NoHayBanda!
NoHayBanda!
Dopo una serie di strepitosi dischi a tre (consigliamo di recuperare perlomeno lultimo della serie, a suo tempo ben recensito sulle nostre pagine), anche per lesperienza Nohaybandatrio lennesimo gruppo-cantiere guidato dalla vulcanica intelligenza del tuttofare Fabio Recchia arriva il momento di misurarsi con i limiti e le possibilità del minimalismo imposto. Luscita dalla formazione del sax di Marcello Allulli impone un ripensamento globale e radicale delle coordinate stilistiche di un gruppo che, diversamente dai cuginetti Germanotta Youth e Surgical Beat Bros, era abituato ad una scrittura ben più satura. Alquanto originale la soluzione trovata: il buon Recchia, già indaffaratissimo a suonare contemporaneamente in tapping chitarra e basso, pensa bene di assumersi la responsabilità del terzo incomodo, il sintetizzatore, lasciando poi al batterista Emanuele Tomasi lonere di rinforzare il proprio drum kit con trigger e software elettronici in grado di generare quantità industriali di samples. A vederli allopera sembra così di assistere, più che ad un concerto, allassemblaggio di un macchinario complesso, ad uno snervante lavorio su strutture non convenzionali. In un certo senso, è proprio così.
In una recente intervista a Stereonotte, Recchia e Tomasi hanno ammesso di preferire Aphex Twin al math rock comunemente inteso sebbene, nel lontano febbraio 2006, a vedere i Battles al Brancaleone ci fossero anche loro. Al crocevia di queste influenze si pongono le straordinarie rientranze electro-math di SS1, le cui spigolosissime geometrie vengono ammorbidite da una sezione centrale suonata in punta di piedi, come dei Tortoise jazzy ed inquieti. Limpatto sonoro, anche in assetto ridotto, è assolutamente devastante (i contorsionismi harsh noise di PPS, una galleria gotica degli orrori che mette assieme Psychic Paramount e Genghis Tron, parlano da soli) e spesso raggiunto attraverso literazione di pattern mai perfettamente combacianti con i precedenti, in un heavy-prog corrusco e scheletrico sempre sul punto di deragliare nel rumorismo più abrasivo (WCK è un autentico manifesto). Tra sberle funk stritolate da groove ossessionanti (lhard boiled di RKL sembra esplodere nel nulla), martelli elettronici da gabber (BNM) e una non indispensabile rilettura tutta glitch e cutnpaste della vecchia Ballad (BLD) svetta poi lentusiasmante paso doble matematico di APX, un complesso gioco di arpeggi e legati che quasi impercettibilmente tende verso splendide, eteree progressioni techno-ambient (Boards Of Canada meet For Carnation? Per quanto assurdo, è proprio così).
Dirò la verità: abituato alle derive jazzcore in tre, non sapevo cosa aspettarmi dalla nuova versione dei NoHayBanda!. Lattesa, fortunatamente, è stata ampiamente ripagata. Duri de core, fori de testa.
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