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R Recensione

7,5/10

Soccer96

As Above So Below

Soccer96 è un duo londinese composto da Betamax (Max Hallett) e Danalogue (Dan Leavers), i cui nomignoli esprimono sin da subito una concezione musicale fortemente ancorata al mondo analogico. I Soccer96 sono qui a dirci che un sintetizzatore e una batteria insieme possono fare grandi cose, e in effetti “As Above So Below” – secondo disco della formazione – è una strabiliante galoppata sui terreni incolti dell’elettronica d’antan. Sì, proprio di galoppata si tratta, in quanto la sezione ritmica è in continua progressione, incessante, incalzante, cavalcante, e su questa un fitto ma lucido impazzimento di modulazioni free jazz. Dunque, la forza del disco sta nella brillantezza dei synth e nella propulsione della batteria; in aggiunta a ciò, metteteci che i Soccer96 sanno passare da un’avantgarde oltranzista – cambi di tempo, improvvisazioni avant, infiltrazioni di musique concréte – a un godibilissimo space rock.

La tracklist risponde a questa dicotomia fra avanguardia e semplicità, fra apparente disordine e forma canzone convenzionale, attraverso due tipologie distinte di brani. Da un lato abbiamo il math rock di “The Swamp”, le bolle etniche di “Sirius (Twin Star)”, il percussivismo di “Let It Come”, l’ambient di “Between The Whole And The Void”; dall’altro l’ammiccamento 16-bit di “Megadrive Lamborghini”, il krautrock di “Feels Right” e “Spirit Wobble”, il giochino elettronico di “Brutal Deluxe”. Il collante del progetto sta quindi nell’utilizzo assolutamente artigianale del synth e, come già detto, nell’energia propositiva del basso e della batteria. A livello concettuale, però, i Soccer96 sembrano rifarsi tanto all’astrattismo di Flying Lotus quanto al modernismo di Brian Eno e Miles Davis, che voleva canzoni «in a state of becoming», tracce aperte di cui fosse possibile immaginare qualsiasi evoluzione. Capite bene che un’idea del genere porterebbe la discussione sul minimalismo, sull’ambient e sull’alea, e, a loro modo, sono tutte influenze che i Soccer96 hanno proattivamente recepito.

Difficile dire se questi due Londoners, nel panorama discografico odierno, abbiano possibilità di emergere. Di certo sanno il fatto loro e, soprattutto, sanno bene da dove vengono, sanno utilizzare al massimo uno studio di registrazione, sanno da quali sconfinati territori attingere idee, sanno infine quant’è autorevole ancor oggi la mistura di prog, jazz ed elettronica. Break a leg!

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