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R Recensione

6,5/10

Bjork

Vulnicura

Anni fa, un (da allora un po' meno) amico, mi regalò un cd che lui definì "un capolavoro". Era il mio compleanno. Non aveva titolo nè riportava il nome dell'autore. Provai ad ascoltarlo ma non riuscii a capirci nulla: c'erano dei suoni strani, degli scricchiolii, qualche sibilo. Il giorno dopo chiesi spiegazioni a chi me lo aveva regalato. Disse: "è l'opera di uno sperimentatore tedesco che ha messo dei microfoni nelle carcasse di alcuni animali in decomposizione e poi ha condensato in 120 minuti il risultato di un mese di registrazioni". Ora, dico io, a parte la mancanza di sensibilità (sono nato il giorno dei morti e mi regali un disco suonato da cadaveri), ma come si fa ad ascoltare una stronzata del genere? 

 

Ecco, ad ogni uscita discografica (recente) di Bjork partono gli attacchi di panico. Cosa avrà inventato, questa volta? Già, perché la dea dei ghiacci, dopo aver di fatto creato un genere con “Post” e con il pluriacclamato “Homogenic”, ha affrontato il nuovo millennio con una insana (sebbene particolarmente creativa) voglia di sperimentare. E se l’elettronica cerebrale di “Vespertine” riuscì comunque a soddisfare i suoi estimatori e a tenere la distanza dai suoi sempre più numerosi tentativi di imitazione, già con “Medulla” e le sue montagne russe vocali qualcuno contrasse i muscoli facciali. Chi scrive apprezzò molto quella voglia di trovare nuove strade al servizio di una voce – quasi inutile ricordarlo – veramente straordinaria per tecnica ed espressività. Ma con i successivi “Volta” e – soprattutto – “Biophilia”, anche il sottoscritto mollò il colpo. Il concepito aveva superato il contenuto, come se il progetto-Bjork stesse tentando di oltrepassare l’ambito strettamente musicale per diventare una qualche forma moderna di artista totale (visuale e tecnologica). E chi, come me, si fermò alla musica, non riuscì ad apprezzare il concept virtuale di “Biophilia”. Che non era proprio come registrare cadaveri in decomposizione, ma il senso di disagio, o forse di soggezione, era lo stesso.

 

In questo senso, “Vulnicura” chiude un ciclo (che potremmo chiamare “avere a che fare con Lars Von Trier può creare qualche problema”) e ne apre un altro. Il nuovo disco di Bjork è un disco intimo, personale, che nasce dalla necessità di esprimersi (vedere il cuore “aperto” in copertina) e di esorcizzare il dolore procurato dalla fine della relazione con l’artista Matthew Barney. E si sa, quando dobbiamo esprimere concetti così privati, usiamo il linguaggio che meglio conosciamo. Per questo motivo “Vulnicura” è in gran parte composto dalla sua autrice, che si presenta nella sua essenzialità (vocale e musicale) fin dall’ iniziale “Stonemilker”, costruita su una ritmica quasi assente e un testo nel quale chiede rispetto, ripetendo la parola “emotional” che ben ricordiamo nel testo di “Joga” (“Show me emotional respect, oh respect, oh respect / And I have emotional needs, oh needs” ). In maniera analoga, il resto del disco segue un percorso compatto (ma anche privo di sussulti) fatto di vocalità “classica” e sofisticata (“Lionsong”) unita alle produzioni elettroniche altrettanto sofisticate del nuovo golden boy elettronico Arca. E qui apriamo una parentesi: non siamo nessuno per dire che Kanye West abbia preso un abbaglio (anzi, il lavoro fatto sugli EP di FKA Twigs è eccellente), ma tra i solchi di “Vulnicura”, benché appaia in sette brani su nove, il produttore venezuelano non lascia il segno. Una bella entrata a gamba tesa e in 4/4 a spezzare l’agonia post-amorosa di “Black Lake”, ovvero dieci minuti (forse il brano più lungo mai inciso dall’ islandese, escludendo i remix) di vero dolore, interpretato da una Bjork distrutta (“My heart is enormous, lake black with potion / I am blind, drownin' in this ocean”), e davvero poco altro. O meglio, niente che i Matmos non possano imbastire in una mezza giornata di lavoro.

 

Il corpo centrale del disco è composto dalle canzoni scritte dopo la rottura con Barney, e rappresentano la “cura” delle ferite (“vulni”). La già citata “Black Lake” è seguita da “Family”, altri otto minuti questa volta molto dinamici, vicini a certi esperimenti di “classica contemporanea”, durante i quali la cantante islandese esprime ancora il suo dolore (“Is there a place / Where I can pay respects / For the death of my family?”) e da “Notget”, forse il brano più interessante dal punto di vista della linea vocale (che ricorda davvero il passato dell’artista) supportata da un buon arrangiamento d’archi e da una base ritmica più elaborata (e anche qui: “If I regret us / I’m denying my soul to grow / don’t remove my pain it is my chance to heal”). Verso la fine, si avverte qualche momento di stanca (l’impasto un po’ teatrale di “Mouth Mantra”), un semplice arpeggio di viola come base per l’ormai classico duetto (decisamente ben riuscito) con Antony Hegarty (“Atom Hearts”) e l’altrettanto classica chiusura “col botto” (“Quicksand”, in collaborazione con il misconosciuto produttore irlandese Spaces).

