento: proporre la violenza esasperata, parossistica, sproporzionata di “Stamp On My Balls”, con sulfurei lasciti per pianoforte, urla di dolore in sottofondo e vischiosi, centripeti vortici di anti-suono non sarebbe una cattiva idea. Ci ricorderebbe, quantomeno, chi siamo, da dove veniamo e perché siamo al mondo: Robert Quine e John Zorn avevano già buttato un occhio (ed un orecchio). Dei “Resurrection Men”, nient’altro: elettronica spietata e devastata da un andirivieni di piaghe purulente. Per chiunque voglia maggiori informazioni, cerchi “Mrs. Rice”, una signora compunta con la passione per le fughe prive di prospettiva ed in declinare naturalmente, gioiosamente, brillantemente frastornante. Il vetro qui si fa simbolo cupo, a tinteggiare trame gonfie di tensione, poi sfogate in snodi di cieco abbruttimento. Contrappasso, forse, da scontare in cambio della sottilissima distensione di “Pecking Duck” e degli assordanti silenzi di “Desktop Frog”.

Imperativo morale: riciclarlo alle calende greche.

V Voti

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C Commenti

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Utente non più registrato alle 0:53 del 26 novembre 2009 ha scritto:

Complimenti

Il mio hobby è il pugilato agonistico, non ho un cane (non ho neanche la ragazza...), non mi interessa se il punk sia morto o vivo perchè non credo che andrò mai ad un concerto degli Offspring, ma mi piacerebbe assistere a un concerto di Derek Trucks (che tra l'altro non si mette in bocca neanche un coperchio delle scatolette di tonno a strappo... Dico io, almeno due-tre punte da trapano magnatele... Se proprio non le trovi, almeno masticati un riccio di mare... Niente, si ostina a suonare la chitarra. Troglodita).

Non ho capito se i tagli e il sangue fanno parte dell'esibizione, per scioccare la gente oppure se sono accidentali e dovuti al materiale utilizzato per emettere i suoni.

Mah. Comunque... Spero che si disinfetti per bene dopo. Che ce voi fà...

REBBY alle 9:29 del 26 novembre 2009 ha scritto:

"Il mio hobby è il pugilato agonistico ..."

Il video non lo voglio vedere, mi fido. Meglio non litigare con te (eheh)