V Video

R Recensione

7/10

CorLeone

Blaccahénze

Con il ghigno di chi sa condurre l'avanspettacolo, Roy Paci scende, ops, sale nuovamente in campo. Suo orizzonte è il circolo di un'arena, suo unico limite la resistenza avversaria. Inutile ravvedere, in questi solchi, il popolare trombettista suonoglobal o la stella d'eccezione dell'orchestra Mondo Cane (giacché anche Bologna Violenta, per dire, girava coi Baustelle e arrangiava per Ligabue sino all'altro ieri). E così, come già accaduto nella formazione allargata dei primordiali Zu di "Bromio" (anno di grazia 1998), come già sentito nella rivisitazione popolare di Banda Ionica, come il primo lampo di "Wei-Wu-Wei" datato 2004, il Rosario spinoso, scostante, affilato e veracemente attaccato alle proprie radici riesplode - con violenza ed intelligenza - nel secondo atto di una creatura che era stata data per sorpassata troppo facilmente, troppo in fretta. CorLeone perdona, ma non dimentica. E sfodera gli artigli in un disco, "Blaccahénze", il secondo per l'appunto, che è la perfetta summa dell'artista Paci e del siciliano Roy, azzardo jazzistico ed affondo pesante, calibrata tensione per accumulo e certosino lavoro d'impianto.

Dato che Paci urla in copertina, pitturato di nero, e blaccahénze è slang particolaristico abruzzese per indicare la "black hand" degli emigrati in direzione USA - metonimia per metonimia, il termine si è poi assimilato a sinonimo di "casino" - si dedurrà aritmeticamente una potente virata in direzione jazzcore. Sulla natura specifica dell'etichetta e sull'interpretazione personale fornita dalla capacissima orchestra a disposizione del capogruppo - sax alto e baritono, svariate chitarre, basso, synth, sampler e batteria - bisognerà però aprire una parentesi a parte. Se la "scuola" jazzcore ha codificato i propri simboli ed i propri linguaggi altrove, e la recente sbornia afrofila che sembra aver benevolmente infettato il percorso ritmico di molte band di punta, interne (Mombu) ed esterne (Niños Du Brasil) al contenitore, sta innescando una frenetica corsa all'oro verso territori prima colpevolmente trascurati (un "post-colonialismo" tutto culturale? Probabile), CorLeone dà vita ad una mistura che - volontariamente - non sta nè di qua, nè di là. Niente schizoidi incastri geometrici, niente asfissie siderurgiche, niente velocità a rotta di collo e nemmeno il gusto, tutto nuovo, dell'iterazione: pure in Italia, paese che più di tutti ha offerto potenzialmente infinite variazioni sul tema, il sestetto siculo riesce a codificare una miscela che sintetizza suoni, timbri e colori dai quattro angoli del mondo, coniugando sfrontatezza e quadratura con una distensione verso l'armonia verticalistica (alla maniera dei Nohaybandatrio) ma, a differenza di essi, concependo la melodia non in esclusivo, laterale senso jazzistico, bensì interpolando diverse geografie popolari e riuscendo, ancora una volta, a dipingere un quadro globale.

L'ascolto rivela continue meraviglie. "Cinematic Conventions Of Murder" si carica come una fanfara paesana, una struggente e catacombale parata funebre che si fa tuono deflagrante nel rincorrersi di un finale frenetico, memorabile, libero da vincoli: Albert Ayler che annaspa sotto la canicola di Acireale. Come in un ensemble classico, ogni strumento ha la propria posizione e, a partire dal personale raggio d'azione, si irradia a compenetrare lo spazio vitale dei vicini. Così è per la straordinaria "Moshpit Comedy", che arriva ad incalzare quasi doom, prima di straziarsi in una geremiade per tromba e sei corde solo ed abbassare il sipario su un tumultuoso, virtuosistico segmento acustico in flamenco. Un po' di quell'"africanità" di cui si diceva appena sopra penetra nel doo-wop speziato ed avvitato di "Umuntu Ngumuntu Ngabantu" - con assolo, quasi metal-oriented, in libera evoluzione -, laddove quella di "Double Threesome" è invece una campana da morto caricata da squisite molle sabbathiane e "Budstep Infected" il delirio conclusivo, con poderosi bassi clubby frastagliati da svisate free jazz ed improvvise sconnessioni ritmiche.

Baciamo le mani, Roy.

V Voti

Nessuno ha ancora votato questo disco. Fallo tu per primo!

C Commenti

Non c'è ancora nessun commento. Scrivi tu il primo!
Effettua l'accesso o registrati per commentare.