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R Recensione

7/10

Hum Of Gnats

Purge The Weevil From Yer Midst

Prendete la pazzia strumentale di Panda Bear, aggiungete lo schizofrenico tocco elettronico dei Matmos ed infine spruzzate il tutto col progressive italiano degli Aktuala, dei Blue Morning o del Telaio Magnetico. Questa è la ricetta di partenza per apprezzare al meglio Hum Of Gnats, all’anagrafe Ezio Piermattei, pescarese libertino dai modi riservati con un approccio totalmente aperto verso la musica, e il suo primo sforzo di lungo periodo dall’enigmatico titolo “Purge The Weevil From Yer Midst” (letteralmente “spurga il tonchio dal mezzo”). In Hum Of Gnats free jazz, art rock, improv-noise e avanguardia elettronica diventano un tutt’uno, regalandoci un disco di lucida follia atonale composto di soli quattro brani che cominciano tutti per H, quasi fosse un’operetta buffa. Il suono è dunque postmoderno, nel senso che si presenta come un bricolage di elementi musicali diversissimi tra loro per disvelarsi in un corpus comune solo ad un ascolto globale.

Un walkie-talkie sfasciato intona “Hop Score” ma a metà discorso tutto viene interrotto da un ottone birichino (Napo Camassa al sax soprano), per poi riposarsi nei suoni minimi lasciando un effetto psicoacustico di grande pregio nelle orecchie dell’ascoltatore. Quella che sembrava una domenica al luna park si trasforma in un sogno ad occhi aperti, un viaggio nei meandri del subconscio e dell’es. Parte poi una piccola orchestra da camera con “Hex-Ercises In Stalinism” ma l’enarmonia è tale che il tutto si trasforma subito in un pigro coro di robot; di colpo Hum Of Gnats vira sul rock progressivo per stabilizzare i suoni in un ludibrio di droni ed infine cimentarsi in una sorta di ballata folk del terzo millennio (a tratti ricorda la rilettura popolare operata da Luciano Berio nelle sue “Folk Songs” del 1964 per Cathy Berberian). “Hey, Rube!” comincia la sua galoppata con un mood di calma piatta e piano piano, aggiungendo suoni ed atonalità, va verso il noise più fanatico, ove voci marginali e batterie fuori tempo creano un lucido intermezzo di dissennatezza; il pezzo viene infine scandito con dolcezza da pad eterei e intermittenze radiofoniche. Alla fine di questo viaggio epilettico troviamo “Hat, Infundibuliform Hat”, che prende spunto dai suoni anomali provenienti dalla realtà: bambini che corrono, traffici in Medioriente, oggetti che sbattono, ma anche tromboni e clarinetti, bouzouki e viole, pianoforti e fisarmoniche. Ezio Piermattei riassume qui il suo vaneggiamento, il suo definitivo pensiero musicale, sintesi ultima delle correnti d’avanguardia, dalla musica dodecafonica ai processi stocastici, dagli interventi aleatori all’approccio strutturalista. In lui tutto è incongruo, illogico, azzardato, eppure la sua musica risulta gradevole, nonostante il disordine che la governa, e nelle orecchie, a fine CD, resta un malinconico senso di vuoto. Riflettendo su “Purge The Weevil From Yer Midst” ci si chiede se l’ascolto non sia stato piuttosto una perdita di tempo e se la vibrazione sonora abbia infastidito o arricchito. Personalmente propendo per la seconda ipotesi.

Tirando le somme, questo disco dimostra l’immensa cultura musicale di Hum Of Gnats e rende merito al suo talento che è sia imitativo sia creativo. Al pari non è musica radiofonica e difficilmente Ezio Piermattei uscirà da questo ennesimo underground; d’altro canto la musica colta non ha mai riscosso particolare successo presso le masse. Fatto sta che “Purge The Weevil From Yer Midst” aggiunge un ulteriore mattoncino al grattacielo della sperimentazione italica e come titolavano nel 1978 un loro brano gli Officina Meccanica, “Nel Grattacielo Delle Idee Il Pensiero Più Alto È La Pazzia”.

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