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6/10

Brother Sun, Sister Moon

Brother Sun, Sister Moon

Fratello Sole, Sorella Luna. Il nuovo progetto di Alicia Merz (aka Birds Of Passage), sempre più alla ricerca della sua identità “ambientale”, si schiude a nuove intime rivelazioni, con una modalità che potremmo definire spirituale, seppur più aperta ai rumori che ai silenzi. La sua dronica elettronica questa volta sembra esprimersi non solo attraverso mirate field recordings e tape-manipulations ma anche tramite interpretazioni di quei movimenti che hanno luogo negli anfratti dell'anima. Come al solito quelle di Alicia Merz – su questo album legatasi artisticamente a Gareth Munday, DJ, produttore e autore con il moniker di Roof Light di uno dubstep ombroso e crepuscolare –  sono trame tenui ancorché finemente elaborate, che as usual non percepiscono come necessari né elementi percussivi "classici", né sovrastrutture in grado di attribuire troppa solidità alla sua concezione di musica. Eppure qui, più che nei suoi album a nome Birds Of Passage, si rinviene la presenza di una volontà di ispessimento strumentale, nonostante la sua vocalità sia sempre propensa a farsi sfuggente, inconsistente, trasfigurata. Difficilmente sono rinvenibili nella sua discografia altri momenti così "concretamente" assimilabili a piccole ballad folk, come Cope , Storms Break The Day o A Year's Worth Of Leaves In Your Heart. Il sussultorio "cut & paste" della title-track/title-project, riporta invece la mente a quelle evoluzioni dub dei primi anni '90 che sconfinarono poi nel trip-hop. Interessante anche lo schiribizzo sonoro di One Throws And One Pulls, un illogico patchwork  fra orchestrazioni e suoni che sembrano provenire da una elettronica da videogame di qualche decennio fa: ecco, credo che sia la prima volta in cui la Signora dell’Inverno trovi casa in un contesto in cui viene voglia di ondeggiare la testa e muovere i fianchi. Anche nella splendida All You Need (che piacerebbe non poco a Thom Yorke) si prosegue questo gioco ritmico che rimanda un bel po’ indietro nel tempo.

Insomma anche attraverso questo viaggio a due, non si riesce ancora a mettere del tutto a fuoco la personalità della compositrice neozelandese: quello che è certo è che il suo suono non è mai stato accattivante come lo è oggi, anche attraverso le due anime del disco, quella folk e quella groovy.

Fra gli Slowdive  più innamorati delle rarefazioni, i Boards Of Canada maggiormente inclini a meditabonde riflessioni e i Flying Lotus di quella gemma di “Cosmogramma”: è questo il territorio d’elezione nel quale “Brother Sun, Sister Moon” inaugura, con piglio comunicativo, la sua intima dialettica e dispensa le sue molteplici direttrici, lasciando scorrere il suo flusso emozionale dalle radici della sua ispirazione fino alla rete neurale dei suoi ascoltatori.

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Voto degli utenti: 4,8/10 in media su 2 voti.
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C Commenti

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Filippo Maradei (ha votato 4,5 questo disco) alle 15:36 del 9 agosto 2012 ha scritto:

A me sembra il classico lavoretto scemo tutto field-recordings, ambient etereo e drone bidimensionali: un po' tanto soporifero. Perdonami Stefano, sei un recensore instancabile, e io apprezzo sempre i tuoi sforzi, ma dove starebbe Flying Lotus che citi nella recensione? E il dubstep?