R Recensione

9/10

Aufgehoben

Khora

Ne siamo ormai certi: gli Aufgehoben sono gli indiscussi re del suono brutale, un suono cattivo che fa riecheggiare nell’intero globo terrestre il loro nome come punto fermo del rock estremo. Khora è una massiccia irruzione nella ricerca della perfezione di un suono impetuoso e furioso. Gli Aufgehoben sono abili nel creare un’apocalisse senza espedienti futili, nobile noise che scherza con la purezza limpida del jazz, del punk e del rock.

Khora (chore) nella visione platonica è l’ambiente in cui la materia prende forma ed è anche lo spazio in cui gli Aufgehoben hanno dato origine al loro concetto di materia, materia sonora che viene plasmata in tutta la sua potenza, controllandola e dosandola con giuste dosi di irruente violenza. Non è certamente musica da camera o da meditazione ambient, ma neanche dire che sia solo puro noice violento e cieco, concepito solo per distruggere. Quest’album racchiude in se l’idea più intima e cattiva di “improvvisazione”, dove nulla è lasciato al caso, ogni singolo pezzo suona secondo uno schema programmato a tavolino. Il disco è diviso in due parti, la prima parte contiene tre piccole tracce esempi sonici di tessiture metalliche tra drums, chitarre distorte e feeback intrecciati fino allo spasmo. La seconda metà del disco è un unico pezzo Jederfursich di 27 minuti circa. Tutto si compie con due batterie (Stefen Robinson e Phil Goodland) elettronica (David Panos) e chitarra (Gary Smith).

Il pezzo di apertura, Innocence Oblivion Contempt, è il pezzo che contiene più ferocia dei tre iniziali, calderone di detriti sonori sovraeccitati e sovradilatati. Questa traccia gioca tra mutanti sudice chitarre indemoniate che si azzuffano tra di loro e un elettronica decostruttiva mischiata con percussioni assordanti e deflagranti di doppia batteria. Capolavoro di noice e dichiarazione aperta della grande potenza del gruppo. Annex Organon è costruita su soli tre minuti di pura elaborazione di scorie metalliche gettate in un vortice di suoni percussivi congeniati tra pioggerelline di chitarre trattate. A bastard reasoning si allunga in 10 minuti e più, inizia come un esercizio di schiamazzi elettronici mentre frammenti di drumming si riversano sconnesse su maglie intrecciate di suoni digitali con minimali astrazioni di chitarre graffiate assottigliandosi sul finire tra silenzi sporchi.

Il pezzo conclusivo Jederfursich trae spunto dal significato stesso della parola. Jederfursich è una parola tedesca che tradotta in inglese sta per “Every man for himself”. Da questo concetto dell’uomo relazionato a se stesso si costruisce il tema musicale centrale del pezzo. Si parte con piccole singole tracce sonore introdotte esattamente all’inizio per poi azzuffarsi tutti insieme nel mezzo del pezzo dando origine all’essenza del titolo stesso che è pura distruzione e totale caos.

In dettaglio  Jederfursich è un’esecuzione fuori controllo di 27 minuti circa, massacrante doppio drum fatto di percussioni distorte che cercano di frantumare l’udito come un ordigno di potente deflagrazione, stridenti parti di chitarre mescolate con tutta l’energia del free jazz accoppiate a frenetici esercizi di feedback alla Wolf Eyes. Se volessimo dare una descrizione molto naive di questo pezzo diciamo di immaginare di sciogliere le briglie a delle bestie selvagge con occhi vitrei iniettati di sangue e lasciare sfogare la loro voglia distruttiva generando caos tutto intorno a loro. Una pazza esperienza di cervelli intelligenti consci del peso inimmaginabile della loro energia creativa, tutti i membri della band si tuffano in questa stravagante e bizzarra esperienza con implacabile e devastante energia.

Khora non è il solito lavoro di un gruppo che caga fuori del noice fatto solo di violenza cieca e ottusa è arte di distruzione programmata. A chi dubita ancora che si possa fare oggi un gran disco di noice, Khora è la risposta giusta. Prova di gran classe. Geniali.

V Voti

Voto degli utenti: 4/10 in media su 1 voto.
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krikka 4/10

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