R Recensione

10/10

The Residents

Not Available

Difficile parlare con distacco di un disco che il sottoscritto considera una vera e propria opera d’arte del secolo scorso, scaturita da alcune fra le menti più geniali della storia del rock, e con la quale è in continuo dialogo. Un continuo confronto con un opera che ha la capacità di germogliare di nuovi significati ad ogni ascolto, fertilità che nasce fra i meandri oscuri del suo tessuto composito. Quando si parla dei Residents è inevitabile inciampare nel concetto di oscurità, ma sarà bene connotare il termine per evitare fraintendimenti. Quel senso di indecifrabilità che scaturisce dall’ascolto non appartiene al disco ma a noi stessi; come ogni altra possibile emozione, erompe dal nostro spirito o, meglio ancora, dalla nostra particolare formazione individuale. Beauty is in the eye, tanto per citare la gioventù sonica.

Ora, ogni personale educazione spirituale è espressione del contesto in cui vive, come dire che l’albero storpio denuncia il terreno sul quale è cresciuto. La società di massa, con le sue scatole in serie e la sua felicità pronta al consumo, è l’humus oleoso dal quale è germogliata ogni nuova generazione a partire dalla prima metà del novecento. Terriccio fecondo ma che ci ha ammaestrati tutti sotto un’unica insegna: il paradiso è a portata di mano. Esiste, di conseguenza, una parte di noi che è rimasta schiacciata, ma che ha braci abbastanza forti per rinfocolarsi. Non che i Residents siano i custodi di tale verità violata, ma è almeno un tentativo (e direi più che riuscito)di restituirci una fetta di ciò che ci è stato rubato, indagando in un territorio oscuro e soggettivo, quello dell’immaginazione.

A tale scopo, la parodia veste un’importanza particolare, come strumento critico di quella parte di mondo fagocitata dai sensi; farsa ed ironia non in senso zappiano, ma più come il vizio di un condannato a morte che non ha nulla da perdere. La parodia definisce la sintassi dei pezzi. I brani sono un convoglio di ritagli musicali uniti fra loro da un montaggio alogico, una pratica direi quasi dadaista per svelare l’inconsistenza della società, la perdita delle ideologie, la sconfitta delle generazioni moderne. Anche e soprattutto un modo per burlarsi dell’industria discografica, l’industria del prodotto finito, della pubblicità, dei mass-media; mi si conceda di dirla alla Campana: l’industria del cadavere.

A tale proposito l’oscurità gioca un ruolo fondamentale: in contrasto con la “musica d’immagine”, ancora oggi nessuno sa con precisione chi siano i Residents. Ciò è dovuto al maniacale occultamento della loro identità nel corso degli anni (nelle loro poche esibizioni dal vivo si presentavano con orrendi bulbi oculari posti sul capo). La loro arte, fedele alle teorie sopraccitate, è caricatura della musica di consumo, assemblati di genere popolare, elettronica, avanguardia e musica colta. Il tutto espresso attraverso mezzi precari ed artigianali di produzione del suono (che a lungo andare è diventato il loro marchio di fabbrica) e, come già spiegato, utilizzando il montaggio delle parti come procedimento primario nella composizione ed esecuzione dei brani.

Iniziamo finalmente a parlare del disco in questione che rappresenta il canto del cigno della formazione di San Francisco, vetta alla quale purtroppo non riusciranno più a pervenire negli anni a seguire.

Dopo l’audace ep del 1972 a nome “Santa Dog”, uscirà nel 1974 il gioiellino “Meet the Residents”, disco che prospetta già tutte le caratteristiche essenziali della band. In quello stesso anno i Residents registreranno dell’altro materiale, ma che inspiegabilmente verrà dato alle stampe solo quattro anni dopo con il titolo “Not Available”.

Il disco, “non disponibile” fino al 1978, è la rappresentazione musicale dell’orribile pantomima dell’uomo moderno; un musical dannato in cui appaiono personaggi grotteschi, scavati nell’animo, vuote bambole di ceramica che giocano all’amore. Il brano di apertura “Edweena” irrompe in una fragorosa esplosione di piatti, spianando la strada al solenne tema di apertura, sorretto da sovrapposte percussioni tribali. Raccapriccianti scioglilingua proiettano il tutto in una sorta di atmosfera rituale che viene bruscamente convertita in ben altro scenario; le percussioni svaniscono, una lugubre melodia di synth ricalca la geografia del limbo, un’anima angustiata celebra la sua agonia. Oasi nell’angoscia è il motivo seguente, un carillon di suoni delicati e atmosfere cosmiche sui quali una voce femminile delinea un’apparizione virginea ma illusoria; riecco la trasfigurazione, l’alternanza delle partiture imita le diverse fasi di una crisi esistenziale.