 

Mancano – ad essere sinceri – i brani d’impatto, le linee vocali e le aperture “pop” che avevano dato gloria ai dischi degli anni ’90. Si ha la sensazione che a questo ritorno si potesse chiedere qualcosa in più. Ma Bjork ormai ha ben poco da dimostrare, e ha imparato da tempo che questo è il problema dei migliori. Un problema che noi, probabilmente, nemmeno comprendiamo.

V Voti

Voto degli utenti: 6,8/10 in media su 13 voti.
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maxcoro 8,5/10
max997 7,5/10
bbjmm 9/10
gramsci 3,5/10

C Commenti

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Totalblamblam alle 17:31 del 29 gennaio 2015 ha scritto:

non me ne volere mr codias ma la tipa non la reggo più . non che prima la reggessi tanto eh. la sua voce mi irrita come poche. la trovo come musicista molto sopravvalutata.

fabfabfab, autore, alle 9:20 del 30 gennaio 2015 ha scritto:

E cosa dovrei volerti? Anche io da Medulla in poi non la reggo più. Sopravvalutata non saprei, negli anni '90 secondo me era mezzo chilometro avanti (falsa partenza?)

bbjmm (ha votato 9 questo disco) alle 20:44 del 3 maggio 2015 ha scritto:

Dare 6,5 ad un album così vuol dire solo essere ciechi e rivivere solo nel passato. cresciamo.

fabfabfab, autore, alle 23:58 del 3 maggio 2015 ha scritto:

Eh?

bbjmm (ha votato 9 questo disco) alle 10:57 del 4 maggio 2015 ha scritto:

Gli utlimi album a me non piacevano..troppo pesanti pretenziosi...questo ultimo è di cuore. Semplice. Non si può dare un voto così basso sopra tutto quando si parla di armonia presenti in questo album non per niente semplici e banali anche come arrangiamento.

fabfabfab, autore, alle 16:48 del 4 maggio 2015 ha scritto:

Bah dovrei rileggermi (ma non ne ho voglia) però non ricordo di averlo stroncato. Anche io credo che sia migliore degli ultimi dischi, però mi sembra un disco un po' sfocato. Sono particolarmente sentiti i brani autobiografici, ma per il resto mi sembra monocorde. Lo trovo un disco riuscito a metà.

ThirdEye (ha votato 4 questo disco) alle 14:36 del 21 novembre 2016 ha scritto:

Ahimè, l'ultimo lavoro della nostra cara Islandese ad essermi veramente piaciuto (ed un botto) è stato il talvolta (criminalmente) sottovalutato "Medulla"...da "Volta" qualcosa si è rotto. Questo l'ho trovato di una noia mortale, ed è li che prende polvere assieme a "Biophilia".

Pudapuda alle 2:34 del 14 aprile 2017 ha scritto:

Come posso trovare l'opera di cui parli all'inizio della recensione?

fabfabfab, autore, alle 10:31 del 14 aprile 2017 ha scritto:

Al museo degli orrori, credo No in realtà non me lo ricordo, era un tedesco (o danese forse) che aveva fatto questa roba per una installazione d'arte moderna. Provo a scavare, se ce l'ho ancora te lo mando

baronedeki (ha votato 6,5 questo disco) alle 20:17 del 14 aprile 2017 ha scritto:

Ottima cantante e voce riconoscibile ma se parliamo di genialità ne vedo poca . I meriti degli ottimi album targati anni 90 sono da attribuire più ai suoi collaboratori che a Bjork stessa. Un po' sopravvalutata . Se penso ad un artista femminile geniale penso più a Solex che a lei.

fabfabfab, autore, alle 16:29 del 20 aprile 2017 ha scritto:

Praticamente pensi ad una che imitava Bjork con 12 anni di ritardo. Scaruffi never dies proprio.

baronedeki (ha votato 6,5 questo disco) alle 18:35 del 20 aprile 2017 ha scritto:

Finalmente c'è vita su marte. Era provocatoriio . Non parlavo di imitazione ma di genialità di scrittura sempre appena sufficiente. Puoi negare l'importanza che i vari collaboratori hanno avuto nei suoi dischi migliori . Magari non ti piace Solex perché la citata pure Scaruffi e poi che male c'è a pensarla come lui (di solito non è così) . Se penso ad un artista femminile geniale penso più a Lisa Germano che a lei . Sopravvalutata come tanti altri artisti dalla critica che gridano subito al capolavoro senza ancora aver ascoltato il disco .

fabfabfab, autore, alle 18:45 del 20 aprile 2017 ha scritto:

Parli di artisti che non sono nemmeno lontanamente paragonabili. Bjork è una figura primaria da quasi 25 anni, ha sperimentato, ha ottenuto successo commerciale, ha collaborato con mezzo mondo, ha scritto tutti i suoi album e ha influenzato praticamente tutte le cantanti femminili degli ultimi vent'anni. Lisa Germano, che pure adoro follemente, fa praticamente un mestiere diverso, sia vocalmente e musicalmente. Non solo, è un artista discograficamente ferma dal 2009. Certo, ha preso un 9 e due 8 da Scaruffi.

baronedeki (ha votato 6,5 questo disco) alle 18:55 del 20 aprile 2017 ha scritto:

Vero fanno due mestieri diversi una suona di tutto si arrangia i pezzi da sola e scrive meravigliosamente cosa che non si può dire di Bjork .