V Video

R Recensione

7/10

Lightning Bolt

Sonic Citadel

Nel recentemente tradotto Il vangelo dei bugiardi (Nottetempo, 2019), Naomi Alderman descrive l’assedio e la successiva presa di Gerusalemme da parte delle truppe romane guidate da Pompeo: un lavoro di fine strategia condotto con alacre perseveranza e forza bruta, grezzo e raffinato al contempo. Primo passo: riempire i fossati di detriti. Secondo passo: salire sulle colline di rifiuti per innestare le impalcature per gli arieti. Terzo passo: fare incocciare gli arieti sulle mura, aprirsi un varco e spargere morte e distruzione per la città. Efficace sì, ma quanta laboriosità. Elmo in testa, lancia in mano, rivestiti di un’armatura lucente, proprio non riesco a figurarmi la premiata ditta dei terroristi sonici Brian & Brian (Gibson e Chippendale) coltivare nell’ombra la virtù dei forti, aspettando di veder galleggiare sul fiume il cadavere del nemico. Un’esplosione, piuttosto: un attacco a testa bassa; un’offensiva brutale che si fa sberleffo, happening fra le macerie. C’è chi di sonico aveva l’intera gioventù, chi si accontenta di arroccarsi in una cittadella incorporea che levita nell’aria, sospinta da tsunami di distorsioni e demolita da gargantuesche onde d’urto. Benvenuti nella “Sonic Citadel” dei Lightning Bolt: e lasciate ogni coclea o voi ch’entrate.

Quattro anni di lavorazione, tanti quanti distano dal precedente e discontinuo “Fantasy Empire”, si consumano in un battito di ciglia, nel boato frastornante in cui da subito si frantuma l’urticante cantilena noise di “Blow To The Head”: il basso di Gibson fa la voce grossissima su di un’armonia orientaleggiante presa a ginocchiate da Chippendale. Chi si aspettasse solo colpi bassi, schianti fragorosi e manovre da commozione cerebrale è destinato tuttavia a rimanere deluso. “USA Is A Psycho” è una tumefazione dub che cresce a dismisura sotto la spinta di un groove che – manipolato da una strumentazione più tradizionale – si potrebbe addirittura definire hard rock: “Air Conditioning” è un singolo di potenza svellente, come degli Zeus! sotto efedrina che infilino la “Black To Comm” degli MC5 tra una scala neoclassica e l’altra; quanto a “Hüsker Dön’t”… beh, sembra incredibile, vero?, eppure il basso plettrato, ripulito dalla distorsione in eccesso e magnificato nel suo progressivo disvelarsi melodico, è indiscutibilmente quello. Inusitata trenodia funebre rock’n’roll per un genere che collassa su sé stesso: Lightning Bolt, joyful hearts (il carosello oneidiano di “Halloween 3” destrutturato in una free form assoluta) e un gusto sottile per il camp che produce pezzi indiscutibilmente brutti, ma genuinamente riconosciuti come tali (se metà di voi vorrebbe buttare fuori dalla finestra l’intontito cicalino finto-AOR di “Don Henley In The Park”, l’altra metà non può non mettersi a ridere irrefrenabilmente).

Tra lo sferragliare di massacranti giochi al rialzo noisecore con fraseggi suonati al fulmicotone (ma il “ritornello” fonosimbolico di “Big Banger”, chiamiamolo così, è sorretto da un riffone doom old style) e bordate punk dalle tipiche reiterazioni kraut (“Bouncy House”), i bastioni cadono infine preda di una devastante giga di puro rumore bianco dalle dimensioni incommensurabili (“Van Halen 2049”). Incredibile a dirsi, la breccia nella cinta è accolta da strepiti di giubilo: e il disco rock dei Lightning Bolt, senza possibilità di smentita, stravince il proprio round.

V Voti

Nessuno ha ancora votato questo disco. Fallo tu per primo!

C Commenti

Non c'è ancora nessun commento. Scrivi tu il primo!
Effettua l'accesso o registrati per commentare.