R Recensione

6/10

Mattia Coletti

The Land

Per poter capire a pieno la nuova fatica di Mattia Coletti, bisogna fare una premessa molto importante. Per questo genere di musica, bisogna essere in movimento. E non mi riferisco in questo caso al danzare, ma al movimento inteso come spostamento. “The Land” è un disco che ha bisogno di questo. Ha bisogno di paesaggi naturali, di immagini riflesse dal finestrino di un treno, o di viaggi in auto su qualche statale che ha vista sul mare. Perché il concetto di movimento, di fronte a certa musica è essenziale. Il viaggio è il metodo migliore per sviluppare un rapporto empatico con questo disco.

Vivendo la strada, percepisci il sapore di questi suoni. Una sorta di colonna sonora della natura, tra loop continui ed ossessivi di chitarre acustiche, che sembrano riportarci in territori del sud degli Stati Uniti d’America. Una sorta di Balmorhea all’italiana per intenderci. Ma c’è una linea che demarca una sostanziale differenza con il collettivo texano. Se per gli americani il loro post-rock acustico sta acquisendo un respiro colorato, il sound di Mattia rimane più introverso, asciutto, a tratti psichedelico. Le otto tracce che compongono questo quarto disco solista, rischiano di sembrare monotematiche. Probabilmente il difetto maggiore di questo lavoro si riscontra in questa sua eccessiva compattezza sonora. Ma non per questo la mia critica vuole essere eccessivamente dura. Perché all’interno di questo lavoro sono presenti anche degli episodi che meritano di essere citati. Vedi l’atmosfera ipnotica di WindGlass, la spensieratezza di Greta, la solarità crescente di Tape And Crackle.

Un maggior respiro nei suoni avrebbe sicuramente giovato in “The Land”. Nel suo complesso è un disco che raggiunge ampiamente la sufficienza. La mia semmai vuole essere un’esortazione a trovare nuovi colori che possano arricchire la poetica sonora di Mattia Coletti per i prossimi lavori solisti.

V Voti

Voto degli utenti: 6/10 in media su 1 voto.
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