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R Recensione

6/10

Bachi Da Pietra

Quarzo

Un’altra preziosa ora rubata dai Bachi da Pietra” si legge nel libretto interno del cd. Di certo non difettano di modestia (come tutti i grandi artisti, del resto) o di ironia, i due responsabili del progetto Bachi da Pietra (per chi non lo sapesse: Bruno Dorella ai “colpi” e Giovanni Succi alle “trame”). “Quarzo” è il quarto capitolo (quinto, se includiamo il recente “Insect tracks”, esperimento live pubblicato però solo in vinile) di questo riuscito sodalizio, nato quando Succi, rimasto orfano del progetto Madrigali Magri, trovò nell’attivissimo Dorella il suo naturale completamento, perfetto nel suo essere musicista onnivoro e versatile, capace di suonare praticamente qualsiasi cosa e di fornire una precisa cifra stilistica al progetto. Il binomio si è da subito rivelato vincente: da un lato la presenza piena e profonda delle sfuggenti liriche di Giovanni Succi, dall’altro il particolare lavoro alla batteria svolto, per sottrazione, da Dorella, che rende scarna e ruvida ogni singola traccia prodotta.

Questa volta, tuttavia, la magia si ripete a metà. La sensazione è che i due abbiano voluto sollevare il piede dal pedale della ricerca musicale, come per tirare un attimo il fiato, inibendosi così ulteriori spinte innovative e rimescolando elementi sonori già sviluppati nel loro recente passato. “Quarzo”, infatti, con il suo suono scarno e (s)battuto ripropone in una forma decisamente più chiara, lineare e quindi intelligibile, le solite oscure soluzioni, fatte di “colpi” lenti e precisi, e di trame chitarristiche di scarnificato blues post moderno.

Lavoro comunque di spessore, e ci mancherebbe altro, vista la caratura dei due, che sembra vivere tuttavia di episodi. Alcuni sono davvero molto buoni. Il trittico iniziale, per esempio: “Pietra della gogna”, ”Bignami” (“per cosa incide la pietra il verme perché la lima perché la sputa sopra il granito che cosa bruca dite stelle, anime belle noi vi amiamo vi adoriamo vi benediciamo noi cantiamo (zitti cantiamo) il vasto mondo aperto nel nostro trovar chiuso al vostro orecchio duro ottuso illuso.....”), e “Dragamine”, in cui le consuete capacità espressive e liriche di Succi catturano nel loro dileggio inusitato delle usuali metriche degli italici testi. Altri episodi, invece, sembrano un pizzico ripiegati nella reiterazione di uno schema che rischia di divenire alla lunga arido (l’ossessiva “Non è vero quel che dicono” - pur con un testo bellissimo; il lezioso ed innocuo strumentale “Muta”; la ruvida “La notte delle blatte”; la schizofrenica “Pietra per pane”, ma anche la conclusiva “Fine pena”, troppo stancamente fedele al suo titolo!) e paiono mostrare un po' la corda dell’ispirazione.

Pur non essendo disprezzabili, sembra proprio mancare il guizzo buono, la scintilla creativa davvero fondante. Rispetto al bellissimo predecessore, il suono e gli arrangiamenti un filino più monocorde (non che la varietà di stile sia una caratteristica fondante del duo, comunque) fanno poi il resto. Pur con queste piccole cadute, resta comunque complessivamente un lavoro apprezzabile. Anzi, per un neofita sarà probabilmente più facile partire da qui la sua conoscenza dei Bachi, piuttosto che con i ben meno digeribili dischi del passato. Qui, infatti, il suono è meno oscuro, più semplice e semplificato. Così come il cantato, decisamente più decifrabile.

Un’altra preziosa ora ci è stata rubata, quindi? No, non direi proprio. Non scriviamo eresie, che qui si vola comunque alti, decisamente. Diciamo piuttosto, un’ora impiegata bene in compagnia delle tessiture oscure (va bene, un po' meno del solito) di due grandi musicisti, di cui si ama troppo il passato per accontentarsi della media bontà odierna. Un 6,5, il mio voto, che dice che vale comunque la pena ascoltarlo e goderne, perché quando i due indovinano l’ispirazione fosca e drammatica (la bellissima “Orologeria” ne è l’esempio più lampante: oppiacea e delirante, è probabilmente una delle migliori cose prodotte dai due) è realmente un gran bel sentire, e le liriche di Succi sono davvero quanto di più memorabile è possibile trovare in giro.

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shadowplay72 alle 1:07 del 27 novembre 2017 ha scritto:

Band italiana di blues rock molto ma molto originale!