The Making of a Soul” si apre con un secco fraseggio di sax, sorretto da un incalzante tappeto di piano e percussioni; anche in questo caso un brusco cambio di registro scaraventa il tutto in un’atmosfera rarefatta; una voce debole e lamentosa guaisce sulle fragili note di un pianoforte riverberato; è la seduzione dell’abbandono. Poi, come di rito, una breve reprise del brano di apertura, una filastrocca, qualche attimo di silenzio ed un nuovo scenario; un’allegra danza macabra, un valzer elettronico per anime castigate. Il cantato snervato languisce fino alla solenne chiusura; un cheese sdentato all’obiettivo della fotocamera luciferina.

Il terzo brano, “Ship’s a’ Going Down” è una summa di frammenti eterogenei; l’innocenza dei fiati d’apertura e l’atmosfera quasi idillica è commuovente. Presto prorompe una sonata maledetta, un’aria da giostra deserta; la voce rauca irruvidisce la composizione; il tutto è alternato a zampilli corali e digressioni a tono documentaristico. L’ultima parte, al contrario, è contraddistinta da una disperata sovrapposizione di voci lancinanti, libere di muoversi fra i severi confini di una melodia estremamente drammatica; la manifestazione dell’ineluttabilità ed il sommo grido di pietà.

Una breve tregua ci è offerta dal quarto brano “Never Known Questions”, un avanzo di trasparenza; la ballata del buonsenso si esprime in un ritmo lento e sensuale, una linea vocale quasi infantile ma molto efficace, una sovrapposizione di tracce ben equilibrata, un pianoforte stonato di una fragilità toccante. E’ qui che avviene il passaggio dalla consapevolezza alla rassegnazione; dopo una breve parentesi parlata sottesa a poche solubili note di piano riverberato, ecco esplodere il tema finale in tutta la sua magnificenza. La marcia è pomposa ma altresì morbida e delicata; un timido contrappunto nel quale spicca il sordo barrito del sax a dettarne la metrica.

Epilogue” è un palco ormai svuotato di ogni suo artificio scenico. Le maschere invocate in precedenza hanno esaurito la loro forza vitale; sono stanche di recitare. Rimane solo il tempo per una breve ripresa del brano d’apertura “Edweena”, quasi a voler sottintendere la ciclicità della vita e che tutto non è perduto finché abbiamo la possibilità di ricominciare da capo; la voce di un fanciullo sancisce tale speranza.

Il capolavoro è quasi compiuto e mi soggiunge un pensiero: sono passati circa trent’anni dall’uscita di questo disco e le strade battute allora sono esattamente le stesse che calpestiamo adesso. Forse la via dell’assoluzione è davvero “ non disponibile”? Un ultima carezza di arpa ed il sipario è calato.

V Voti

Voto degli utenti: 9,4/10 in media su 23 voti.

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barkpsychosis (ha votato 10 questo disco) alle 16:12 del 6 luglio 2007 ha scritto:

ottima recensione e grandissimo disco! se non è arte questa...dovrebbero conoscere tutti questo capolavoro di collage music!

ummagumma (ha votato 10 questo disco) alle 10:34 del 14 luglio 2007 ha scritto:

Splendida recensione, davvero...sul disco non riuscirei che a definirlo "irrangiungibile", "non disponibile" appunto )

Neu! (ha votato 10 questo disco) alle 19:17 del 11 ottobre 2007 ha scritto:

C - A - P - O .

uno dei pochi dischi che merita 10 (gli altri: velvet underground & nico, Faust I, Irrlicht, Rock Bottom, Fare Forward Voyagers, Trout Mask Replica, Twis Infinites, Hosianna Mantra, Geek the Girl, Lorca)

bart (ha votato 9 questo disco) alle 14:16 del 18 novembre 2010 ha scritto:

RE: C - A - P - O .uno dei pochi dischi che merita 10 (gli altri: velvet underground & nico, Faust I, Irrlicht, Rock Bottom, Fare Forward Voyagers, Trout Mask Replica, Twis Infinites, Hosianna Mantra, Geek the Girl, Lorca)

Ma va, gli stessi che sono nella classifica di Scaruffi. Che strana casualità.

salvatore alle 14:25 del 18 novembre 2010 ha scritto:

RE: RE: C - A - P - O .uno dei pochi dischi che merita 10 (gli altri: velvet underground & nico, Faust I, Irrlicht, Rock Bottom, Fare Forward Voyagers, Trout Mask Replica, Twis Infinites, Hosianna Mantra, Geek the Girl, Lorca)

