R Recensione

7/10

KK Null, Israel Martinez, Lumen Lab

Incognita

Una delle indubbie rivoluzioni portate dalla rete sta nell’azzeramento delle distanze geografiche: prova ne sia questo disco, nato contemporaneamente in due luoghi lontanissimi tra loro. Il giapponese KK Null e i fratelli messicani Israel e Diego Martínez (quest’ultimo si fa chiamare Lumen Lab) cominciarono nel 2012 a scambiarsi materiale sonoro (field recordings, FX, sessioni jam) fino a rendere questi isolati episodi di condivisione un progetto organico a se stante. Il terreno su cui i tre artisti si muovono è quello della soundscape composition, ovvero di quella tecnica compositiva sviluppata dal canadese Barry Truax che, partendo dagli studi sul paesaggio sonoro e dalla musica concreta, si pone come intento la ricostruzione di un paesaggio acustico in cui il compositore diventa parte attiva e ordinatrice. Il risultato di questo processo creativo è “Incognita”, un’opera costituita da quattro movimenti pienamente interconnessi.

Il dinamismo semiritmico di KK Null e Lumen Lab e la convulsione dronica di Israel Martínez creano un’alchimia sonora davvero sorprendente, tanto che “Incognita” intende porsi come anello di congiunzione tra le sconfinate anime culturali di questo mondo, lontane nella realtà eppur così vicine negli intenti. Il ponte culturale che questo disco intende costruire parte quindi dall’ignoto, dall’incognita, ovvero da quel senso di mancanza che ogni essere umano prova nello stato di solitudine, una solitudine oggi paradossalmente aumentata dalla globalizzazione. Ciò che ha permesso il libero scambio di idee e prodotti ha contemporanemante allontanato gli uomini nei rapporti interpersonali, spersonalizzandoli. L’incognita di KK Null e dei fratelli Martinez sta proprio qui: nella rappresentazione della parte sconosciuta dell’animo umano, quella parte che nessuna globalizzazione potrà mai estinguere veramente.

Musicalmente parlando, nel primo lunghissimo movimento di “Incognita” il suono è sabbioso ed ancora torna alla mente Barry Truax, specializzato nella sintesi granulare di suoni campionati. Il secondo brano è più ondoso, sembra un oceano prima della tempesta, con bordate di rock cosmico e un persistente tappeto di suoni ambientali. Il terzo pezzo torna ad alternare fastidiose interferenze con docili sonorità soundscape: il paesaggio potrebbe qui essere un prato bagnato o una casa disabitata, altre volte una catena di montaggio automatizzata o un cantiere della metropolitana. L’ultimo movimento di “Incognita” è quello più visionario, costituito quasi interamente da colpi di laser e ventate di FX, tra gorgoglii elettronici che ricordano la spirale di rumori futuristi di “Risveglio di una città” (1913).

Questo disco è un nuovo tassello nel sempre più blasonato catalogo della Aagoo Records, un lavoro importante, ma non definitivo, sull’essenza dell’uomo e su ciò che più lo contraddistingue dagli altri animali: la possibilità di razionalizzare le incognite.

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