Oddio... i replicanti! Questo è l'"ultimate final cut" di Blade Runner

Neu! (ha votato 10 questo disco) alle 19:18 del 11 ottobre 2007 ha scritto:

L - A - V - O - R - O

ops, mi sono scordato meta parola...

barkpsychosis (ha votato 10 questo disco) alle 14:27 del 12 ottobre 2007 ha scritto:

beh...lo merita anche "Low" di Bowie se è per questo

Cas (ha votato 9 questo disco) alle 22:42 del 13 agosto 2008 ha scritto:

incredibile come qui dentro possano coesistere avanguardia totale e melodia...un disco superbo e fondamentale per la storia del rock!

Totalblamblam (ha votato 10 questo disco) alle 12:01 del 5 novembre 2008 ha scritto:

il disco dei residents più compiuto e maturo

Marco_Biasio (ha votato 10 questo disco) alle 14:12 del 11 gennaio 2009 ha scritto:

Disco pazzesco

Ghiaccia il sangue nelle vene. Qui dentro convivono decadentismo, grande melodia, teatralità rock, avanguardia, tetra disperazione, stacchi jazzistici. Incredibile "Edweena", con le sue larghe aperture sinfoniche, che cozza brutalmente contro la claustrofobica angoscia di "Never Known Questions", quasi un no-transmission, si sublima nei secchi fiati di "The Making Of A Soul", trova la quadratura del cerchio nella nenia beffarda e elettrolitica di "Ship's A Goin' Down" (incredibile) e chiude il tutto con un epilogo maestoso, specie nell'afflato finale d'arpa. Disco perfetto dall'inizio alla fine. Come al solito, mi dolgo per non averne goduto prima. Questa è una pietra miliare incredibile.

Bellerofonte (ha votato 10 questo disco) alle 12:33 del 2 aprile 2010 ha scritto:

Peccato non abbia il giusto palcoscenico

Resistere a quest'album senza immergersi in incontrollate turbe mentali è quasi impossibile. Sicuramente fuori dai grani numeri e dai grandi riflettori, capolavoro per pochi, ma che tutti dovrebbero conoscere. Le sensazioni che riesce a trasmettere sono assurde. Ricordo ancora la prima volta che lo ascoltai (uno dei pochi album che mi inciso a fuoco nella mente il momento del primo ascolto) rimasi tramortito gia dai primi secondi con quei piatti che aprono l'album dando spazio ad andature percussive incalzandi per poi passare a tutt'altra amosfera lugubre e mistica.. Qualcosa in cui è difficile ambientarsi per lo spirito e per la mente.. Ma se ci entri... Beh!

bart (ha votato 9 questo disco) alle 22:49 del 8 aprile 2010 ha scritto:

Lucida follia

REBBY (ha votato 9,5 questo disco) alle 15:36 del 18 novembre 2010 ha scritto:

Ma è roba vecchia. Il figlio (clonato) di Piero ci ha lasciato tanto tempo fa...Neu non è più tra noi, inutile infierire ora (e poi non è stato l'unico a copiare altri, qua). O forse è ancora tra noi con un'altra identità? eheh

bart (ha votato 9 questo disco) alle 15:54 del 18 novembre 2010 ha scritto:

Non c'è l'ho personalmente con Neu! Poi anch'io sono stato "Scaruffiano"; era una specie di guru per me. Per fortuna sono diventato laico.

REBBY (ha votato 9,5 questo disco) alle 16:14 del 18 novembre 2010 ha scritto:

"anch'io sono stato scaruffiano"

Davvero? E in quel periodo amavi anche il "figlio del senatur"? Non mi dire...che non ci posso credere eheh

bart (ha votato 9 questo disco) alle 17:00 del 18 novembre 2010 ha scritto:

Comunque lo apprezzo ancora, perchè grazie al suo sito ho conosciuto dischi di cui altrimenti avrei ignorato l'esistenza. Adesso ho solo preso un pò le distanze.

Hexenductionhour (ha votato 9 questo disco) alle 22:18 del 21 febbraio 2011 ha scritto:

Disco fuori dal tempo,semplicemente perchè non è mai stato nel tempo...nel senso che non è mai andato di "moda" ma è proprio un genere a se stante,fuori dagli schemi,che vive di vita propria e si fa quasi beffe della musica definita "normale"...geniale

Utente non più registrat (ha votato 9,5 questo disco) alle 0:11 del 6 marzo 2018 ha scritto:

Disco fuori dal tempo perché non ci è mai stato.. è un'affermazione romantica e intelligente